venerdì 4 dicembre 2009

Preparate la via al Signore


Omelia del giorno 6 Dicembre 2009

II Domenica di Avvento (Anno C)

Preparate la via del Signore

Viene subito da chiederci: ma la voce del profeta Giovanni o la voce della Chiesa, oggi, viene accolta? E sappiamo tutti come sia urgente 'raddrizzare i sentieri del Signore'.

È una felice consuetudine dei nostri Pontefici, a cominciare dal grande Giovanni Paolo II, percorrere, sulle orme di S. Paolo, tutte le vie del mondo, quasi volessero circondarlo di sciabolate di luce, condire i discorsi con vere catechesi o annunci, cercare i dibattiti con i giovani; e sono questi i momenti più esaltanti, forse anche più veri, almeno sul piano umano.

Amano tanto i giovani, lo sappiamo tutti e i giovani amano loro. Vi è una consonanza straordinaria tra le attese dei giovani, la loro innata voglia di verità e il desiderio di risposte autentiche, che è come se i giovani e il Papa si conoscessero da sempre.

Si lasciano tranquillamente interrogare, come del resto farebbero tutti i saggi maestri di vita: invitano, anzi, i giovani, a rompere l'oscurità e la nebbia che avvolge la speranza; e i giovani non esitano un istante a raccontare le difficoltà che incontrano, sperando di trovare nelle parole del Santo Padre un senso di orientamento che aiuti a continuare il cammino.

In uno di questi colloqui, a Torino, in occasione del centenario della morte di S. Giovanni Bosco, i giovani chiesero: 'Lei pensa che pace, sviluppo, solidarietà nel mondo siano solo ideali, ma irraggiungibili, o invece sono obiettivi concreti? E i giovani cosa possono fare?'.

La risposta fu veramente degna di Giovanni Paolo II, della sua grande fede, che si estendeva alla buona volontà di tanti giovani: 'Potete essere ciò che gli uomini attendono da voi, se vi decidete ad agire. Solo abbiate la purezza delle motivazioni, che vi rende trasparenti; il respiro della speranza, che vi fa costanti; l'umiltà della carità, che vi rende credibili. Oso dire che un giovane della vostra età, che non dia, in una forma o in un'altra, qualche servizio per i fratelli non può dirsi cristiano, perché sono tanti e tali le domande che nascono dai fratelli e dalle sorelle, che ci stanno attorno'.

Ed è così. Basta fare due passi tra le gente che riempie strade, case, negozi, per cogliere il senso di smarrimento, di solitudine, fino all'angoscia.

O basta una mattina scorrere le pagine di un giornale, per imbatterci in cronache o in analisi, che sembrano volerci costringere a mettere definitivamente nel regno delle utopie, ossia di realtà che non incontreremo mai, i desideri di civiltà o felicità.

E questo senso dí smarrimento non lo si prova solo osservando ciò che succede attorno a noi, ma a volte ancor più se guardiamo nel profondo della nostra vita.

A volte ci troviamo così confusi, anche noi avvolti nella nebbia, da girare per i vicoli della nostra vita quotidiana, non con il sorriso di chi cammina in piena luce, anche se si arranca sul Calvario, ma con la tensione di chi si sente fuori strada e teme di cadere in un burrone.

Dio conosce questa nostra infelicità o questa nostra incapacità di vivere serenamente, 'come un bimbo in braccio a sua madre'.

Pare di essere al momento della creazione, quando Dio disse ai nostri progenitori: 'Vuoi accogliere l'amore che ti dono e diventare simile a me? Vuoi condividere la mia vita?'. È la stessa domanda che ci fa oggi, a tutti. Ma l'uomo, tentato dalla superbia, che forse non sopportava e non sopporta di condividere la vita con Qualcuno, ma voleva e vuole 'essere qualcuno', disse e dice: no.

Testardi, come testarda è la superbia, che preferisce spaccarsi la testa contro il muro, piuttosto che spalancare gli occhi e il cuore sulla Luce. E la Luce c'è: è Dio che si è fatto UNO di NOI e vuole vivere con noi.

Di fronte a questo amore, che dal Cielo irrompe sulla terra, come se a Dio esplodesse il Cuore, così il profeta Baruc, oggi, ci esorta:.

"Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione, rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti il manto della giustizia di Dio, metti sul capo il diadema di gloria dell'Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore ad ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre 'Pace della giustizia e gloria della pietà. Vedi, i tuoi figli, riuniti da occidente ad oriente alla Parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te, ora Dio li riconduce. Poiché Dio ha stabilito di spianare ogni montagna e le rupi secolari, di colmare le valle e spianare la terra, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio" (Baruc. 5, 1-9).

Anche noi, oggi, in questo prezioso tempo di Avvento, che celebra il ritorno di Dio tra noi, cosa possiamo fare per spianare la strada a Dio?

