sabato 19 giugno 2010


Omelia del giorno 20 Giugno 2010

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Chi sono io secondo la gente?

Se c'è una ragione, anzi un dovere meraviglioso, nello scrivere ai miei carissimi lettori (e siete davvero tanti, suscitando in me stupore, gioia e ringraziamento) è quello di fare conoscere davvero in profondità il Figlio di Dio, ossia Gesù.

Il più delle volte noi ci conosciamo superficialmente, la nostra conoscenza viene dal nome, dal volto, ma raramente scende in profondità.

Conoscere in profondità una persona è davvero entrare nel santuario della vita, che tante volte sfugge a noi stessi, quando vogliamo sapere chi siamo.

E quante volte, di fronte a scelte o atteggiamenti incomprensibili anche a noi stessi diciamo: `Non mi capisco', che è quanto dire non mi conosco.

Ma una vera amicizia si fonda sulla conoscenza dell'altro: ed è il dono proprio dell'amicizia, che porta poi a confidarsi e così sciogliere reciprocamente i dubbi e, soprattutto, se abbiamo chiara la natura della nostra vita, condividere le scelte del bene e di ciò che è giusto.

Le persone che si amano davvero sanno cosa significa 'conoscersi'. Non hanno bisogno di tante parole... basta uno sguardo e l'occhio diventa specchio dell'anima.

Ma come è difficile 'conoscersi'.

E come è facile e dannoso dare giudizi su persone senza cogliere in profondità il loro vero `volto'. Da una cattiva conoscenza nascono solo giudizi e comportamenti che fanno male. Se succede così tra noi, cosa possiamo dire oggi della nostra conoscenza profonda di Chi davvero chiede di entrare nella nostra vita come amico, conoscendoLo?

E questo è ciò che chiede, oggi come ieri, Gesù.

Ci sono anime innamorate di Lui e dalle loro parole si coglie la profonda comunione e passione che li unisce: ci si vuole bene.

E vi può essere una conoscenza di Gesù che non sia guida alla santità e alla gioia? Così un giorno S. Ambrogio si esprimeva:

"Tutto abbiamo in Cristo. Tutto è Cristo per noi. Se tu vuoi curare le tue ferite, Egli è Medico. Se sei ardente di febbre, Egli è la Fontana. Se sei oppresso dall'iniquità, Egli è Giustizia. Se hai bisogno di aiuto, Egli è Vigore. Se temi la morte, Egli è la Vita. Se desideri il cielo, Egli è la Via. Se rifuggi dalle tenebre, Egli è la Luce. Se cerchi cibo, Egli è Alimento". (De verginitate)

Dovere di ogni credente, per essere tale, deve essere una continua ricerca della conoscenza di Gesù... diversamente come Lo si può amare e seguire?

È davvero urgente e necessario chiederci: 'Ma Chi è Gesù per me? Cosa conta nella mia vita? O meglio, è la guida e il senso della mia vita?

È il Vangelo di oggi che ci provoca ed a cui siamo chiamati a dare una risposta:

"Un giorno Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i suoi discepoli erano con lui e pose loro questa domanda: 'Chi sono io secondo la gente?",

Ed essi risposero: 'Per alcuni Giovanni Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto'.

Allora domandò: 'Ma voi chi dite che io sia?. Pietro, prendendo la parola rispose: Cristo di Dio. Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.

`Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno'.

Poi a tutti diceva: 'Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi perderà la propria vita per me, la salverà". (Lc. 9, 18-24)

Quella di Pietro è una vera professione di fede, di uno che, vivendo accanto al Maestro, ha imparato a conoscerLo e, ispirato dallo Spirito Santo, ne annuncia l'identità.

Una confessione che viene certo dalla esperienza di stare insieme a Gesù, dell'essere stato scelto da Lui e di averne gustato l'amicizia.

"Sì - afferma Paolo VI - tutto è Cristo per noi. Ed è dovere della nostra fede, bisogno della nostra umana coscienza ciò riconoscere, confessare e celebrare....A Lui è legato il nostro destino, a Lui la nostra salvezza".

Ma Gesù non si accontenta di essere riconosciuto per quello che è: se davvero è la via, la verità e la vita, non resta che seguirLo.

Non basta fermarci alla conoscenza. Questa è sempre legata, per sua natura, all'amore, se per conoscenza intendiamo 'entrare nel profondo' della vita di chi si ama o si vuole amare, Direi che conoscere e seguire sono due verbi inseparabili.

