giovedì 24 settembre 2015

Nutriamoci della Parola di Dio di venerdì 25 settembre 2015

Vangelo (Lc 9,18-22) di venerdì 25 settembre 2015


Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?”.
Essi risposero: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”.
Allora domandò: “Ma voi chi dite che io sia?”.
Pietro, prendendo la parola, rispose: “Il Cristo di Dio”.
Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. “Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.


COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON
Fino a questo punto del vangelo erano gli uomini che si interrogavano su Gesù e lo interrogavano. Ora è Gesù che interroga. Egli esige la nostra risposta.
Il nodo centrale di questo brano è il passaggio dalla risposta di Pietro a quella di Cristo: si passa da un messianismo glorioso a quello del Servo sofferente di Dio che si consegna al Padre. E' il mistero della croce che fa da discriminante nella fede in Gesù. E' lo scandalo che esige conversione profonda e continua. La fede e la sequela di Cristo si decidono sulla strettoia della croce.
Il discepolo non è colui che mette in questione Gesù, ma colui che si lascia mettere in questione da lui.
La domanda è rivolta ai "voi", ai discepoli nettamente distinti dalla folla. Di conseguenza, la risposta di Pietro è a nome di tutti: egli esprime la fede della Chiesa. Nel vangelo di Luca la funzione di Pietro è assai evidenziata. La sua risposta riconosce in Gesù il Cristo, il Messia atteso, colui che deve venire secondo la promessa di Dio (Lc 23, 35).
Ma Dio esaudisce la sua promessa, non i nostri desideri. Per questo Gesù, come Cristo di Dio, deluderà le attese messianiche dell'uomo (Lc 23,35-39; 24,21). E' il Cristo che viene da Dio e torna a Dio portando con sé anche noi. Questa opera di Cristo, che è la salvezza, compie ciò che noi non osavamo sperare in un modo che non sapevamo pensare.
Sinceramente ognuno di noi avrebbe fatto un progetto diverso da quello di Dio per salvare il mondo e, in buona fede, lo avrebbe ritenuto più intelligente, migliore e più spiccio di quello escogitato dalla sapienza del Padre (cfr 1Cor 1,18-25).
Il problema non è tanto il riconoscere che Gesù è il Cristo di Dio, ma "come" è il Cristo di Dio. Gesù non è il Cristo dell'attesa umana, ma il Figlio dell'uomo che affronta il cammino del Servo sofferente di Dio: è la prima autorivelazione piena di Gesù, il nocciolo della fede cristiana, il suo mistero di morte e di risurrezione redentrice.
Il "bisogna" indica il compimento della volontà di Dio rivelata nella Scrittura. Tale volontà nasce dalla sua essenza, che è il suo amore riversato su di noi peccatori. Dio "deve" morire in croce per noi peccatori, perché ci ama e noi siamo sulla croce.
Il mistero di Gesù è la sofferenza del Servo di Dio che ama il Padre e i fratelli. La croce è il nostro male che lui si addossa perché ci ama: è il suo perdersi per salvarci. La sua sofferenza è prodotta da tutte le forme del male che abbiamo escogitato per salvarci: l'avere, il potere e il sapere o, in altri termini, la ricchezza, la vanagloria e la superbia (cfr 1Gv 2,16). Per questo il potere rifiuta Gesù e poi lo uccide. Ma l'ultima parola non è "morte", ma "risurrezione".
Questo volto di Gesù, il Figlio obbediente di cui qui sono tracciati i lineamenti netti e duri, sarà presentato sempre più chiaramente in tutta la seconda parte del vangelo di Luca.

domenica 20 settembre 2015



 2 Cor 1, 3-4
    Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio.

mercoledì 1 aprile 2015

Triduo Pasquale

Buona pasqua di Risurrezione


2-3-4 Aprile 2015


GIOVEDI’ SANTO
Gesù Pane degli angeli
(Maria Maistrini, Preghiera a Gesù)
E' la celebrazione della Pasqua: Gesù ha detto:
"Ecco, io sono con voi tutti i giorni
fine alla fine del mondo".

Non posso più vivere senza Gesù Eucaristia:
mi devo nutrire tutti i giorni
di questo bianco pane del Cielo;
Tu ti immoli.
Ti sento vivo dentro di me.
Il mio cuore esulta di gioia.

Ascolto la Tua voce che mi dice:
prendi e mangia;
chi mangia di me vivrà per me.

O amato Gesù, rimani nel mio amore!

Tu mi sussurri:
sarò tutto tuo, tu sarai mia per sempre.

Pane degli Angeli ti adoro;
adoro la grandezza del tuo mistero.
Pane degli Angeli, mi attiri a Te,
innestandomi nel tuo mistero.
Pane degli Angeli,
hai trasformato la mia anima, riempendola del tuo amore.
Pane degli Angeli,
fatto da molti chicchi di grano, sei diventato "uno solo" .
O Gesù, come è bello
incontrarti in quel pezzo di pane!

O amatissimo Gesù
voglio essere sempre una sola cosa
con Te, mio solo ed unico Re.

VENERDI SANTO
Preghiera al Crocifisso
(Don Angelo Saporiti, Commento sulla Croce)
Signore Gesù,
tante volte ho guardato il crocifisso
e ho immaginato di essere lì, con te, sul Calvario.
Ho guardato quel crocifisso, spogliato di tutto,
privato della dignità, nudo davanti ad amici e nemici,
privato della reputazione,
spogliato dal successo, della credibilità,
senza vita.
Ti ho guardato,
crocifisso,
e mi è sembrato che la tua mano
si sia allungata verso la mia,
come per tirarmi su sulla croce,
con te.
E ho avvertito una dolcezza e un calore infiniti.
Tirandomi verso te, sulla croce,
tu o Gesù non mi vuoi inchiodare o far morire,
ma mi vuoi donare la vita e la libertà.
Tu, o crocifisso, sei per me simbolo di una liberazione totale e suprema.
La tua croce, Gesù, è per una parabola di conquista, non di sconfitta.
Suscita ammirazione, non commiserazione.
Grazie, Signore,
perché dandomi la tua mano e tirandomi su con te sulla croce
tu mi doni la possibilità di liberarmi da tutto ciò che mi rende schiavo
e che distrugge la mia felicità.
Fisso il Crocifisso.
E più lo guardo,
e più mi sento orgoglioso di essere amato da un Dio così speciale.
Grazie, Signore!
Tu sulla croce mi hai conquistato
dandomi la prova più grande del tuo amore.
Amen.


SABATO SANTO
Irrompe la Pasqua!


Coraggio! Irrompe la Pasqua!

E' il giorno dei macigni
che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri.

E' il tripudio di una notizia
che si temeva non potesse giungere più
e che corre di bocca in bocca
ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici.

E' la gioia delle apparizioni del Risorto
che scatena abbracci nel cenacolo.

E' la festa degli ex-delusi della vita,
nel cui cuore all'improvviso dilaga la speranza.

Che sia anche la festa in cui
il traboccamento della comunione
venga a lambire le sponde
della nostra isola solitaria

domenica 11 gennaio 2015

LA SIMBOLOGIA DEI NUMERI NELLA BIBBIA

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Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:38
Molti brani biblici risultano costruiti in maniera che taluni numeri ricorrano in maniera insistente e significativa.
Il valore e il senso di tali numeri è stato da sempre oggetto di ricerca e di approfondimento da parte della Chiesa, che attraverso l'ispirazione donata dall'Autore dei sacri Libri, ha saputo trovare illuminanti spiegazioni dei brani più difficili.
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:47
Tratto dal libro LA DOTTRINA CRISTIANA di s.Agostino

La penetrazione dei numeri utile per l'approfondimento della Scrittura.

16. 25. L'ignoranza dei numeri impedisce di comprendere molte cose poste nella Scrittura in forma traslata o figurativa. Ad esempio, una mente che io chiamerei nobile non può non rimanere sorpresa dal perché mai Mosè, Elia e lo stesso nostro Signore abbiano digiunato quaranta giorni 35. Questo fatto comporta un groviglio di simbologie che non si scioglie se non mediante la conoscenza e la meditazione del numero in parola, il quale contiene il dieci preso quattro volte, quasi che si sia voluta inserire nel tempo la conoscenza di tutte le cose. Difatti il corso del giorno e dell'anno si svolgono sulla base del numero quattro: il giorno secondo frazioni orarie costituenti il mattino, il mezzogiorno, la sera e la notte; l'anno, secondo i mesi, della primavera, dell'estate, dell'autunno e dell'inverno. Orbene, noi, che pur viviamo nel tempo, ci dobbiamo astenere, o con altro termine " digiunare ", dai piaceri temporali in vista dell'eternità nella quale vogliamo avere la vita. Anzi, dallo stesso fluire del tempo ci si offre l'ammaestramento del disprezzo delle cose temporali e della brama delle cose eterne. Quanto poi al numero dieci, esso a sua volta ci inculca simbolicamente la conoscenza del Creatore e della creatura; l'essere trino infatti è proprio del Creatore, mentre il sette indica la creatura, a motivo della vita e del suo corpo. Nella vita infatti ci sono tre elementi, per i quali ci si dice anche di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente 36. Quanto poi al corpo, vi appaiono manifestissimi i quattro elementi da cui risulta. In questo numero dieci presentato a noi nella prospettiva temporale, mentre lo si moltiplica per quattro, ci si dà l'ordine di vivere con castità e continenza, segregati dai piaceri temporali, che sarebbe poi il digiunare per quaranta giorni. A questo ci richiama la legge, rappresentata dalla persona di Mosè, a questo i Profeti rappresentati da Elia; a questo lo stesso nostro Signore, che, quasi ricevesse la testimonianza dalla Legge e dai Profeti, là sul monte risplendette in mezzo a loro di fronte ai tre discepoli che lo guardavano stupiti 37. Successivamente si ricerca come dal numero quaranta si formi il cinquanta, numero altamente sacro nella nostra religione a motivo della Pentecoste 38. Questo numero moltiplicato per tre - a motivo dei tre periodi: prima della legge, sotto la legge e sotto la grazia, o a motivo del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo - con l'aggiunta eminentissima, cioè, della stessa Trinità si riferisce al mistero della Chiesa quando sarà perfettamente purificata. Si arriverà cioè a quei centocinquantatré pesci, presi dalle reti gettate a destra nella pesca dopo la risurrezione del Signore 39. Così in moltissime altre forme numeriche certe misteriose rappresentazioni sono poste nelle sacre Scritture, forme che rimangono inesplorate ai lettori a causa dell'ignoranza dei numeri.
Nozioni di musica e comprensione della Scrittura.

