Omelia del giorno 28 Febbraio 2010 II Domenica di Quaresima (Anno C)
La Trasfigurazione di Gesù sul monte
La prima domenica di Quaresima siamo stati vicini a Gesù, nostro Maestro nella santità, quando 'condotto dallo Spirito' nel deserto, conobbe le tentazioni di Satana: tentazioni sottili, come sono tutte e sempre le tentazioni, che cercano di fare apparire bene il male, rifiutando così l'amicizia e l'obbedienza al vero e sommo Dio, nostro infinito Amore.
Gesù, le Sue scelte', le vide chiare nel silenzio del deserto, che è sempre stato, per i 'cercatori di Dio', il luogo privilegiato per l'ascolto, nell'intensità della preghiera che diventa l'appassionato dialogo con Dio, in cui diventa facile dire 'sì' a Lui e al prossimo; nella penitenza, che è come uno strapparsi di dosso le false sicurezze, se non addirittura i nostri motivi di rifiuto all'amore, come è ogni forma di egoismo, dalla ricchezza all'indifferenza, diventando disponibili ad accogliere l'Amore, itinerario alla santità.
Le tentazioni rivolte a Gesù furono 'durissime': cercavano di portarlo a scegliere le vie facili ad un messianismo basato sulla potenza, sul prestigio, sul trionfo. Gesù scelse la via dell'umiltà, dell'annientarsi fino a dare tutto di Sé, fino alla crocifissione per la resurrezione. Nel deserto e nelle tentazioni dovevano apparire, senza possibilità di appannamento, 'i segni concreti' e le 'parole vere' dell'amore al Padre.
Ma le Sue scelte avevano bisogno di una conferma presso quelli che Lui aveva scelto, chiamato, gli Apostoli, che avevano accettato di seguirLo, forse sognando di fare con Lui strade trapuntate di gloria, come suggerisce sempre satana.
Le vie della povertà, dell'umiliazione, del disprezzo totale di sé, dell'annientamento, faticavano ad entrare nelle prospettive umane degli Apostoli, e anche nostre, che amiamo vedere successi, più che fare strada ai `successi' del Cuore di Dio.
Da qui il grande evento della Trasfigurazione, raccontato dall'evangelista Luca:
"In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante Ed ecco due uomini parlavano con Lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a termine a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: 'Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube ebbero paura. E dalla nube uscì una voce che diceva: 'Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo!: E appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno nulla di ciò che avevano visto" (Lc. 9, 28-36).
Lascio che sia Paolo VI a commentare questo prezioso tassello della vita di Gesù con alcuni dei Suoi Apostoli, che così potranno ricordare, soprattutto nei momenti difficili della passione, Chi davvero era Gesù e perché era tra noi. Dopo aver descritto la scena della Trasfigurazione, Palo VI afferma: "Per gli Ebrei, dire Mosè era come accennare a tutta la propria storia, al popolo eletto, alla Legge; scorgere Elia era come ripercorrere i tristissimi anni durante i quali il grande profeta aveva cercato di rianimare il senso religioso e la tradizione in chi si era lasciato influire da dottrine pagane e aveva perduto la nota dominante del proprio costume religioso (come oggi).
Pietro, come in altre circostanze, il più entusiasta ed esuberante, prorompe in un grido di gioia: 'Come è bello stare qui, per sempre!' e 'Se vuoi, Signore, facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè ed una per Elia', come a voler permanere in eterna beatitudine. Si aggiunge la parola divina che dona l'identità di Gesù, Figlio dell'uomo: ‘Questi è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo!’.
Poi tutto torna alla vita normale.
La testimonianza per Gesù, in questo racconto, rimase quasi un testamento e ci domandiamo: perché la Chiesa ripropone nella liturgia un quadro così sfavillante della gloria del Signore?
In quel contesto sul monte, Gesù intende dare un saggio di chi Egli veramente è: perché poco prima aveva parlato della sua passione e ne riparlerà anche in seguito. Sono gli ultimi giorni della sua missione in Galilea. Gesù sta per trasferirsi in Giudea ove accadrà il grande dramma della vita temporale del Signore. Gesù sarà crocifisso. E perché i suoi conservino la fede, non scandalizzati, anzi esterrefatti dalla fine triste del Maestro, decide di imprimere nelle loro anime la meraviglia vista sul Tabor. In altri termini, questa scena del Vangelo pone dinnanzi a noi oggi una questione di grande attualità; si direbbe fatta su misura delle nostre condizioni spirituali.