Ci sentiamo dentro troppe montagne o troppi abissi e ci pare impossibile creare una `via piana' a Dio. È proprio così. Sono quei burroni che ci siamo scavati nel tempo, con le nostre ottusità e infedeltà, fino a rischiare che diventino abissi, che quando ti inghiottono difficilmente ti restituiscono alla vita. Sono quelle colline di piccole e grandi superbie, di cui abbiamo costellato la vita, facendone come una catena che imprigiona e non apre alla venuta del Signore.

L'ordine di Dio è di colmare burroni e spianare colline, fino a creare una grande strada su cui poter correre verso di Lui.

È possibile tutto ciò?

Ho sotto gli occhi una lettera di un mio grande amico. È uno che è stato tristemente famoso per le sue gesta: gesta spengono la speranza e portano la disperazione. Lo incontrai in carcere.

Ci teneva a dirmi che non si sentiva cristiano. Non riuscivo neppure a ribattere alle sue affermazioni, che arrivavano come schiaffi in faccia alla mia fierezza di esserlo.

Aveva un volto duro, scavato da un'esperienza amara, fatta forse per un amore sbagliato verso la società, più che per una reale cattiveria; una durezza che però non appariva nei suoi occhi, al contrario, esprimevano dolcezza. Si accorse della mia sofferenza non meritata e riparò raccontandomi del come stesse vivendo quel periodo. Dipingeva molto bene. Mi fece vedere un suo quadro, che dava esattamente la percezione di una vita 'in gabbia', ma anelante alla libertà.

Spiccava in primo piano una finestra con sbarre, in una forte tinta blu e sembrava l'urlo di disperazione del trovarsi dentro quella cella. 'Fuori', oltre le sbarre, una pianta ed un pastore, dipinti con colori tenui, dolcissimi, come sono quelli della libertà e più ancora quelli della salvezza, che Dio opera in noi. Si accorse del mio stupore e confermò la mia impressione. 'Lì - gli dissi - tra le sbarre ci sei tu che ti parli o vuoi parlarci. Ma quando sarai quel pastore tra mille colori di salvezza?'.

Non osai chiedergli se avesse mai alzato gli occhi al Cielo, che tra l'altro sapeva dipingere molto bene, un cielo privato di Dio.

Nacque tra noi una profonda amicizia. Quanti burroni doveva colmare questo mio amico. Ce la farà?'- mi chiedevo.

Si dette non solo alla pittura, ma cominciò a donare speranza ad altri, che erano come lui. E piano piano non si sentì più come uno che è dietro le sbarre ed ora 'è il pastore' che insegna e gode libertà. Il diaframma di quella sezione dipinta di blu (l'isolamento dipinto nel quadro) cominciò a cedere e così uno dopo l'altro, anche se lentamente, si aprirono dei varchi verso un cielo aperto e libero all'orizzonte. Ho visto il suo viso sollevarsi verso il Cielo stellato, dimenticato per troppi anni. Ora parla un altro linguaggio, come uno che ha demolito monti e colmato valli e sogna di avere una famiglia, figli e lavoro. Mi racconta che ad una mostra di pittura presentò il suo quadro e tanti tentarono di acquistarlo. Ma lui ha risposto a tutti: 'E' di Antonio vescovo'.

Mi pare adatta a lui e a tanti di noi, una preghiera detta da 'un pagliaccio':

"Signore, sono un fallito, però ti amo. Ti amo terribilmente, pazzamente, che è l'unica maniera che ho di amare, perché io sono un pagliaccio.

Sono vari anni che sto nelle Tue Mani e presto verrà il giorno che io volerò a Te,

La mia bisaccia è vuota, i miei fiori appassiti, mi consola la Tua tenerezza.

Sono davanti a Te come una brocca vuota e se vuoi però con questa creta puoi farne un'altra come a Te piace. Signore, accetta l'offerta di questa sera.

La mia vita come quella di un flauto è piena di buchi, ma prendila nelle Tue Mani divine.

Che la Tua musica passi attraverso me e sollevi i miei fratelli; sia per loro come un ritmo che accompagni il loro cammino, allegria semplice dei loro passi".

Verrebbe la voglia di pregare, perché in questo tempo di attesa del Natale, ci siano tanti di questi `pagliacci' e tra questi anche noi.

8 Dicembre - SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA

La Chiesa oggi, giustamente, fa grande festa per il Dono di Dio, che è Maria, concepita senza peccato originale, quindi purissima, perché era destinata ad accogliere nel suo seno il Figlio di Dio, Gesù. Quale dono e quale grazia: anche perché Maria non è solo la Mamma di Gesù, ma Gesù dalla croce ce l'ha donata come Mamma nostra.

Noi la salutiamo con il canto della Chiesa:

“O donna gloriosa, alta sopra le stelle,

tu nutri sul tuo seno il Dio che ti ha creata.

La gioia che Eva ci tolse, ci rendi nel tuo Figlio e dischiudi il cammino verso il Regno dei Cieli. Sei la via della pace, sei la porta regale; ti acclamino le genti redente dal Signore.

A Dio Padre sia lode, al Figlio e allo Spirito Santo, che ti hanno adornata di una veste di Grazia. Amen”.

Antonio Riboldi – Vescovo –

Nessun commento:

Posta un commento