16. 26. Non pochi contenuti impedisce e nasconde l'ignoranza di certe realtà in campo musicale. Un tale, ad esempio, partendo dalla differenza fra salterio e cetra, scoprì in maniera non bizzarra alcuni simbolismi annessi alle cose. Così è del salterio a dieci corde 40. Non scriteriatamente si cerca tra gli esperti se abbia una qualche esigenza musicale che richieda un così elevato numero di corde, o, se non ce l'ha, il numero di per se stesso debba essere preso piuttosto con valore mistico. Il quale valore potrebbe derivare dal rapporto col decalogo della legge - il cui numero, se si vogliono fare ricerche, non si deve riferire ad altri all'infuori del Creatore e della creatura - o dal numero dieci di per se stesso, come sopra è stato esposto. E poi c'è il numero della durata della costruzione del tempio, riferito dal Vangelo 41, cioè il numero di quarantasei anni. Mi pare che abbia un non so che di musicale, e, riferito all'edificio del corpo del Signore, in vista del quale si fa menzione del tempio, esso costringe certi eretici a confessare che il Figlio di Dio non si rivestì di un corpo fittizio ma veramente umano. Effettivamente troviamo in parecchi passi delle sante Scritture che il numero e la musica sono collocati in posizioni di privilegio.
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:53
Leggendo il Salmo 143 s.Agostino  interpreta anche la parola:
«Suonerò per te sull'arpa a dieci corde».

L'arpa a dieci corde è per lui la legge compendiata nei dieci comandamenti. Ma di queste dieci corde, di questi dieci comandamenti, dobbiamo trovare la giusta chiave. E solo se queste dieci corde dei dieci comandamenti - così dice Sant’Agostino - sono fatte vibrare dalla carità del cuore, risuonano bene. La carità è la pienezza della legge. Chi vive i comandamenti come dimensioni dell’unica carità, canta realmente il «canto nuovo». La carità che ci unisce ai sentimenti di Cristo è il vero «canto nuovo» dell’«uomo nuovo», capace di creare anche un «mondo nuovo». Questo Salmo ci invita a cantare «sull’arpa a dieci corde» con un nuovo cuore, a cantare con i sentimenti di Cristo, a vivere i dieci comandamenti nella dimensione dell’amore, a contribuire così alla pace e all’armonia del mondo (cfr Esposizioni sui Salmi, 143,16
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:58

Ap 12, 1 : Una corona di dodici stelle

« ... E sulla sua testa una corona di dodici stelle »
(Ap 12, 1)
 
La corona è simbolo di trionfo, di vittoria, come si può vedere nel NT in genere[1] e nell'Apocalisse in specie[2]. Ė coerente con le altre allusioni alla vittoria del Risorto nel libro dell'Apocalisse e in questo capitolo.
 
La cifra "dodici" rievoca i dodici apostoli dell'agnello (Ap 21,11)
Il simbolismo delle dodici stelle si trova solo una volta nella Bibbia : nel passo di Gen 37,9, ove Giuseppe narra al padre e ai fratelli di aver visto in sogno il sole, la luna e undici stelle che si prostravano davanti a lui ; il sole e la luna (come ben intende Giacobbe) rappresentavano il padre e la madre di Giuseppe, mentre le stelle erano figura dei suoi fratelli.
Quale potrebbe essere il senso di tale richiamo, qui, delle dodici tribù d'Israele?
 
La corona di dodici stelle designerebbe nella donna l'antico Israele ?
"La donna può designare l'Israele dei profeti che partorisce il Messia."[3] Ma la donna designa pure "Maria e la Chiesa" [4]. Difatti, è rivestita di sole (Ap 12, 1) un sole che nel contesto dell'Apocalisse, si riferisce al Cristo Risorto (Ap 1, 16).
 
Occorre dunque considerare nella Donna l'antico Israele chi ha creduto nel Cristo, la Chiesa giudeo cristiana, uscita dalle dodici tribù ?
Tale interpretazione è ancora troppo limitata : la donna è rivestita di sole, il sole del Risorto che è nel mezzo delle sette Chiese, le quali non sono unicamente giudeo cristiane (Ap 1-2). I figli della donna sono quelli che custodiscono i comandi [greco: entolè"] (Ap 12, 17), un'espressione che si ritrova esattamente in Ap 14, 12 dove designa credenti di tutte le nazioni (Ap 14, 6), e non unicamente i 144.000 venuti dal popolo ebreo (Ap 14, 1).
 
Occorre intendere che la Chiesa e Maria saranno incoronate dalle dodici tribù, cioè amate da tutto Israele?
Questa visione non può corrispondere al tempo presente dell'autore. Ma la luna è sotto i piedi della donna: la visione trascende i secoli. Perciò, come san Paolo desidera che tutto Israele sia salvato e non dubita che tale processo sia in corso (Rm 11, 26) parimenti l'autore dell'Apocalisse può intravedere il giorno dove tutto Israele "incoronerà" la Chiesa o Maria.
 
La corona di dodici stelle designerebbe la Chiesa e Maria compiendo le profezie del radunamento delle dodici tribù, (profezie riprese dal Cristo con un senso universale, per riunire tutti gli uomini)?
Questa interpretazione inquadra bene con l'insieme del libro dell'Apocalisse che non si interessa unicamente al destino di Gerusalemme, ma al destino del mondo intero. Nel corpus di Giovanni, questa interpretazione inquadra bene anche con Maria che, al calvario, accoglie i figli di Dio che Gesù raduna tramite la sua morte in croce (Gv 11,51-52) - i figli di Dio che non sono più soltanto gli esiliati d'Israele ma tutti gli uomini, come abbiamo detto già.
 
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:38
La Bibbia usa moltissimo i numeri, oltre che per la quantità che indicano, anche in un senso simbolico. Questo uso simbolico dei numeri ci descrive delle qualità importanti di Dio oppure della realtà umana. In particolare i libri della Bibbia di tipo apocalittico usano molto il simbolismo numerico.
Ecco un elenco dei principali numeri usati in senso simbolico:
  • 1: sta sovente ad indicare l'unicità di Dio. In mezzo a tanti popoli politeisti, il popolo ebraico afferma con forza l'unicità di Dio: cfr. Deuteronomio 6, 4.
  • 3: enfasi.
  • 4: è un simbolo cosmico. Ad esempio nell'Apocalisse sono presentati quattro personaggi che governano il mondo simili, rispettivamente, ad un leone, ad un vitello, ad un uomo e ad un'aquila: cfr. Ap 4, 6-8.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce La sostanza primordiale nell'ebraismo.
Nella tradizione ebraica è ampia la sapienza sui quattro elementi di cui se ne riportano tanto la simbologia tanto le corrispondenze nella Creazione. Oltre allo Zohar, il testo più importante che ne tratta l'argomentazione secondo l'interpretazione mistica ebraica è il Sefer Yetzirah, la cui sapienza risale ad Avraham; se ne discute anche in altri testi di Qabbalah ed è oggetto di studio tra i principali del percorso esoterico ebraico definito Ma'asse Bereshit, lo Studio dell'Opera della Creazione.
Si ritiene che il mondo sia stato creato con la Torah le cui parole sono formate da Lettere che, permutate, sono il riferimento della Sapienza divina da cui sorse la parola di Dio al fine di creare ogni cosa esistente. Derivando dal significato delle lettere la loro corrispondenza con le creature e le create è così possibile avvicinarsi alla sapienza della Qabbalah che permette di cogliere il significato segreto ad esse proprio.
Lo Zoahr afferma che i quattro elementi fuoco, acqua, aria e terra corrispondono ai quattro metalli: oro, rame, argento e ferro; un'ulteriore corrispondenza è quella del Nord, del Sud, dell'Est e dell'Ovest. Dopo averne descritto i rapporti, lo Zohar continua l'esposizione ammettendo che, come si contano così 12 elementi, si possono contare 12 pietre preziose corrispondenti alle dodici tribù d'Israele, cosa confermata poi dagli Urim e Tummim.

Il profeta Elia, di José de Ribera.

Elia e l'Oreb [modifica]

Secondo il primo libro dei Re, Elia sul monte Oreb
« [...] entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». [...] Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. »   (1Re 19, 9.11-12)

Cristianesimo [modifica]

Per l'esegesi biblica di Carlo Maria Martini,
« Al versetto [11 e] 12 abbiamo i quattro segni: vento, terremoto, fuoco, mormorio di un vento leggero. Non si dice che il Signore fosse in quest'ultimo ma si nega che fosse nei primi tre. È un passo ricchissimo di simboli che rimandano a tante altre pagine bibliche, un passo oscuro perché non riusciamo bene a capirlo: Jahvé era o non era nel mormorio di un vento leggero? E perché altrove, nella Scrittura, Dio è nel fuoco mentre qui non lo è?[6] »
Sempre per Martini,
« Anche nel Nuovo Testamento troviamo i primi tre segni del racconto di Elia: "rombo, come di vento che si abbatte gagliardo", "lingue come di fuoco",[7] "quando ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò, e tutti furono pieni di Spirito santo".[8] Il vento, il fuoco, il terremoto sono simboli ben noti in tutta la Scrittura; hanno significato la presenza del Signore sul Sinai, nel cammino del deserto, e sono stati ripresi dai Salmi. Non troviamo però il vento leggero.[9] »
Ciò significa che, tanto per l'ebraismo quanto per il cristianesimo, è dubbio che le manifestazioni relative almeno ai primi tre dei quarto elementi costituiscano una teofania, sia per l'Elia sull'Oreb che per la Pentecoste.

Apocalisse di Giovanni [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce letteratura apocalittica: uso del termine.
I 4 cavalieri dell'Apocalisse si riferirebbero ai 4 elementi naturali.
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:45
Che significato ha il 40 nella Bibbia?
40 sono i giorni che Noè passò nell'arca.
40 sono gli anni a cui si sposò Isacco.
40 sono li anni che ebbe Mosè quando fuggì nel deserto per aver ucciso un egiziano.
40 sono gli anni passati da Mosè in questo deserto.
40 sono gli anni che Mosè con tutti gli Israeliti passarono nel deserto una volta usciti dall'Egitto.
40 sono gli anni del regno di Saul.
40 sono gli anni del regno di Davide
40 sono gli anni del regno di Salomone
40 sono giorni che Elia passò nel deserto durante la carestia
40 sono i giorni che passò Gesù nel deserto.