Certamente è per questa mancanza di conoscenza profonda di Gesù, che non si trova la gioia, il desiderio di stare con Lui, di interpretare la vita, qualunque sia, nel desiderio di seguire Cristo. Chi questo lo fa non può non conoscere speranza, verità e gioia.

Non a caso il Vangelo collega la 'confessione' dell'identità di Gesù con l'invito a seguirlo. Deve essere la scelta di chi davvero è cristiano.

"Quale scelta? - si chiede Paolo VI - Quella di Cristo. State a sentire. Voi avete già scelto. Voi siete cristiani. Ma quali cristiani siete voi? Essere cristiani non è cosa da poco: vuol dire essere già inseriti nel dramma della salvezza; vuol dire avere già una concezione del mondo e della propria esistenza, della storia passata; vuol dire avere un programma impegnativo di vita, cioè credere, operare, sperare, amare. Ebbene, quali cristiani siete voi? Non conta guardare a come si comportano tanti cristiani. Bisogna che ciascuno badi al proprio comportamento.

Vi è una categoria di cristiani che spesso senza nemmeno pensarci sceglie un comportamento `zero'. Chiamiamo 'zero' quel comportamento che non dà alcun peso, alcuna importanza al fatto di essere cristiani. Cioè: è un comportamento nel quale il carattere cristiano non significa nulla. Nei Paesi di missione questo non avviene: un cristiano è cristiano e sa di dover vivere in una certa maniera, con un certo stile che lo distingue, che lo qualifica.

Da noi avviene e spesso che l'essere cristiano non significa nulla, zero. Anzi spesso un cristiano è una contraddizione vivente, perché egli contraddice con la propria maniera di pensare e di vivere come figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, essere come lampada accesa in cui arde lo Spirito Santo, ossia un uomo che sa come vivere e dove va....

Ci sono poi anche uomini disponibili alle idee altrui, pronti a chinarsi al dominio dell'opinione pubblica, uomini dal rispetto umano, uomini, direi, 'pecora'. Purtroppo è un fenomeno diffuso nella gioventù e si spiega: vuole mostrarsi forte e indipendente, vera, all'ambiente che conosce, la famiglia, la società. ne vede i difetti e cerca di affrancarsi. Si intruppa con chi conduce il gioco e fa la moda, e diventa un 'numero mediocre' senza un proprio valore.

Ma viene il momento in cui bisogna essere 'persone', cioè uomini, donne, che vivono secondo dati principi. Secondo idee-luce.

Uomini, donne che hanno fatto la loro scelta e secondo questa scelta camminano. E questa è la categoria degna delle persone intelligenti e cristiane". (aprile 1971)

Parole dure, ma molto chiare per chi vuole essere coerente con la fede che professa.

E tutti sappiamo, o dovremmo sapere, che vivere una vita cristiana, che è un meraviglioso e necessario 'seguire Cristo', è fare oggi una scelta controcorrente.

Era la scelta che chiedeva con forza il Santo Padre ai giovani, nella Giornata Mondiale della Gioventù a Loreto. Essere gente che non ha paura di apparire 'diversa', ben lontana dal conformismo che toglie ogni bellezza alla persona; capaci di distinguersi per la coerenza e il comportamento da cristiani che viene sì, a volte, deriso, ma in fondo si stima e si finisce per desiderare di imitarli.

Ci sono in ogni città o paese luoghi dove i giovani si radunano in tantissimi.

Spesso regna sovrana la stessa mentalità... di non avere mentalità propria! Si ritrovano per non sentirsi soli, come quei ragazzi che mi dissero: 'Noi ci incontriamo senza conoscerci. Stiamo insieme senza amarci. Ci lasciamo senza rimpiangerci'.

la descrizione di che cosa significhi, spesso, essere nella società di oggi, senza una fede che ci renda persone vive e riconoscibili.

bella questa preghiera di Newmann, adatta oggi:

"Mio Signore e mio Salvatore, mi sento sicuro tra le tue braccia. Se tu mi custodisci non ho nulla da temere,

ma se mi abbandoni non ho più nulla da sperare.

Non so cosa mi capiterà fino a quando morirò, ma mi affido a Te. Ti prego di darmi ciò che è bene per me

e ti prego di togliermi quanto può porre in pericolo la mía salvezza. Non ti prego di farmi ricco, non ti prego di farmi molto povero, ma mi rimetto a Te interamente

perché Tu sai ciò di cui ho bisogno e che io stesso ignoro. Concedimi di conoscerTi, di credere in Te,

di amarTi, di semini e di vivere per Te e con Te

e di dare buon esempio a quelli che mi stanno intorno".


Mons. Antonio Riboldi

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