sabato 13 novembre 2010

“Nemmeno un capello del vostro capo perirà”.



Vangelo (Lc 21,5-19) domenica 14 novembre 2010

5 Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: 6 “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. 7 Gli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.
8 Rispose: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9 Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”.
10 Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo.12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi;17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

Luca scrive il suo Vangelo verso l’anno 85 d.C.: nei cinquant’anni che sono trascorsi dalla morte e risurrezione di Gesù sono accaduti fatti tremendi. Ci sono state guerre, rivoluzioni politiche, catastrofi, il tempio di Gerusalemme è stato distrutto, i cristiani sono vittime di ingiustizie e persecuzioni.
Come spiegare avvenimenti tanto drammatici?
Qualcuno ricorre alle parole del Maestro: “Vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti... metteranno le mani su di voi” (vv.11-12). Ecco la spiegazione! – si comincia a dire – Gesù aveva previsto tutto.
Le disgrazie (specialmente la distruzione del tempio di Gerusalemme) sono segni della fine del mondo che si avvicina e del Signore che sta per tornare sulle nubi del cielo.
Il Vangelo di oggi vuole rispondere a queste false attese e corregge l’interpretazione errata che alcuni davano alle parole del Maestro.
Già allora il suo linguaggio apocalittico si prestava ad essere frainteso.
Esaminiamo il brano nei dettagli.

Alcune persone si accostano a Gesù che si trova nel tempio e lo invitano ad ammirarne la bellezza: le enormi pietre di calcare bianco squadrate in modo perfetto dagli operai di Erode, le decorazioni, gli ex-voto, la vite d’oro che pende dalle pareti del vestibolo e che si estende sempre più attraverso i tralci offerti dai fedeli, la facciata ricoperta di placche d’oro dello spessore di una moneta… Con ragione i rabbini sostenevano: “Chi non ha visto il tempio di Gerusalemme non ha contemplato la più bella fra le meraviglie del mondo”.
La risposta di Gesù è sorprendente: “Di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra”. Stupiti allora gli chiedono: “Quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (vv. 5-7).
Gesù non può specificare la data: non la conosce, come non conosce il giorno e l’ora della fine del mondo (Mt 24,36). Egli non è un mago, un indovino, per questo non risponde.
Come mai Luca introduce questo episodio? Lo fa per una sua preoccupazione pastorale: vuole mettere in guardia le sue comunità da chi confonde i sogni con la realtà. Alcuni esaltati attribuivano a Gesù predizioni che erano soltanto frutto di speculazioni stravaganti.
L’evangelista invita i cristiani a smettere di inseguire fole ed a riflettere sull’unica cosa che deve interessare: cosa fare, concretamente, per collaborare all’avvento del mondo nuovo, del regno di Dio.
I “falsi profeti” hanno sempre rappresentato un pericolo serio per le comunità cristiane e Luca ricorda che anche Gesù si è premurato di mettere in guardia i suoi discepoli da coloro che assicurano che la fine del mondo è vicina. Ha raccomandato vivamente: “Non seguiteli!” (vv. 8-9). La fine non verrà presto; la gestazione del mondo nuovo sarà difficile e lunga.

Cosa accadrà nel tempo che intercorre tra la venuta del Signore e la fine del mondo?
Gesù risponde a questa domanda ricorrendo al linguaggio apocalittico.
Parla di sollevazioni di popoli contro popoli, di terremoti, carestie e pestilenze, di fatti terrificanti, di segni grandi nel cielo (vv. 10-11). Questi verranno ripresi ed esplicitati poco dopo: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte” (Lc 21,25-26). Che intende dire?
Una delle idee ricorrenti al tempo di Gesù era che il mondo fosse ormai troppo corrotto e che presto sarebbe stato sostituito da una realtà nuova fatta germogliare da Dio. Si diceva che nel momento del passaggio dall’antico al nuovo, gli uomini sarebbero stati colti da grande spavento, i popoli e le nazioni sarebbero stati sconvolti, ci sarebbero state violenze, malattie, disgrazie, guerre. Il sole sarebbe apparso durante la notte e la luna durante il giorno; gli alberi avrebbero cominciato a versare sangue, le pietre a spezzarsi e a lanciare urla.
Questo linguaggio, queste immagini erano molto note.
Gesù se ne serve per dire ai discepoli che è imminente il passaggio fra le due epoche della storia. Il suo è un annuncio di gioia e di speranza: chi è nel dolore e attende il regno di Dio deve sapere che sta per spuntare l’aurora di un nuovo, splendido giorno. Ecco la ragione per cui esorta i discepoli a non spaventarsi: non vi terrorizzate (v.9) e, un poco oltre, raccomanda: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28).