Spesso è associato al deserto.

Il Numero “QUARANTA” nella Bibbia
 
L’inizio della Quaresima mi fa riflettere sul numero 40, un numero che ovviamente rappresenta la purificazione così come ricorda il libro della Genesi quando racconta che il diluvio è durato quaranta giorni e quaranta notti. (7,12), oppure, come dice Matteo al capitolo 4,2, quando racconta del digiuno di Gesù nel deserto per altrettanti giorni ed altrettante notti.
Che dire poi dei ricordi di san Paolo, quando, scrivendo ai cristiani di Corinto, racconta loro di avere ricevuto 40 frustate dai giudei. (2Cor. 11,26)
Nella Bibbia il numero 40, ovviamente col suo preciso significato religioso, ricorre molte volte: Abramo implora Dio di salvare Sodoma se vi avesse trovato almeno 40 giusti (ma dovette scendere a meno di dieci che non furono trovati); e per salvarsi da Esaù dovette offrirgli 40 vacche. In Egitto, Giuseppe impiegò 40 giorni per imbalsamare il corpo del padre; e usciti dall’Egitto, Mosè rimase sul Sinai per 40 giorni e 40 notti; e quando fu costruito il tabernacolo occorsero 40 basi d’argento. Peggio se la videro gli esploratori della terra di Canaan all’arrivo verso la terra promessa: impiegarono 40 giorni, durante i quali se la spassarono, ma ebbero in cambio 40 anni di punizioni. Il giudice Abdon ebbe 40 figli, e il filisteo perseverò nell’insistenza per 40 giorni, come ricorda Samuele (1 Sam. 17,14).
Anche il grande profeta Elia rimase sul monte Oreb per 40 giorni e 40 notti e Giona predicò la penitenza agli abitanti di Ninive per 40 giorni e fu ascoltato.
Quaresima dunque davvero 40 giorni (e 40 notti) di vera interiore penitenza, un digiuno non semplicemente corporale ma soprattutto spirituale.

Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:50
Simbolismo
IL NUMERO 72 NELLA BIBBIA: Rappresenta il numero della terra.

· Secondo R. Allendy è “la differenziazione, 2, nelle serie cosmiche, 70, producente l’estrema molteplicità degli aspetti, peraltro solidali tra loro 7 + 2 = 9”. Esprimerebbe anche la solidarietà nella molteplicità – 8x9 – indicante l’armonia e la reciprocità nelle relazioni universali delle cose.

· Settantadue è considerato come nefasto negli apocrifi dell’A.T. che parlano delle 72 morti – Testamento di Abramo – e delle 72 malattie – Vita di Adamo ed Eva.

Bibbia

· I 72 discepoli inviati da Gesù (Lc 10,1)

· I 70 anziani al seguito di Mosè che ricevettero l’effusione dello spirito, più i 2 assenti che erano rimasti al campo, Eldad e Medad (Nb 11,25-26)

· Le 72 razze nate da Noè. Sono enumerate al capitolo 10 della Genesi. Ci sono quindici discendenti da Japhet, trenta da Cam, ventisette da Sem. La lista è arbitraria poiché i discendenti da Peleg non sono contemplati e che i padri sono contabilizzati contemporaneamente ai loro figli.

· Le 72 lingue confuse alla Torre di Babele.

Generale

· Secondo la Regola dell’Ordine del Santo Salvatore, data dal Cristo a Santa Brigida di Svezia che visse dal 1303 al 1373, il numero dei membri del convento non doveva superare 72; dovevano esserci al massimo sessanta sorelle e non di più, accompagnate da quattro diaconi ed otto laici.

· In numerose rivelazioni mistiche si tratta spesso dei dodici Apostoli e dei 72 Discepoli degli ultimi tempi, che insegneranno, predicheranno e guariranno e questo, in tutte le parti del mondo su tutti i continenti.

· L’attuale ripartizione dell’Apocalisse è di 22 capitoli, adottati dal XIII° secolo. Ma non sempre fu così. La più antica divisione conosciuta del testo è quella del commentatore greco Andrea di Cesarea – VI° secolo – in 72 capitoli. Per quanto fatta con sufficiente esattezza questa strutturazione potrebbe facilmente essere ridotta a 70, mettendo nello stesso capitolo i numeri 60, 61 e 62 che costituiscono un tutto, il Regno millenario. Andrea aveva voluto inoltre raggruppare questi 72 capitoli tre a tre, in modo da ottenere 24 sezioni, corrispondenti ai 24 Anziani. Queste 24 sezioni erano del tutto arbitrarie e dividevano i testi a sproposito. Menzioniamo per inciso che il Codex Amiantinus ed il Codex Fuldensis dividono il libro dell’Apocalisse in 25 capitoli e che alcuni manoscritti latini ne trovano da 22 a 48.

· I 72 Anziani della sinagoga, secondo lo Zohar.

· Secondo le visioni di Anna Caterina Emmerich, dopo la sua tentazione nel deserto, Gesù è servito da 12 angeli superiori e 72 angeli di rango minore.

·
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:51
Il numero 1000 nella Bibbia
[FILIPPA CASTRONOVO]
Che importanza hanno nella Bibbia le abbondanti valenze numeriche? Quale significato? Quali interpretazioni?
Nella Bibbia troviamo un uso abbondante dei numeri con significato aritmetico o simbolico. Importanti sono ad esempio il numero 1, 3, 4, 7,12, 40, 1000 che hanno valore simbolico. Il numero mille ricorre un centinaio di volte e ha dato adito alle più diverse interpretazioni. Interroghiamo la Bibbia.

Il salmista considerando l'eternità di Dio così si esprime: "Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come una veglia nella notte". Il numero mille esprime il tempo di Dio, la sua eternità.

Il re Davide ricorda che l'Alleanza conclusa con Dio è una "parola data per mille generazioni" (1Cr 16,25). Il numero 1000 indica il popolo nella sua completezza e la sua durata illimitata, per la fedeltà di Dio, all'Alleanza. "Sansone uccise mille filistei con la mascella dell'asino" (Gdc 15,16): il numero mille esprime forza e capacità eccezionali.

"Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni sono come un giorno solo" (2Pt 3,8): il tempo di Dio non corrisponde al nostro tempo; ha una sua propria pienezza e qualità che trascende la nostra umana comprensione.

La citazione più difficile da interpretare è Ap 20,2-6. In questo testo la duplice ricorrenza di mille "regnarono con Cristo per mille anni" e "regneranno con lui per mille anni" è stata compresa in senso reale cronologico - storico ed in senso simbolico. Nel primo caso - interpretazione letterale - si tratta del movimento millenarista secondo cui l'Angelo incatena Satana per mille anni. Cristo e i suoi santi avrebbero un regno terreno per tutto questo tempo. Dopo questo periodo verrà inaugurato il regno di Dio definitivamente, con la risurrezione, il giudizio universale e la fine del mondo. Quest'interpretazione è, però, frutto di una lettura fantasiosa dell'Apocalisse, e rivela sia una scarsa capacità d'interpretare il linguaggio simbolico di questo libro, sia un'incapacità di leggere la Bibbia nel suo insieme.

L'interpretazione simbolica comprende i mille anni come il tempo della Chiesa, che si pone tra la prima venuta di Gesù e la fine nel mondo. Durante questo tempo il credente, già fin d'ora, partecipa della vittoria di Cristo. Il messaggio esprime la certezza che l'azione negativa di Satana è limitata (in questo senso mille anni!) ed è certamente destinata all'insuccesso. Il numero 1000 è, quindi, una cifra di speranza e indica la presenza efficace di Dio e di Cristo nella nostra storia.

Da sapere che

# L'ultimo libro della Bibbia, l'Apocalisse, nella chiesa orientale è entrato nel canone solo nel settimo secolo proprio a causa del "millenarismo" inteso in senso realistico e non simbolico.
Coordinatrice
sabato 10 settembre 2011 15:41
I 46 anni in cui fu edificato il tempio di Gerusalemme
Dall'omelia 10 a commento del Vangelo di Giovanni di s.Agostino

