giovedì 29 aprile 2010

Fratelli amatevi gli uni gli altri


Omelia del giorno 2 Maggio 2010

V Domenica di Pasqua (Anno C)

Fratelli amatevi gli uni gli altri

Credo sia bello ricordare a tutti i miei cari lettori, che con me seguono Gesù, guidati dalla Sua Parola, che il mese di Maggio si veste della dolcezza della devozione a Maria SS.ma, la Mamma che Gesù ci ha dato. Tutti ne sentiamo il fascino. Basta essere a Lourdes o Fatima in un pellegrinaggio, per commuoversi nel vedere come ci si affidi a Lei, tutti, a cominciare dai nostri fratelli infermi.

È davvero una grande commozione, non solo, ma è come se ci aprisse il cuore al desiderio del Cielo.

E tanti di noi portano con sé il S. Rosario, come compagnia della vita, contemplando la vita di Gesù e di Maria ogni giorno.

Nella grande processione della sera, con le lampade accese, al canto 'andrò a vederla un dì' nasce davvero il desiderio di uscire dalla tristezza della nostra ferialità, per andare con Lei nella gioia senza fine del Cielo. Nostalgia di Mamma.

Non lasciamola cadere nel vuoto questa nostalgia, ma conserviamola.

Così come è rassicurante scoprire che lì ci sentiamo 'una cosa sola' e ci si ama tanto, uniti dallo stesso amore a Dio e a Maria SS.ma. Ed è l'atteggiamento a cui ci esorta il Vangelo di oggi:

"Quando Giuda fu uscito dal cenacolo Gesù disse:

`Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in Lui.

Se Dio è stato glorificato in Lui, anche Dio Lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Fratelli, ancora un poco sono con voi. VI DO UN COMANDAMENTO NUOVO, CHE VI AMIATE GLI UNI GLI ALTRI, COME IO VI HO AMATO, COSÌ AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI. DA QUESTO SAPRANNO CHE SIETE MIEI DISCEPOLI, SE AVRETE AMORE GLI UNI PER GLI ALTRI". (Gv. 13, 31-35)

È il grande testamento che Gesù ha consegnato alla Chiesa; il comandamento che distingue il cristiano dal mondo dominato dalla superbia, che porta non solo a isolarci in noi stessi, a essere indifferenti verso chi ci sta vicino, come non esistesse, ma anche a fargli del male, per prevalere su di lui. E in questi modi non solo è come se si cancellasse la presenza del fratello, ma si rischia di cancellare l'amore di Dio.

La sentiamo tutti questa tristezza di vivere in una famiglia, in una società, come non vivessimo... quando per natura siamo portati a riconoscerci e fare dono del nostro amore sempre. È la grande tristezza del nostro tempo, così come vivere, sapendo di trovare in tutti amici pronti ad offrire, è dare alla vita quella gioia che è 'pane della vita'.

La scorsa domenica, se ricordate, Gesù, parlando soprattutto di noi sacerdoti, ma potremmo dire la stessa cosa di una mamma, di un papà, dei nonni, e di chi ha responsabilità. Portava l'esempio del buon pastore, che vigila con amore sul gregge, al punto che se una 'pecorella' si perde, non esita a mettersi alla ricerca, finchè la ritrova. E ritrovatala se la mette sulle spalle e invita a fare festa.

Così dovrebbe essere per tutti noi, qualunque sia il ruolo che copriamo, nei confronti di ogni nostro fratello. Ciò che fa strada nel cuore di tutti è l'amore che si dona. Come è stato per noi l'amore di mamma, papà, dei nostri sacerdoti, insegnanti, tutti.

C'era un tempo, di povertà, in cui regnava solidarietà, amicizia, aiuto vicendevole, ma molto di questi valori, sembra spazzato via dall'egoismo del benessere che, per fare posto nel cure a cose senza vita, non fa più posto all'amore. Peccato, perché ne soffriamo tutti.

Rimane lì, come regola fondamentale, il richiamo urgente di Gesù:

'AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI, COME 10 HO AMATO VOI".

Così Paolo VI rivolgeva un giorno le sue esortazioni, parlando in un 'oratorio':

"Grande voi lo sapete è la vostra missione - parlando ai sacerdoti. Voi avete la custodia del campo pastorale, più bello, più delicata, i giovani. Voi esercitate la funzione più assidua, più umana, più feconda del sacro ministero, quella pedagogica. Voi siete in contatto più continuo e più diretto con anime di cui potete avere tutta la filiale confidenza, la completa fiducia. Voi potete indovinare nell'istintiva sensibilità delle anime giovanili i problemi vivi e nuovi del nostro nuovo mondo moderno. Voi potete dare alla professione cristiana, nel cuore delle crescenti generazioni, un'espressione nuova, forte, autentica. Voi avete in mano l'avvenire delle famiglie, della parrocchia, della società. Potete fare del vostro ministero una palestra di esperienze spirituali, una rete di amicizie, un sacrificio giocondo. Voi siete Gesù fanciullo, Gesù adolescente, Gesù operaio, Gesù maestro, Gesù modello in mezzo alla nostra gente e alla gioventù.