La domanda è la medesima rivolta da Gesù, sei giorni prima dell'evento del Tabor: ‘Chi dite che sia il Figlio dell'uomo?’. È la stessa che oggi siamo invitati a rivolgerci: Chi pensiamo sia Gesù? Chi è per noi Gesù? Sappiamo bene cosa sia nella nostra vita realmente?
Alla domanda alcuni, forse molti, non sanno rispondere, non sanno che dire.
Esiste come una nube opaca di ignoranza che preme su troppi. Si ha una vaga conoscenza di Gesù, non lo si conosce bene... al punto che all'offerta di Gesù di essere per tutti guida, Maestro, si risponde di non averne bisogno e si preferisce tenerLa lontano.
Ma noi, che abbiamo questo grandissimo e dolcissimo Nome da ripetere a noi stessi, noi che siamo fedeli, noi che crediamo in Gesù, sappiamo bene Chi è?
Sappiamo dirGli una parola diretta ed esatta, chiamarLo veramente per Nome, chiamarLo Maestro, Pastore ed invocarLo quale Luce dell'anima e ripeterGli: Tu ci sei necessario, noi non possiamo fare a meno di Te, sei la nostra fortuna, la nostra gioia e felicità e speranza?
Ecco il senso del racconto evangelico. Bisogna che gli occhi della nostra anima siano rischiarati, come abbagliati da tanta luce e che la nostra anima prorompa nell'esclamazione di Pietro: 'Come è bello stare qui, davanti a Te, Signore, e conoscerTi ed amarTi!’ (4 aprile 1965).
Ho avuto modo di stare vicino a fratelli che avevano un solo desiderio nella vita: 'contemplare, stare con Gesù' ... e la loro vita sembrava una 'tenda', in cui vedevano e stavano con il Maestro.
Sono tanti, più di quello che pensiamo. Gente di tutte le età, che non possono fare a meno di visitare Gesù, capaci di ritagli nella giornata per 'stare con Gesù', per farsi rigenerare nella fede e nella gioia. Vivete, insomma, 'stando in casa con Gesù'.
Gente serena, buona, che nulla ha a che fare con le tende che gli uomini sanno moltiplicare nelle nostre piazze e che contengono amarezza e stordimento, ma nulla che sia respiro dell'animo.
Ci sono chiese aperte anche di notte per accogliere quanti vogliano stare con Gesù… e risulta che sono soprattutto i giovani a scegliere la notte per uscire dal chiasso del mondo e della vita, e gustare il silenzio con Gesù.
Ci sono anime consacrate che fanno della loro vita un continuo stare con Gesù: sono le 'adoratrici perpetue', che si danno il turno anche di notte per non lasciare mai solo Gesù.
Mia mamma, innamorata di Gesù, che aveva sempre sulle labbra e nel cuore, trovava sempre il tempo per il suo turno di adorazione durante la settimana e spesso affermava: 'Per me Gesù è la sola gioia piena della vita'. Sono uomini e donne 'tende di Gesù', che sanno ancora ricordarci che c'è Chi ci ama ed è prezioso ai nostri cuori.
Viene da ricordare un piccolo brano di passione di Paolo VI, che già vi ho donato (forse tante volte!), ma che sempre, ed oggi in particolare, mi pare essenziale - non ci si stanca mai di meditarlo e gustarlo per farlo diventare nostra esperienza -.
"O Gesù, nostro unico Mediatore, Tu ci sei necessario per venire in comunione con il Padre, per diventare con Te figli adottivi.
Tu ci sei necessario, o vero Maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere, il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla, per il concetto del bene e del male e la speranza della santità.
Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e dare ad essa un valore di redenzione.
Tu ci sei necessario, o Gesù, o Signore, o Dio con noi, per imparare l'amore vero, per camminare nella gioia e nella forza della Tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli".
Antonio Riboldi – Vescovo –
Nessun commento:
Posta un commento