10.
Allora i Giudei intervennero e gli dissero: Che segno ci mostri per agire così? Il Signore rispose: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. I Giudei dissero: Questo tempio fu costruito in quarantasei anni e tu lo farai risorgere in tre giorni (Gv 2, 18-20)? Essi erano carne, e ragionavano secondo la sapienza della carne; mentre Gesù parlava un linguaggio spirituale. Come potevano capire di quale tempio intendeva parlare? Ma noi non dobbiamo cercare molto; ce lo ha rivelato per mezzo dell'evangelista, ci ha detto di quale tempio intendeva parlare. Distruggete - disse - questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Questo tempio - risposero - fu costruito in quarantasei anni e tu lo farai risorgere in tre giorni? Egli però - nota l'evangelista - parlava del tempio del suo corpo. Ora sappiamo che il Signore risuscitò tre giorni dopo che fu messo a morte. Questo adesso è noto a tutti noi; e se rimane oscuro ai Giudei è perché stanno fuori, mentre per noi è chiaro, perché sappiamo in chi abbiamo creduto. Noi stiamo per celebrare solennemente l'anniversario della distruzione e della risurrezione di quel tempio, e vi esortiamo a prepararvi adesso, quelli di voi che siete catecumeni, a ricevere la grazia: è tempo ormai, è tempo di concepire ciò che allora dovrà nascere. Dunque è cosa che sappiamo.
11. Ma forse qualcuno di voi vorrà sapere se c'è qualche particolare significato nel fatto che quel tempio fu costruito in quarantasei anni. Molto ci sarebbe da dire a tal proposito: limitiamoci a ciò che può essere brevemente spiegato e facilmente compreso. Se non sbaglio, fratelli, proprio ieri dicevamo che Adamo era un solo uomo, ma che, nello stesso tempo, è tutto il genere umano. Dicevamo proprio così, se ben ricordate. Adamo fu, per così dire, frantumato, ed ora, dopo essere stato disperso, viene raccolto e come fuso in uno mediante la società e la concordia spirituale. Ora geme, quest'unico povero che è Adamo, ma è rinnovato in Cristo, il quale è venuto senza peccato per distruggere nella sua carne il peccato di Adamo, e per reintegrare in sé, novello Adamo, l'immagine di Dio. Da Adamo proviene la carne di Cristo, da Adamo il tempio che i Giudei distrussero e che il Signore fece risorgere il terzo giorno. Infatti, egli risuscitò la sua carne; ciò dimostra che era Dio, uguale al Padre. Fratelli miei, l'Apostolo parla di colui che lo risuscitò da morte. Di chi parla? Del Padre: Si fece obbediente - dice - fino alla morte, e alla morte di croce; per questo Iddio lo risuscitò dai morti, e gli diede un nome che è sopra ogni nome (Fil 2, 8-9). Il Signore fu risuscitato ed esaltato. Chi lo risuscitò? Il Padre, al quale nei Salmi egli dice: Rialzami, ed io li ripagherò (Sal 40, 11). Fu dunque il Padre che lo risuscitò? Non si risuscitò da solo? Ma c'è qualcosa che il Padre fa senza il Verbo? qualcosa che fa senza il suo Unigenito? Anche Cristo era Dio. Ascoltatelo: distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Ha forse detto: Distruggete il tempio e il Padre in tre giorni lo farà risorgere? Come è vero che quando il Padre risuscita anche il Figlio risuscita, così è vero che quando il Figlio risuscita anche il Padre risuscita; infatti, il Figlio ha dichiarato: Io e il Padre siamo una sola cosa (Gv 10, 30).
12. Che significa il numero quarantasei? Vi ho già spiegato ieri che Adamo è presente in tutto il mondo, come ce lo indicano le iniziali di quattro parole greche. Scrivendo, infatti, in colonna queste quattro parole, che sono i nomi delle quattro parti del mondo: oriente, occidente, settentrione e mezzogiorno, cioè l'universo intero [per cui il Signore dice che quando verrà a giudicare il mondo, raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti: cf. Mc 13, 27)], se scriviamo in greco questi quattro nomi: , che significa oriente; , occidente; , settentrione; , mezzogiorno; dalle loro iniziali otteniamo il nome "Adam", Adamo. Vi troviamo anche il numero quarantasei? Sì, perché la carne di Cristo viene da Adamo. I greci scrivono i numeri servendosi delle lettere dell'alfabeto, Alla nostra lettera "a" corrisponde nella loro lingua "alfa", che vuol dire uno. Così alla "b" corrisponde "beta", che vuol dire due; "gamma" vuol dire tre, "delta", quattro: a ogni lettera, insomma, fanno corrispondere un numero. La lettera "m", che essi chiamano "my", significa quaranta, che essi dicono "". Considerate ora, le cifre relative alle lettere del nome "Adam", e troverete il tempio costruito in quarantasei anni. In "Adam", infatti, c'è alfa che è uno, c'è delta che è quattro, e fanno cinque; c'è un'altra volta alfa che è uno, e fanno sei; c'è infine my che è quaranta, ed eccoci a quarantasei. Questa interpretazione fu già data da altri prima di noi e a noi superiori, che scoprirono il numero quarantasei nelle iniziali di Adamo. E siccome nostro Signore Gesù Cristo prese il corpo da Adamo, ma senza ereditarne il peccato, per questo prese da lui il tempio del corpo, ma non l'iniquità che dal tempio doveva essere scacciata. I Giudei crocifissero proprio quella carne che egli ereditò da Adamo (poiché Maria discende da Adamo, e la carne del Signore deriva da Maria), ed egli avrebbe risuscitato proprio quella carne che quelli stavano per uccidere sulla croce. I Giudei distrussero il tempio che era stato costruito in quarantasei anni, e Cristo in tre giorni lo risuscitò.
Coordinatrice
sabato 10 settembre 2011 15:52
Dall'omelia 122 di s.Agostino a commento del Vangelo di Giovanni

Significato del numero 153.

8. Volendo esprimere la legge mediante un numero, qual è questo numero se non dieci? Sappiamo con certezza che il Decalogo, cioè i dieci comandamenti furono per la prima volta scritti col dito di Dio su due tavole di pietra (cf. Dt 9, 10). Ma la legge, senza l'aiuto della grazia, ci rende prevaricatori, e rimane lettera morta. E' per questo che l'Apostolo dice: La lettera uccide, lo Spirito vivifica (2 Cor 3, 6). Si unisca dunque lo spirito alla lettera, affinché la lettera non uccida coloro che non sono vivificati dallo spirito; ma siccome per poter adempiere i comandamenti della legge, le nostre forze non bastano, è necessario l'aiuto del Salvatore. Quando alla legge si unisce la grazia, cioè quando alla lettera si unisce lo spirito, al dieci si aggiunge il numero sette. Il numero sette, come attestano i venerabili documenti della sacra Scrittura, è il simbolo dello Spirito Santo. Infatti, la santità o santificazione è attribuita propriamente allo Spirito Santo; per cui, anche se il Padre è spirito e il Figlio è spirito (in quanto Dio è spirito: cf. Io 4, 24) ed anche se il Padre è santo e il Figlio è santo, tuttavia lo Spirito di ambedue si chiama con suo proprio nome Spirito Santo. E dov'è che per la prima volta nella legge si parla di santificazione, se non a proposito del settimo giorno? Dio infatti non santificò il primo giorno in cui creò la luce, né il secondo in cui creò il firmamento, né il terzo in cui separò il mare dalla terra e la terra produsse alberi e piante, né il quarto in cui furono create le stelle, né il quinto in cui Dio fece gli animali che si muovono nelle acque e che volano nell'aria, e neppure il sesto in cui creò gli animali che popolano la terra e l'uomo stesso; santificò, invece, il settimo giorno, in cui egli riposò dalle sue opere (cf. Gn 2, 3). Giustamente, quindi, il numero sette è il simbolo dello Spirito Santo. Anche il profeta Isaia dice: Riposerà in lui lo Spirito di Dio; passando poi ad esaltarne l'attività e i suoi sette doni, dice: Spirito di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà dello spirito del timore di Dio (Is 11, 2-3). E nell'Apocalisse non si parla forse dei sette spiriti di Dio (cf. Ap 3, 1), pur essendo unico e identico lo Spirito che distribuisce i suoi doni a ciascuno come vuole (cf 1 Cor 12, 11)? Ma l'idea dei sette doni dell'unico Spirito è venuta dallo stesso Spirito, che ha assistito lo scrittore sacro perché dicesse che sette sono gli spiriti. Ora, se al numero dieci, proprio della legge, aggiungiamo il numero sette, proprio dello Spirito Santo, abbiamo diciassette. Se si scompone questo numero in tutti i numeri che lo formano, e si sommano tutti questi numeri, si ha come risultato centocinquantatré: se infatti a uno aggiungi due ottieni tre, se aggiungi ancora tre e poi quattro ottieni dieci, se poi aggiungi tutti i numeri che seguono fino al diciassette otterrai il risultato sopraddetto; cioè se al dieci, che hai ottenuto sommando tutti i numeri dall'uno al quattro, aggiungi il cinque, ottieni quindici; aggiungi ancora sei e ottieni ventuno; aggiungi il sette e avrai ventotto; se al ventotto aggiungi l'otto, il nove e il dieci, avrai cinquantacinque; aggiungi ancora undici, dodici e tredici, e sei a novantuno; aggiungi ancora quattordici, quindici e sedici, e avrai centotrentasei; e se a questo numero aggiungi quello che resta, cioè quello che abbiamo trovato all'inizio, il diciassette, avrai finalmente il numero dei pesci che erano nella rete. Non si vuol dunque indicare, col centocinquantatré, che tale è il numero dei santi che risorgeranno per la vita eterna, ma le migliaia di santi partecipi della grazia dello Spirito Santo. Questa grazia si accorda con la legge di Dio come con un avversario, affinché la lettera non uccida ciò che lo Spirito vivifica, e in tal modo, con l'aiuto dello Spirito, si possa compiere ciò che per mezzo della lettera viene comandato, e sia perdonato quanto non si riesce a compiere. Quanti partecipano di questa grazia sono indicati da questo numero, cioè vengono rappresentati in figura. Questo numero è, per di più, formato da tre volte il numero cinquanta con l'aggiunta di tre, che significa il mistero della Trinità; il cinquanta poi è formato da sette per sette più uno, dato che sette volte sette fa quarantanove. Vi si aggiunge uno per indicare che è uno solo lo Spirito che si manifesta attraverso l'operazione settenaria; e sappiamo che lo Spirito Santo fu mandato sui discepoli, che lo aspettavano secondo la promessa che loro era stata fatta, cinquanta giorni dopo la risurrezione del Signore (cf. At 2, 2-4; 1, 4).
Coordinatrice
giovedì 26 gennaio 2012 08:45
Nell'intera Scrittura non cercate altro precetto e che nessuno venga ad ordinarvi altro fuorchè la carità.
Nei passi oscuri della Scrittura si cela la carità, nei passi chiari la carità diventa palese.
Se mai ti fosse palese, non potrebbe nutrirti; se mai fosse nascosta non t'invoglierebbe a scrutare.
 di S. Agostino,  dal libro IV del "De Trinitate":
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4. 7. Questo rapporto del semplice al doppio ha la sua origine nel numero tre. Uno più due fanno tre e la somma dei numeri di cui ho parlato dà come totale sei: infatti uno più due, più tre, fanno sei. Il numero sei si chiama perfetto perché si compone delle sue parti. Comprende in sé le tre frazioni seguenti: la sesta parte, la terza parte, la metà, né vi si può trovare un’altra frazione di valore determinato. Dunque la sesta parte di sei equivale a uno, la terza a due, la metà a tre. Ora uno più due, più tre, danno come totale sei. Tale perfezione è sottolineata dalla Sacra Scrittura, soprattutto per il fatto che Dio in sei giorni ha compiuto la sua opera 64, e nel sesto giorno fu fatto l’uomo ad immagine di Dio 65. Inoltre nella sesta età del genere umano il Figlio di Dio venne 66 nel mondo e si fece Figlio dell’uomo per restaurarci ad immagine di Dio 67. Noi ci troviamo ora in questa età, sia che si attribuiscano mille anni ad ogni età, sia che ci si basi sui periodi veramente storici ed insigni ricordati dalla Sacra Scrittura. La prima età va da Adamo a Noè e la seconda fino ad Abramo. Poi, secondo la cronologia dell’evangelista Matteo, da Abramo a Davide, da Davide fino alla deportazione in Babilonia 68, e da questo avvenimento al parto della Vergine. Queste ultime tre età unite alle due precedenti fanno cinque. Perciò la nascita di Cristo ha inaugurato la sesta, quella in cui ci troviamo attualmente, e che durerà fino alla fine sconosciuta dei tempi. Troviamo il numero sei con il suo simbolismo storico, anche se con distribuzione tripartita contiamo un periodo prima della Legge, un secondo sotto la Legge, un terzo sotto la grazia 69. In quest’ultimo periodo riceviamo il sacramento della rigenerazione, cosicché alla fine dei tempi, rinnovati totalmente dalla risurrezione della stessa carne, saremo guariti da ogni malattia non solo dell’anima ma anche del corpo 70. Per questo si può vedere una figura della Chiesa in quella donna guarita e raddrizzata dal Signore e che prima era stata curvata dall’infermità sotto le catene di Satana 71. Di questi nemici occulti si lamenta la voce del Salmista: Hanno curvato la mia anima 72. Ora, erano diciotto anni che questa donna era ammalata e perciò tre volte sei anni 73. D’altra parte il numero dei mesi di diciotto anni è eguale al cubo di sei, cioè a sei moltiplicato per sei, moltiplicato ancora per sei. Proprio prima di questo episodio il Vangelo parla di quell’albero di fico la cui misera sterilità datava da tre anni. Il vignaiolo pregò di lasciarlo ancora per quell’anno: se avesse dato frutto, bene, altrimenti sarebbe stato tagliato 74. Ora da una parte con i tre anni si ritrova la precedente distribuzione tripartita, e dall’altra parte il numero di mesi di tre anni è uguale al quadrato di sei, cioè sei per sei.
....
Per quanto riguarda le ragioni per cui questi numeri sono ricordati nella Sacra Scrittura, forse qualcuno ne scoprirà di preferibili alle mie, o altrettanto probabili o anche più probabili di queste. In ogni caso nessuno sarà così sciocco e di cattivo gusto da sostenere che la loro presenza nella Sacra Scrittura è priva di importanza e che la loro frequenza non è caratterizzata da intenzioni mistiche. Le ragioni che da parte mia ho offerto le ho ricavate dall’autorità della Chiesa, che ci hanno tramandato gli antichi, dalla testimonianza della Scrittura, dalle leggi dei numeri e delle proporzioni. Ora contro la ragione non andrà mai il buon senso, contro le Scritture il senso cristiano, contro la Chiesa il senso della pace.