Questo lo sapete. E sapete quanto la Chiesa attende da voi, energia mai stanca, letizia pura, lavoro indefesso, paziente, senza gloria e pieno di meriti.

Coraggio, quindi, mettete riflessione, mettete impegno, impegno, impegno."

Una delle mie preoccupazioni pastorali, sia come parroco nel Belice, sia come vescovo, era quella di amare con tutte le forze, non badando alle difficoltà, chi il Signore mi consegnava da amare.

Tanto che un giorno, ai fedeli che si chiedevano la ragione di quanto facevo, durante una Messa festiva, sentii il bisogno di esplicitarla: 'Tutto quello che faccio ha una sola ragione, quella di amarvi con tutte le forze, perché so che per noi sacerdoti, e potrei dire per tutti, per ciascuno di voi, il sale della gioia è l'amore'. Era come se avessi dato sfogo al cuore e mi venne da piangere, tanto che, non riuscendo a frenarmi, mi riaccompagnarono nella mia baracca.

Lo stesso mi fu chiesto da vescovo. Vedendomi impegnato con tutte le forze su tutti i fronti, compresa la guerra alla malavita, tanti si chiedevano la ragione: 'E' solo perché so che il cuore della gente si lascia condurre dall'amore e per noi pastori amare con tutte le forze, in nome e con la grazia di Dio, come fece Gesù, è la sola strada da percorrere'.

E non c'è opera più grande nelle famiglie, nelle parrocchie, nella società, che l'amore dato.

Così come nella Chiesa è il compito primario nella costruzione della comunità, come è descritto negli Atti degli Apostoli:

"Molti ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli Apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla mensa del Signore e pregavano insieme. Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli Apostoli. Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Lodavano Dio ed erano ben visti da tutta la gente. Di giorno in giorno il Signore faceva crescere il numero di quelli che giungevano alla salvezza". (At. 2, 42-46)

Paolo VI, reduce da un Congresso eucaristico, tenuto a Bombey, così proclamava l'urgenza del vivere come fratelli in comunità:

"Il progresso civile viene scoprendo come esigenza, come conquista, ciò che Cristo, fattosi uomo come noi e nostro Maestro, già .,ci aveva insegnato dalle pagine, ma non pienamente comprese, non ancora universalmente applicate, del Suo Vangelo: 'Voi siete tutti fratelli', cioè uguali, solidali, cioè obbligati a riconoscere che in ciascuno di voi è riflessa l'immagine dello stesso Padre celeste... Oggi la fratellanza si impone, l'amicizia è il principio di ogni moderna convivenza umana.

Invece dí vedere nel nostro simile l'estraneo, il rivale, l'antipatico, l'avversario, il nemico, dobbiamo abituarci a vedere l'uomo, che vuoi dire un essere pari al nostro, degno di rispetto, stima, assistenza, amore, come a noi stessi.

Ritorna a risuonare nel nostro spirito la stupenda parola di un santo dottore africano: 'che i confini dell'amico sì allarghino'. Bisogna che cadano le barriere dell'egoismo e che l'affermazione di legittimi interessi personali non sia mai offesa per gli altri".

Si dovrebbe a questo punto pregare e sognare che avvenga oggi quanto Giovanni l'apostolo scrive nell'Apocalisse: "Ecco la dimora di Dio tra gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà Dio-con-loro' e tergerà ogni lacrima dai loro occhi". (Apocalisse 21, 1-5) Ogni volta scrivo le riflessioni sul Vangelo, che poi arrivano a voi, ciò che mi anima e mi accompagna è il grande amore che vuole solo trasmettere Amore, quello di Dio, in modo che non vi sentiate soli. E i tanti 'grazie', che poi mi arrivano dalle vostre e-mail, sono un racconto di amicizia. Grazie a voi!

E con don Tonino Bello, prego che non siate mai vittime della solitudine, invocando la Madonna così: "Mettiti accanto a noi e ascoltaci, mentre confidiamo le nostre ansie quotidiane, che assillano la nostra vita moderna:

la paura di non farcela, la solitudine interiore, l'instabilità degli affetti,

l'educazione difficile dei figli, l'incomunicabilità persino con i più cari.

Ritorna, Maria, in mezzo a noi, e offri l'edizione aggiornata di quelle grandi virtù umane, che ti hanno resa grande agli occhi di Dio."

Antonio Riboldi – Vescovo

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