Dopo aver invitato a considerare il tempo di attesa del suo ritorno come una gestazione che prepara il parto, Gesù preannuncia le difficoltà che i suoi discepoli dovranno affrontare (vv.12-19).
Quale sarà il segno che il regno di Dio sta nascendo e per instaurarsi nel mondo?
Non i trionfi, gli applausi, l’approvazione degli uomini, ma le persecuzioni.
Gesù prevede per i suoi discepoli: la prigione, le calunnie, il tradimento da parte degli stessi familiari e dei migliori amici.
In queste situazioni difficili essi potranno essere tentati di scoraggiarsi, penseranno di avere sbagliato le scelte della loro vita.
Perché sopportare tante sofferenze e fare tanti sacrifici? Tutto inutile: gli empi continueranno sempre a prosperare, a commettere violenze, ad avere la meglio sui giusti. Gesù risponde che questo non accadrà. Dio guida gli avvenimenti della vita degli uomini e orienta anche i progetti dei malvagi al bene dei suoi figli ed alla instaurazione del Regno.
Mettetevi bene in mente di non preparare la vostra difesa” – raccomanda ancora. Che significa? I discepoli dovranno forse attendersi liberazioni miracolose?
No. Gesù li mette in guardia dal pericolo di fidarsi dei ragionamenti e dei calcoli che sono soliti fare gli uomini.
Se i suoi discepoli crederanno di potersi difendere utilizzando la logica di questo mondo, invece di quella di Dio, si porranno sullo stesso piano dei loro oppositori e perderanno.
Dovranno accettare serenamente il fatto che essi non possono ricorrere ai metodi di chi li perseguita: la calunnia, l’ipocrisia, la corruzione, la violenza. Dovranno convincersi che la loro forza sta in ciò che gli uomini considerano fragilità e debolezza. Sono pecore in mezzo ai lupi, non possono travestirsi da lupi.
Se davvero saranno coerenti con le esigenze della loro vocazione, sarà Gesù, buon pastore, a difenderli. Darà loro una forza alla quale nessuno potrà resistere: la forza della verità, dell’amore, del perdono.
Infine Gesù richiama un’espressione molto usata al suo tempo: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Non promette di preservare i suoi discepoli da qualunque sventura e pericolo. I cristiani perseguitati non devono attendersi liberazioni miracolose:perderanno i loro beni, il lavoro, la reputazione e forse anche la stessa vita a causa del Vangelo. Tuttavia, nonostante le apparenze contrarie, il regno di Dio continuerà ad avanzare.
Coloro che hanno sacrificato se stessi per Cristo, forse non coglieranno i frutti del bene che hanno seminato, ma devono coltivare la gioiosa certezza che i frutti saranno abbondanti. In questo mondo non verrà riconosciuto il valore del loro sacrificio. Saranno dimenticati, forse maledetti, ma Dio – ed è il suo giudizio quello che conta! – darà loro la ricompensa nella risurrezione dei giusti.

Padre Fernando Armellini (biblista)

1 commento:

Dilorenzo michele ha detto...

Nemmeno un capello...x come capisco e' che niente mi accadra' senza che Dio lo voglia....e che quello che avverra' sara'x il mio bene.Devo solo affidarmi e credere in Lui che vuole solo il mio bene,anche nelle situazioni piu' dolorose.