L'osservazione quindi dei dati numerici, presenti nella Scrittura veniva fatta sin dal sorgere della Chiesa.
Mentre alcuni pretendono di aver scoperto chissà quali nuovi e mai conosciuti misteri nascosti.  Rivendicano una esclusiva che non hanno, anzi che a volte forse usano per andare fuori strada. Mi riferisco a talune sette esoteriste e neognostiche
Si tratta solo di andare a rileggere gli scritti dei padri che costituiscono una parte importante dell'immenso deposito conservato dalla Chiesa.
Coordinatrice
venerdì 24 agosto 2012 15:10

PRIMA MOLTIPLICAZIONE

Mar 6,32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.

33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;
36 congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare».
37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.
40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
41 Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.
42 Tutti mangiarono e si sfamarono,
43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

45 Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.
46 Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.
SECONDA MOLTIPLICAZIONE

Mar 8,1 In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro:
2 «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.
3 Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano».
4 Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?».
5 E domandò loro: «Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette».
6 Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.
7 Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.
8 Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.
9 Erano circa quattromila. E li congedò.

10 Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.

...

13 E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda.

14 Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo.
15 Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!».
16 E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane».
17 Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?
18 Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate,
19 quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici».
20 «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette».
21 E disse loro: «Non capite ancora?».
Ad un esame superficiale sembrerebbe che in questi due racconti viene fatto un miracolo uguale all'altro ,che è quello di moltiplicare dei pani. Ma le incalzanti domande rivolte da Cristo ai suoi discepoli riguardanti il numero dei pezzi implicati nelle due diverse vicende e riportate da Marco nei versi 19 e 20, ci obbligano a cercare di capire. E cioè a sforzarci di scoprire cosa il Signore volesse suscitare nei discepoli con quelle domande incentrate su dei numeri.
Coordinatrice
venerdì 24 agosto 2012 15:19
Dall'omelia 24 di s.Agostino a commento del Vangelo di Giovanni
4. Andrea dice: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma cos'è mai questo per tanta gente? Dopo che Filippo, interpellato, aveva risposto che non sarebbero bastati duecento denari di pane, per rifocillare una così grande folla, si è scoperto che c'era un ragazzo con cinque pani d'orzo e due pesci. Disse Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero, dunque, gli uomini, in numero di quasi cinquemila. Gesù allora prese i pani e, rese grazie, ordinò che i pani fossero spezzati e messi davanti alla gente seduta. Non erano più cinque pani, ma quanti ne aveva aggiunti il Signore che li aveva moltiplicati. E altrettanto fece coi pesci, finché ne vollero. Non soltanto quella folla fu saziata, ma avanzarono dei frammenti, che ordinò fossero raccolti perché non andassero perduti. E con i frammenti riempirono dodici ceste (Gv 6, 8-13).
[I cinque pani e i cinque libri di Mosè.]
5. Diremo brevemente, perché dobbiamo correre. I cinque pani significano i cinque libri di Mosè. Giustamente essi non sono di frumento, ma di orzo, perché appartengono al Vecchio Testamento. Ora, voi sapete che l'orzo è fatto in modo che con fatica si arriva al midollo, poiché il midollo è ricoperto da un involucro di paglia così tenace e aderente che si fa fatica a toglierlo. Così è la lettera del Vecchio Testamento: è avvolta nell'involucro di significati materiali. Però se si arriva al midollo, nutre e sazia. Un ragazzo portava cinque pani e due pesci. Vogliamo domandarci chi era questo ragazzo? Probabilmente era il popolo d'Israele, il quale portava i pani come un bambino, senza mangiarli. Le cose che portava, chiuse erano un peso, e solo se scoperte nutrivano. I due pesci, poi, mi sembra vogliano significare quei due sublimi personaggi del Vecchio Testamento, che venivano unti per santificare e reggere il popolo: cioè il sacerdote e il re. Finché avvolto nel mistero, venne colui che era stato simboleggiato da quei due personaggi; venne finalmente colui che era adombrato nel midollo dell'orzo e che si nascondeva sotto la paglia di questo. Egli venne per riunire e realizzare nella sua persona le due figure, quella del sacerdote e quella del re: del sacerdote in quanto egli offrì se stesso come vittima per noi a Dio, del re in quanto egli stesso ci regge. E così ci vengono svelati i misteri che erano tenuti nascosti. Siano rese grazie a colui, che in se stesso realizzò le promesse del Vecchio Testamento. Ordinò che si spezzassero i pani; mentre questi venivano spezzati, si moltiplicarono. Niente di più vero. Quanti libri infatti vengono fuori da quei cinque libri di Mosè quando, come se si spezzassero, vengono esposti e spiegati! L'involucro dell'orzo era simbolo dell'ignoranza che avvolgeva il primo popolo. Di quel popolo è detto: Quando leggono Mosè, un velo ricopre il loro cuore (2 Cor 3, 15)Il velo ancora non era stato tolto, perché ancora non era venuto Cristo: e ancora non era stato squarciato il velo del tempio, come lo fu al momento della crocifissione. Poiché dunque il popolo sotto la legge era nell'ignoranza, il Signore volle mostrare l'ignoranza del suo discepolo, mettendolo alla prova.
[Il midollo dell'orzo.]
6. Niente è privo di significato, in ogni cosa c'è un riferimento; basta, però, saperlo cogliere. Così il numero delle persone che furono saziate, simboleggiava il popolo che viveva sotto il dominio della legge. Erano cinquemila, proprio perché simboleggiavano coloro che stavano sotto la legge, che si articola nei cinque libri di Mosè. Per la stessa ragione gli infermi che giacevano sotto quei cinque portici, non riuscivano a guarire. Ebbene, colui che guarì il paralitico (Gv 5, 2-9) è il medesimo che qui nutre la folla con cinque pani. Il fatto che essi fossero distesi sull'erba (Gv 6, 10), dice che possedevano una sapienza carnale e in essa riposavano. Infatti tutta la carne è erba (cf. Is 40, 6)Che significano poi i frammenti, se non ciò che il popolo non poté mangiare? Ci sono segreti profondi che la massa non può comprendere. Che resta da fare, allora, se non affidare questi segreti a coloro che sono capaci d'insegnarli agli altri, come erano gli Apostoli? Ecco perché furono riempite dodici ceste. Questo fatto è mirabile per la sua grandezza, utile per il suo carattere spirituale. Quelli che erano presenti si entusiasmarono, e noi, al sentirne parlare, rimaniamo freddi. E' stato compiuto affinché quelli lo vedessero, ed è stato scritto affinché noi lo ascoltassimo. Ciò che essi poterono vedere con gli occhi, noi possiamo vederlo con la fede. Noi contempliamo spiritualmente ciò che non abbiamo potuto vedere con gli occhi. Noi ci troviamo in vantaggio rispetto a loro, perché per noi è stato detto: Beati quelli che non vedono e credono (Gv 20, 29). Aggiungo che forse a noi è concesso di capire ciò che quella folla non riuscì a capire. Ci siamo così veramente saziati, in quanto siamo riusciti ad arrivare al midollo dell'orzo.
Credente.
lunedì 3 settembre 2012 21:50
Nella prima moltiplicazione notiamo che era da un giorno che la folla di 5000 persone stava ascoltando Gesù e il giorno stava ormai declinando. Nella seconda moltiplicazione erano già trascorsi tre giorni e la folla era costituita da 4000 persone venute anche da lontano. I pani erano sette e non cinque come nella prima moltiplicazione.
Possiamo vedere in quelle 4000 persone le moltitudini (simboleggiato dal numero 1000) che avrebbero "mangiato" i pani di Cristo, venendo a Lui dai 4 angoli della terra. 4 x 1000 = 4000.
A questo punto è opportuno ricordare il caso di Giuseppe, ministro del faraone d'Egitto che per disposizione della provvidenza, che prefigurava Cristo stesso, dovette provvedere a sfamare i tanti popoli di tutta la terra allora conosciuta. La dispensazione del frumento avvenne per SETTE ANNI.
Nel caso della seconda moltiplicazione da parte di Cristo, i pani non sono di orzo come nella prima, ma di frumento, (un alimento che ha un rivestimento più delicato dell'orzo) e sono proprio SETTE.
Possiamo vedervi SETTE TEMPI, che sono quelli di tutta la storia umana, in cui Cristo in modi diversi provvede a sfamare sia materialmente che spiritualmente i popoli di tutta la terra.
Non dobbiamo comunque dimenticare anche i 7 doni dello Spirito Santo che Cristo avrebbe mandato o i 7 sacramenti che avrebbero corroborato i suoi seguaci, e che potrebbero essere significati in quei sette pani.
Anche le sporte di pane avanzato, in questa seconda moltiplicazione sono SETTE.
Che senso potrebbe avere?
Nell'apocalisse troviamo menzionate SETTE CHIESE che possono significare le diverse specie di fedeli presenti in tutto il mondo ma anche i seguaci di Cristo dei SETTE TEMPI, le quali avrebbero saputo custodire quanto le moltitudini dei vari popoli non avrebbero saputo accogliere e metabolizzare dei "pani" dati dal Signore.
Poi il Vangelo di Marco continua:
14 Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. 15 Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!».
16 E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane».
17 Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane?
Sembra esserci una contraddizione sul fatto che l'evangelista riferisca che sulla barca i discepoli avevano UN PANE SOLO, e poi che i discepoli dicano: NON ABBIAMO PANE.
Si potrebbe a prima vista pensare che essi non dessero importanza a quell'UNICO PANE che avevano con se e che per loro era come se non ci fosse proprio nulla. Possiamo pensare però che l'evangelista riferisca che quell'unico Pane fosse in realtà Cristo stesso, e i discepoli che non vedevano in Lui ancora il Pane che stava realmente nutrendo le folle ritengono di non avere nessun pane con loro.
Cristo, quindi, suscitando le risposte precise sulla quantità di pani, di sporte avanzate, di numero di persone presenti ai due miracoli, non si preoccupa solo di insegnare che bisognava guardarsi dalla dottrina farisaica, ma soprattutto di far comprendere che Egli, come prefigurato da Mosè, è il dispensatore della vera Manna nel DESERTO, e come prefigurato da Giuseppe, è il vero Amministratore dell'alimento che può nutrire tutti i tempi passati e futuri.
Credente.
lunedì 3 settembre 2012 23:47
Cerchiamo di comprendere, per quanto ci è possibile, nella narrazione della seconda moltiplicazione narrata in modo incalzante da Marco, il significato dei TRE GIORNI che la folla stava seguendo Gesù fino all'estremo ed a digiuno.
Dice Marco:
Mar 8,2 «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.>>

Questa circostanza potrebbe avere una sua valenza considerando anche altre ricorrenze in cui troviamo implicato questo numero di TRE come ad esempio:

Mat 12,40 Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Mat 13,33 Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Mat 26,61 Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».
Giov 2,1 Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.

Lu 2,46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.
Lu 13,7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
Lu 13,21 È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata».
Lu 24,21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.

TRE sono  i tempi di attesa concessi al fico perchè portasse il suo frutto.
Tre sono le staia di farina in cui c'è il lievito per far fermentare la pasta
Tre sono i giorni della scomparsa di Gesù dalla scena, quando aveva dodici anni e poi dopo la sua crocifissione, quando riappare risorto.

In questi versetti il TRE appare come un numero di intervallo tra la sua scomparsa (fatto di digiuno e di solitudine) e la sua manifestazione e che potrebbe alludere ai tempi che intercorrono tra la venuta terrena di Gesù e il suo ritorno glorioso. 



TRE potrebbero essere i tempi di attesa messianica prima che il Signore si manifesti nella sua gloria e termini il tempo della fame del gregge che viene sfamato dal suo Pastore.
Se un giorno stesse a significare mille anni, la manifestazione gloriosa di Cristo potrebbe avvenire all'alba del terzo millennio, come all'alba del terzo giorno dopo la sua morte Egli risuscitò da morte, secondo le profezie che Egli stesso fece a suo riguardo e che potrebbero prefigurare anche i "giorni" della sua scomparsa dopo l'ascenzione, in cui la Chiesa e il mondo attendono il suo ritorno per essere rifocillati e saziati dalla sua definitiva Presenza.
Credente.
sabato 15 settembre 2012 13:55
Credente.
sabato 15 settembre 2012 15:00
DM417

DM418

DM419

DM420

DM421
Credente.
mercoledì 22 gennaio 2014 18:01

Il numero SETTE nella Bibbia 





 dal libro di Karl Sabiers “Nuove Straordinarie Scoperte” – Ediz. ERA.

Il numero sette (7) compare in modo sorprendente in tutti libri della Bibbia.
Per chi crede potrebbe essere una naturale "conferma", per chi non crede solo una  banale "curiosità", ma tutti saranno senz'altro sorpresi dalle tante e straordinarie coincidenze che si nascondono nei sacri testi, sia in quelli del Vecchio Testamento che in quelli del Nuovo Testamento.
Il numero sette è decisamente importante nella Bibbia, un libro che senz'altro possiamo definire "ispirato", scritto in ben 1.600 anni di storia dell'Umanità (dalla Genesi all'Apocalisse di San Giovanni). Il numero sette è straordinariamente presente nei testi nonostante tutti questi secoli, esso è il simbolo di Dio e della Sua perfezione e completezza.
Fin dal racconto della creazione con cui si apre il Sacro Libro, si nota come il settimo giorno di riposo, carico della benedizione divina, sia dato come un sigillo alla creazione stessa.
In Egitto vi furono, al tempo di Giuseppe, sette anni di abbondanza, seguiti da sette anni di carestia.Quando Gerico fu conquistata dagli Israeliti, dopo l’esodo, il popolo e sette sacerdoti, che portavano sette trombe, marciarono intorno alla città per sette giorni consecutivi; il settimo giorno marciarono intorno alla città per sette volte. Ogni sette anni la terra in Palestina non doveva essere coltivata (il settimo anno era chiamato appunto “anno sabatico” perché la terra veniva fatta riposare) e, dopo sette cicli di sette anni, il cinquantesimo anno era un giubileo.
Naaman, generale del re di Siria, che andò a consultare il profeta Eliseo a causa del fatto che era malato di lebbra, fu da questi mandato a bagnarsi nel fiume Giordano per sette volte. Salomone impiegò sette anni a costruire il tempio all’Eterno e, alla sua inaugurazione, indisse una festa che durò sette giorni.
Nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, tutto si svolge attorno a questo numero: sette chiese, sette candelabri, sette suggelli, sette trombe, sette coppe, sette stelle, sette spiriti... Il numero stesso dell’Anticristo, 666, ricorda al lettore, per contrasto, l’importanza della firma divina: dove essa è assente vi è il massimo dell’imperfezione (il 6 ricorda i giorni della creazione senza la benedizione di Dioavvenuta nel settimo giorno).
E’ dunque universalmente riconosciuto che il numero sette ricorre nella Bibbia in modo del tutto particolare e più frequentemente di ogni altro numero.


SETTENARI NEL VANGELO di GIOVANNI:

Nella prima parte del Vangelo di Giovanni sono descritti sette giorni di una prima settimana dell'inizio dell'attività di Cristo nel mondo che fa da parallelo ai sette giorni della creazione.
Ecco quali atti sono enumerati:

1) Gesù si lascia battezzare nell'acqua (1,19-28)
2) Gesù riceve dal Battista il riconoscimento di essere l'Agnello di Dio (1,29-34)
3) Gesù chiama Andrea ed è seguito da due discepoli di Giovanni (1,35-39)
4) Gesù chiama Simone e gli da l'appellativo di Pietro (Kefa) (1,40-42)
5) Gesù chiama Filippo a seguirlo. (1,43-46)
6) Gesù incontra e chiama Natanaele (1,47-51)
7) Al settimo giorno narrato, Gesù partecipa alle nozze di Cana e muta in vino le sei idrie di acqua riempite dai servi per trasformarlo in vino eccellente per la festa nuziale che conclude questo settenario. (potrebbe alludere ai sei giorni del lavoro umano nel mondo, coronato dalla benedizione di Dio nella festa del cielo nel giorno senza tramonto)


7 MIRACOLI NARRATI DA GIOVANNI

« I 7 miracoli di Gesù, scelti e riportati da San Giovanni nel suo Vangelo, rappresentano le 7 tappe di un cammino iniziatico dell’uomo verso Dio; un insegnamento di Cristo, ricevuto direttamente da San Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”».
Ed è così, seguendo ciascuna tappa simbolicamente rappresentata da ciascuno dei miracoli, che Philippe Plet struttura la sua opera. E il lettore capirà ben presto che ciascun miracolo (da Cana fino alla risurrezione di Lazzaro, passando per la guarigione del paralitico o il cammino sulle acque...) è un nuovo appello all’anima da parte di Dio. L’autore ci spiega così che il credente (primo ciclo, costituito dai primi 3 miracoli) è chiamato ad essere un discepolo del Signore (secondo ciclo, costituito dai tre miracoli seguenti), per diventare infine l’amico di Dio (è il terzo ciclo, costituito dal settimo ed ultimo miracolo: la resurrezione di Lazzaro, l’amico di Gesù).
Il Vangelo di Giovanni assegna un grande ruolo ai simboli: la luce, le tenebre, l’acqua, il pane, la vigna... È questa constatazione ad aver portato l’autore a ritenere che il pensiero simbolico dell’evangelista poteva condurre ancora più lontano: fino a strutturare in un percorso di fede l’insieme dei racconti dei primi dodici capitoli.
I sette segreti di San Giovanni sono una progressione molto pedagogica del credente nella sua ascensione verso la vetta suprema: essere l’amico di Dio.
Una nuova prospettiva 
Il tema fondamentale dei quattro vangeli è quello della fede in Gesù Cristo. Però Giovanni è attento alle differenti età della fede, sottolineando le differenze tra i primi anni e gli ultimi; anche se si tratta pur sempre della stessa fede.
 Sette miracoli strutturano dunque simbolicamente le sette parti distinte da Giovanni: l’acqua cambiata in vino alle nozze di Cana (Gv 2,1-12), la guarigione del figlio del funzionario del re (Gv 4,46-54); la guarigione del paralitico della piscina (Gv 5,1-18); la moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-15), il cammino sulle acque (Gv 6,16-21); la guarigioni del cieco nato (Gv 9,1-38) ed infine la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-44). In apparenza, niente sembrerebbe collegare questi miracoli in modo particolare, e ciononostante la loro realtà simbolica ne fa, di fatto, un insieme coerente.
  Primo segno: l’alleanza iniziale.
Gesù chiama l’anima alla sequela, comunicando una soave ebbrezza al cuore del credente.
La fede ha sempre un punto di partenza. Anche per coloro che furono battezzati subito appena nati, arriva un età in cui la fede diventa un atto libero e significativo. Le nozze di Cana rappresentano simbolicamente questa prima chiamata, dove l’uomo diventa un credente. Egli prende coscienza che Dio esiste veramente, che è il «vivente» e che desidera manifestarsi alle anime. La dolcezza del vino nuovo di Cana è un’evocazione della dolcezza di questa prima esperienza di Dio.
 Secondo segno: l’apprendistato dell’umiltà.
Gesù insegna all’anima a ricevere i doni gratuiti di Dio senza esigerli.
Il credente deve procedere verso le prime attuazioni della sua fede. Deve imparare a entrare in relazione con Dio secondo la maniera che conviene a Dio. Inquieto per la vita del suo bambino malato, l’ufficiale fa pressione su Gesù per accompagnarlo da lui, prima ancora di sapere come il Signore intenda intervenire. Tale è la lezione che Gesù dà all’ufficiale del re. Egli non deve considerare Dio a suo servizio; deve al contrario lasciarsi condurre da Dio in totale confidenza.
 Terso segno: la guarigione della volontà.
Gesù guarisce l’anima paralizzata dalla sua troppa dipendenza dal mondo. La fede riposa ormai sull’autorità (la forza) di Dio.
Il paralitico della piscina giaceva in questo stato da più di 38 anni. Ha fatto quello che era a lui possibile, secondo le sue forze, per dimorare nella fede. Ma gli manca la forza che viene da Dio, che non ha saputo accogliere. Ha infine mancato di confidenza, si è lasciato troppo influenzare dalle realtà terrene del quotidiano. Pertanto, la sua speranza non è morta. È il momento che sceglie Gesù per rivelarsi a lui e dargli così quella forza che gli mancava per poter vivere la sua fede. Si tratta della guarigione della volontà.
Questo terzo segno rappresenta dunque la maturità della fede.
 Quarto segno: il nutrimento dall’altro.
Gesù introduce l’anima nella vita contemplativa.
La moltiplicazione dei pani è un segno di tipo «eucaristico». Questo miracolo rappresenta l’accesso ad una comprensione nuova di Dio: Dio come sorgente di vita. Come Cana, questo segno è una chiamata; ma si tratta ora di fare un salto nella fede, che coinvolge il credente in modo determinante. Gesù gli chiede di diventare un «discepolo», cioè di consacrare la sua vita a Dio. L’anima riceve l’invito, senza giungere ancora a rispondervi positivamente, come è normale.
 Quinto segno: uscire dall’Egitto.
Gesù mostra la necessità di liberarsi dalle acque del mondo e dalle sue preoccupazioni.
Gesù che cammina sulle acque dona ai suoi discepoli l’esempio del modo di comportarsi d’ora in poi con il mondo presente. Il pane di vita offerto nel segno precedente dona ora la capacità di camminare sul mare mosso delle contraddizioni umane, dei conflitti e dei limiti invalicabili. Dio conosciuto come sorgente della vita porta a compimento l’anima e le comunica una libertà nuova. Pertanto, i discepoli sono spaventati da questa prospettiva. Al segno seguente permetterà al credente di diventare un vero discepolo di Gesù.
 Sesto segno : vedere ciò che è stato nascosto.
Gesù guarisce l’anima dalla cecità spirituale che le impediva di riconoscere la lotta della luce con le tenebre.
La guarigione del cieco nato raffigura la guarigione degli occhi dell’anima. Gli occhi del credente si aprono sul mistero della lotta tra la luce e le tenebre. Esiste davvero nel mondo un vera «potenza del rifiuto» della verità! La sua ricerca della verità trascina il cieco nato a prender progressivamente le difese di Gesù. I farisei finiscono per considerarlo un discepolo di Gesù, e l’escludono dalla sinagoga. Il cieco nato cammina ormai con i suoi occhi: è divenuto un vero discepolo del Signore.
 Settimo segno: risuscitare a vita nuova.
Il credente accede ad un amore che gli permette di superare i propri limiti creaturali. È la nascita in Dio nella fede.

La risurrezione di Lazzaro rappresenta l’ultima tappa dell’itinerario della fede: la morte a se stessi in vista di una vita nuova in Dio. Lazzaro, l’amico di Gesù, è l’immagine del discepolo che accede all’intimità del Signore. Diviene un amico di Dio! Questa tappa della fede è dominata dal tema dell’imminenza della Passione di Cristo. La Spiritualità della Passione si radica dentro l’anima del credente, ammesso a partecipare anche lui alla redenzione del mondo. I farisei e i sommi sacerdoti decidono di uccidere anche Lazzaro. Il destino del credente diviene allora quello stesso di Gesù!


Nel Vangelo di Giovanni si trovano menzionati sette “Io Sono” seguiti da un predicato:
1° “il pane della vita” (6:35, 41, 48, 51);
2° “la luce del mondo” (8:12; 9:5);
3° “la porta” (10:7, 9);
4° “il buon pastore” (10:11,14);
5° “la risurrezione e la vita” (11:25);
6° “la via, la verità e la vita” (14:6);
7° “la vite” (15:1, 5).

e sette asserti: “Io Sono” privi di predicato:
4:26; 6:20; 8:24, 28, 58; 13:19; 18:5, 8. L’ultimo è una ripetizione.
LA GRANDE SETTIMANA DI PASQUA

Nei capitoli dal 12 al 19 vengono descritti i sei giorni finali dell'attività terrena di Gesù che si snodano in quest'ordine:
viaggio verso Betania,
cena in casa di Lazzaro
l'unzione
ingresso osannante a Gerusalemme
la lavanda dei piedi dei discepoli
l'angoscia dell'orto degli ulivi
la passione e morte
Resurrezione di Gesù al settimo giorno della settimana finale  che fa da parallelo al settimo giorno della prima settimana con la festa nuziale di Cana e al settimo segno miracoloso della resurrezione di Lazzaro.


Credente.
mercoledì 22 gennaio 2014 18:18

SETTENARI NEI VANGELI SINOTTICI

LE SETTE DOMANDE DEL
«PADRE NOSTRO»
DAL CATECHISMO
2803 Dopo averci messo alla presenza di Dio nostro Padre per adorarlo, amarlo, benedirlo, lo Spirito filiale fa salire dai nostri cuori sette domande, sette benedizioni. Le prime tre, più teologali, ci attirano verso la gloria del Padre, le ultime quattro, come altrettante vie verso di lui, offrono alla sua grazia la nostra miseria. « L'abisso chiama l'abisso » (Sal 42,8).
2804 Il primo gruppo di domande ci porta verso di lui, a lui: il tuo nome, il tuo regno, la tua volontà! È proprio dell'amore pensare innanzi tutto a colui che si ama. In ognuna di queste tre petizioni noi non « ci » nominiamo, ma siamo presi dal « desiderio ardente », dall'« angoscia » stessa del Figlio diletto per la gloria del Padre suo.55 « Sia santificato [...]. Venga [...]. Sia fatta... »: queste tre suppliche sono già esaudite nel sacrificio di Cristo Salvatore, ma sono ora rivolte, nella speranza, verso il compimento finale, in quanto Dio non è ancora tutto in tutti.56
2805 Il secondo gruppo di domande si snoda con il movimento di certe epiclesi eucaristiche: è offerta delle nostre attese e attira lo sguardo del Padre delle misericordie. Sale da noi e ci riguarda, adesso, in questo mondo: « Dacci [...]; rimetti a noi [...]; non ci indurre [...]; liberaci ». La quarta e la quinta domanda riguardano la nostra vita in quanto tale, sia per sostenerla con il nutrimento, sia per guarirla dal peccato; le ultime due riguardano il nostro combattimento per la vittoria della vita, lo stesso combattimento della preghiera.
2806 Attraverso le prime tre domande veniamo rafforzati nella fede, colmati di speranza e infiammati di carità. Creature e ancora peccatori, dobbiamo supplicare per noi, quel « noi » a misura del mondo e della storia, che offriamo all'amore senza misura del nostro Dio. Infatti è per mezzo del nome del suo Cristo e mediante il regno del suo Santo Spirito che il Padre nostro realizza il suo disegno di salvezza per noi e per il mondo intero.
Credente.
venerdì 5 dicembre 2014 17:34
Le sei anfore, contenenti da due a tre metrete e che i servi riempirono d'acqua:
Gv 2,6 C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure.


dal commento di s.Agostino al Vangelo di Giovanni (omelia 9)
[Sei epoche.]

10. Rifacendoci alle origini dell'umanità, troviamo Adamo ed Eva progenitori, non solo dei Giudei, ma di tutte le genti. E tutto ciò che in Adamo era figura di Cristo, aveva altresì riferimento a tutte le genti, che in Cristo soltanto ottengono la salvezza. Ora, che cosa posso dire di meglio a proposito dell'acqua della prima anfora, di quanto ha detto l'Apostolo circa Adamo ed Eva? Nessuno mi dirà che ho capito male, dal momento che riferisco non il mio, ma il pensiero dell'Apostolo. Quale grande mistero, in riferimento a Cristo, contiene dunque quell'unità che l'Apostolo sottolinea, quando dice: Saranno due in una carne; grande è questo mistero! E affinché nessuno riferisse questo grande mistero a tutti quelli che hanno moglie, l'Apostolo precisa: Io dico questo in riferimento al Cristo e alla Chiesa (Ef 5, 31-32). In che cosa consiste questo grande mistero: i due saranno una carne? Il libro del Genesi, parlando di Adamo ed Eva, esce in questa affermazione: L'uomo perciò lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne (Gn 2, 24). Ora, se Cristo si unì alla Chiesa sì da essere i due una sola carne, in che senso si può dire che egli lasciò il Padre e la madre? Lasciò il Padre, perché pur essendo nella forma di Dio, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio; ma annientò se stesso, prendendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7). Cioè, lasciò il Padre, non perché lo abbia abbandonato e si sia allontanato da lui, ma perché si manifestò agli uomini non in quella forma in cui egli è uguale al Padre. In che senso lasciò la madre? Lasciando la sinagoga dei Giudei dalla quale nacque secondo la carne, unendosi alla Chiesa che ha raccolto da tutte le genti. La prima anfora, dunque, conteneva la profezia riguardante il Cristo; ma finché queste cose di cui parlo non furono predicate in mezzo alle genti, essa era acqua, non ancora mutata in vino. Ma siccome il Signore ci ha illuminati per mezzo del suo Apostolo, e ci ha indicato che cosa dobbiamo cercare attraverso le due affermazioni fuse in una: I due saranno una sola carne; e questo mistero è grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa, possiamo ormai cercare Cristo dovunque, e bere vino da ogni anfora. Adamo dorme perché sia formata Eva; Cristo muore perché sia formata la Chiesa. Dal fianco di Adamo che dorme è formata Eva (Gn 2, 21); dal fianco di Cristo morto in croce, colpito dalla lancia (cf. Gv 19, 34), sgorgano i sacramenti con cui viene formata la Chiesa. Chi non vede adombrata in quel fatto la realtà futura dato che l'Apostolo afferma che Adamo era figura di colui che doveva venire (Rm 5, 14)? Tutto era misteriosamente prefigurato. Non poteva, infatti, Dio trarre la costola e formare la donna da un uomo desto? Era necessario che Adamo dormisse, forse per non sentir dolore quando gli veniva tolta la costola? Chi può dormire tanto profondamente da non sentire che gli vien tolto un osso? Oppure l'uomo non doveva sentir dolore perché era Dio a togliergli l'osso? Colui che ha potuto togliere la costola ad uno che dormiva senza fargli male, poteva farlo anche ad uno sveglio. Ma piuttosto, era la prima anfora che veniva riempita: la profezia di quel tempo si riferiva a questo tempo futuro.

11. Cristo era raffigurato anche in Noè, così come nell'arca era raffigurato l'universo intero (cf. Gn 7, 7-9). Per quale motivo nell'arca furono racchiuse tutte le specie di animali, se non perché rappresentasse tutte le genti? Non era impossibile a Dio creare di nuovo tutte le specie di animali. Quando esse non esistevano ancora, disse: Produca la terra... (Gn 1, 24), e la terra produsse. Come li aveva fatti, così poteva rifarli: con la parola li aveva fatti, e con la parola poteva rifarli. Ma voleva mettere in risalto un mistero, e riempire la seconda anfora dell'economia profetica: per mezzo di un legno sarebbe stato salvato ciò che era figura dell'universo, perché su un legno doveva essere confitta la vita dell'universo.

12. Con la terza anfora fu detto (come ho già ricordato) ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti (Gn 22, 18). E' facile vedere chi era figurato in quel figlio unico, che sulle sue spalle portava la legna del sacrificio al quale era condotto per esservi egli stesso immolato. Il Signore infatti, come dice il Vangelo si caricò della sua croce (cf. Gv 19, 17). Basta questo per la terza anfora.

13. E' necessario dire che la profezia di David si riferiva a tutte le genti? Lo abbiamo appena sentito nel salmo, ed è difficile trovarne uno che non proclami questa verità: Lèvati, o Dio, e giudica la terra perché avrai la tua eredità in mezzo a tutte le genti (Sal 81, 8). Ecco perché i Donatisti sono stati esclusi dal festino di nozze, come quel tale che non aveva la veste nuziale: fu invitato e andò, ma fu escluso dal numero dei commensali perché non indossava la veste in onore dello sposo. Chi infatti cerca la propria gloria, invece che quella di Cristo, non possiede la veste nuziale; non vuole fondere la sua voce con quella di colui che era amico dello sposo, che suona così: E' lui quello che battezza (Gv 1, 33). Giustamente a chi era privo della veste nuziale fu rinfacciato ciò che non era: Amico, perché sei entrato qua? (Mt 22, 12). Quello rimase muto; e anche costoro. A che serve lo strepito della bocca, se il cuore tace? Sanno di non avere dentro di loro nulla da dire. Sono muti di dentro, strepitano di fuori. Volenti o no, anch'essi nelle loro riunioni sentono il salmo che dice: Lèvati, o Dio, giudica la terra; perché erediterai tutte le genti. E siccome non sono in comunione con tutte le genti, sono costretti a riconoscersi diseredati.

14. Ciò che vi stavo dicendo, fratelli (voglio indicarvi un altro senso nascosto nel particolare delle anfore, che contenevano da due a tre metrete), ciò che vi stavo dicendo, che la profezia si estende a tutte le genti, lo abbiamo già dimostrato a proposito di Adamo che era figura di colui che doveva venire (Rm 5, 14). Ora, si sa che da Adamo hanno avuto origine tutte le genti e che le quattro lettere del suo nome indicano, in greco, i quattro punti cardinali. In greco le iniziali dei quattro punti cardinali: oriente, occidente, aquilone, mezzogiorno, come in più luoghi ricorda la Sacra Scrittura, corrispondono alle lettere che compongono il nome "Adam". In greco, di fatti, i quattro punti cardinali vengono chiamati: , , , . Mettendo questi quattro vocaboli in colonna e riunendo le loro iniziali, si ha il nome "Adam". Questo fu raffigurato anche nell'arca di Noè, nella quale erano stati raccolti tutti gli animali, simbolo di tutte le genti; in Abramo, al quale più esplicitamente fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti; in Davide, in uno dei cui salmi (per non citarne che uno) abbiamo ora cantato: Sorgi, o Dio, giudica la terra; perché avrai in eredità tutte le genti. A quale Dio si può dire: Sorgi!, se non a colui che s'era addormentato? Sorgi, o Dio, giudica la terra. Come a dire: Dormivi, e sei stato giudicato dalla terra; sorgi a giudicare la terra. E qual è la estensione di questa profezia? Perché tu avrai in eredità tutte le genti.

15. Nella quinta età, - corrispondente alla quinta anfora, - Daniele vede una pietra che, staccatasi dalla montagna senza intervento della mano dell'uomo, riduce in frantumi tutti i regni della terra; e cresce, quella pietra, fino a diventare una grande montagna che occupa tutta la terra (cf. Dn 2, 34-35). Cosa c'è di più chiaro di questa profezia, o fratelli miei? La pietra che si stacca dalla montagna, è la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata pietra d'angolo (cf. Sal 117, 22). Da quale montagna si è staccata, se non dal popolo dei Giudei, dai quali nostro Signore Gesù Cristo è nato secondo la carne? E si è distaccata senza intervento d'uomo, perché Cristo è nato da una Vergine, senza amplesso coniugale. La montagna dalla quale si è staccato, non occupava tutta la terra: infatti, il regno dei Giudei non si estendeva a tutte le genti. Il regno di Cristo, invece, vediamo che occupa tutta la terra.

16. Alla sesta età appartiene Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna, di cui fu detto che era più che profeta (Mt 11, 9). In che modo egli mostrò che Cristo è stato inviato a tutte le genti? Fu quando i Giudei si presentarono a lui per farsi battezzare, ed egli disse, affinché non s'insuperbissero per il nome di Abramo: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire dall'ira che sta per venire? Fate, dunque, un frutto degno di penitenza (Mt 3, 7-8); cioè, siate umili. Parlava infatti a dei superbi. E di che cosa erano superbi? Non dei frutti prodotti per aver imitato il padre Abramo, bensì della discendenza da lui secondo la carne. Ma cosa dice loro Giovanni? Non crediate di poter dire: Noi abbiamo per padre Abramo; perché Dio da queste pietre può far sorgere figli ad Abramo (Mt 3, 9). Chiama "pietre" tutte le genti, non perché avessero la solidità che aveva la "pietra" scartata dai costruttori, ma a motivo della stupidità e durezza derivanti dalla loro stoltezza; infatti erano diventati simili a ciò che adoravano: adoravano simulacri, come loro insensati. Perché insensati? Perché un salmo dice: Siano come loro quelli che li fabbricano, e tutti quelli che in essi confidano (Sal 113, 8). A quelli invece che si son messi ad adorare Dio, cosa dice il Signore? Siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa levare il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5, 45). Pertanto, se l'uomo diventa simile a ciò che adora, che significato hanno le parole: Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo? Domandiamocelo e vedremo che è avvenuto proprio questo. Noi infatti proveniamo dalle nazioni pagane; ma da esse non saremmo usciti, se Dio non avesse dalle pietre fatto sorgere figli ad Abramo. Siamo diventati figli di Abramo imitandone la fede, e non per essere nati da lui secondo la carne. E mentre i Giudei avendo degenerato, furono diseredati, noi invece, avendo imitato Abramo nella fede, siamo stati adottati. Quindi, o fratelli, la profezia della sesta anfora si riferiva anch'essa a tutte le genti; e perciò il particolare delle anfore che contenevano da due o tre metrete, si riferisce a tutte le genti.

17. Come si dimostra che queste due o tre metrete si riferiscono a tutte le genti? Intenzionalmente, credo, l'evangelista riferisce il particolare delle "due o tre metrete" per indicarci un significato misterioso. Quali sono queste due metrete? La circoncisione e l'incirconcisione. La Scrittura menziona questi due gruppi etnici; e quando dice circoncisione e incirconcisione (Col 3, 11), non lascia fuori nessuna parte del genere umano; in queste due classificazioni son comprese tutte le genti: ecco le due metrete. Di queste due pareti provenienti da direzione opposta, Cristo si è fatto pietra angolare (cf. Ef 2, 14-20) per unirle e pacificarle in se stesso. Vediamo ora in che modo anche le tre metrete si riferiscono a tutte le genti. Tre erano i figli di Noè, per mezzo dei quali si riprodusse il genere umano (cf. Gn 5, 31). Ecco perché il Signore dice: Il regno dei cieli è come il lievito, che una donna ha preso e ha nascosto in tre misure di farina, perché tutto fermentasse (Lc 13, 21). Chi è questa donna, se non la carne del Signore? Che cosa è il lievito, se non il Vangelo? Che cosa sono le tre misure, se non la totalità delle genti, rappresentata dai tre figli di Noè? Quindi, le sei anfore che contenevano ciascuna due o tre metrete, sono le sei epoche della storia, contenenti la profezia che si riferisce a tutte le genti, classificate in due gruppi etnici, i Giudei e i Greci, come è solito fare l'Apostolo (Rm 2, 9; 1 Cor 1, 24); oppure in tre, per via dei figli di Noè. La profezia, dunque, ha una portata universale. Appunto perché si estende a tutte le genti, la profezia è chiamata "metreta", misura, nel senso che le dà l'Apostolo quando scrive ai Corinzi: Abbiamo ottenuto la misura che consiste nell'esser giunti fino a voi (2 Cor 10, 13). Così si esprime mentre egli è intento ad evangelizzare le genti: secondo la misura che consiste nell'esser giunti fino a voi.
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