sabato 12 dicembre 2009

Natale è vicino che cosa dobbiamo fare?

Omelia del giorno 13 Dicembre 2009

III Domenica di Avvento (Anno C)

Natale è vicino: che cosa dobbiamo fare?

Credo che tutti avvertiamo il particolare clima natalizio, che è attesa di 'novità', o di gioia, a seconda di come viviamo questo incredibile evento di Dio che viene a noi, come uno di noi, per farsi carico della nostra vita e trasformarla.

Davanti a questo Evento divino - non c'è altro aggettivo per definirne la sublimità - cosi, oggi, esprime la sua gioia il profeta Sofonìa: “Gioisci, figlia di Sion, esulta Israele, e rallegrati di tutto cuore, figli di Gerusalemme. Il Signore ha revocato la sua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. Il quel giorno si dirà a Gerusalemme: 'Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore potente'. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il Suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa” (Sof. 3, 14-18).

E Giovanni il Battista, nel deserto, suggerisce di attendere Gesù con parole chiare: mettere alle spalle gli sbagli, che ci separano da Dio.

Immagino con voi la scena descritta dal Vangelo di oggi. L'evangelista Luca la situa nel deserto, il luogo che Giovanni aveva scelto per annunciare la venuta del Messia, che avrebbe dato certamente una risposta alla domanda di salvezza dell'umanità: salvezza da sempre invocata, anche se non si sapeva dare un volto a questa ricerca, ed è forse così anche oggi.

Siamo come assediati, almeno in apparenza, da troppi fatti, che mettono in dubbio la stessa speranza e il desiderio di una possibile pace, giustizia e serenità.

`Non se ne può più' si sente affermare tante volte. E diventa nostra la preghiera del Salmo 62: "O Dio, Tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco; di Te ha sete l'anima mia; a Te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua".

Ma nel deserto non arrivano le voci scomposte del mondo: il deserto evangelico, per chi davvero ha sete di serenità, di gioia, di Dio, si riempie della Sua Presenza.

Ci andrà anche Gesù, e tante volte.

Il deserto è inospitale, eppure tanta gente di ogni condizione andava a vedere e sentire Giovanni, il Battista: gente andante - e forse è ancora così anche oggi, per tanti - che cerca la sorgente della vera acqua.

Giovanni, con la sua vita spoglia delle scorie del mondo, dava il senso della verità. Faceva venire la voglia di gettarsi a capofitto nel Giordano, per essere battezzati, in quello che era chiamato `battesimo di penitenza o conversione'.

A cercarlo, era - ed è forse anche oggi così gente semplice, comune, che, per entrare in una mentalità nuova, che onorasse la dignità della vita, riportasse la pace nel cuore, era disposta a cambiare vita.

Giovanni Battista dava consigli pratici, del tipo: 'chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha mangiato faccia altrettanto'. Oppure a quanti esigevano troppe tasse, per intascarne una parte, o facevano prestiti onerosi, come i pubblicani,: 'non esigete più di quanto è fissato'. Ai soldati, che praticavano il diritto alla razzia e al saccheggio nei territori occupati: ‘Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, ma contentatevi delle vostre paghe'.

Viene da pensare alla grande schiera dei nostri contemporanei, che vivono nella loro sicurezza senza condividere nulla con chi lotta per la sopravvivenza; alla spaventosa massa di criminali, che fanno dell'usura, della rapina o del furto, più o meno palese, più o meno coperto o a volte `legalizzato', la regola per 'far fortuna'. Magari tutti costoro ascoltassero Giovanni il Battista!

Tutti coloro che accorrevano da Giovanni, pensavano fosse lui il. Messia.

Il Vangelo di oggi ci aiuti a convertirci:

"Le folle interrogavano Giovanni, dicendo: 'Cosa dobbiamo fare? : Rispondeva: "Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha mangiato ne dia a chi non ne ha'.

Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: 'Maestro, che dobbiamo fare?'. Ed egli disse loro: 'Non esigete nulla di più di quanto è dovuto e fissato'.

Lo interrogavano anche alcuni soldati: 'E noi che dobbiamo fare?: Rispose: 'Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe'.

Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo. Giovanni rispose a tutti dicendo: lo vi battezzo in acqua, ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali; costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia, per raccogliere il frumento nel granaio, ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile'.

Con molte esortazioni annunziava al popolo la buona novella". (Lc. 5, 10-18)

Credo che anche a tutti noi, che seriamente ci prepariamo ad accogliere Dio, che sta venendo tra di noi, - anzi che attende già oggi alla porta di 'casa nostra' - riconoscendoci tutti peccatori, - speriamo non incalliti!- e conoscendo le nostre imperfezioni, venga spontanea la domanda: 'Ed io che cosa devo fare?'. Non penso vi sia qualcuno che si senta talmente santo, da non aver bisogno di porsi questa semplice, ma esigente, domanda: 'Cosa devo fare?'.

Allora era Giovanni che dava una risposta a chi si rivolgeva a lui, ad ogni categoria di persone. Oggi è il Vangelo che guida, sono certo, la nostra retta coscienza, a porci la domanda. Sarebbe davvero un grave danno per la nostra vita – quella dello spirito che conta davvero – se non ce la ponessimo, rimanendo dove siamo, senza tener conto di 'come siamo' agli occhi di Dio.

Tutti abbiamo bisogno di capire chi siamo, senza paura, con tanta fiducia, perché c'è Chi sa capire e, se incontra il nostro pentimento, è pronto a cancellare tutto, mettendoci le braccia al collo, come avvenne con il figlio prodigo.

Il Vangelo, continuando il racconto, narra che alcuni rimasero a vivere con Giovanni, altri se ne tornarono a casa propria – si spera diversi da prima - .

Capita a volte, a noi pastori di anime, di sentirci come Giovanni il Battista. É tanta la gente, di ogni tipo, giovani o adulti, che viene a volte a raccontarci la propria nausea per quello che sente dentro, per come vive. Gente disposta, per Grazia di Dio, spinta da Lui, a 'tuffarsi nel Giordano' per cambiare vita o almeno capire la ragione del grande, a volte insopportabile disagio della vita interiore, ma con la paura che nulla cambi. E da soli, davvero, si può fare poco... .ma sta venendo

Natale di Gesù, anzi, Gesù è già venuto, è tra noi, a darci la certezza che tutto può cambiare!

Un giorno vennero dei giovani e mi invitarono ad una manifestazione per la pace, in un grande centro, teatro di tradizionale violenza di ogni tipo, dagli omicidi alle estorsioni. C'era in tutti una gran voglia di occupare una volta per tutte quelle strade, che sembravano proibite alla libertà, al diritto della persona di vivere con dignità. Era uno schierarsi apertamente dalla parte dell'amore contro la violenza. Si partì in pochissimi. Ma, lentamente, la gente si fece vincere dal desiderio di essere persone vive, senza paura, forti del coraggio che viene dalla coscienza buona, che non tollera più offese alla propria dignità. Facile immaginare l'entusiasmo di quei. giovani. Durante la manifestazione, qualcuno mi fece una domanda simile a quella che ponevano a Giovanni: 'Padre, ed ora cambierà qualcosa nella nostra città?'. 'Siete davvero discepoli di Gesù?' - chiesi, lasciandoli un po' perplessi. Alla fine risposi: 'Se l'uomo, ogni uomo, non cambia interiormente - come `battezzati nel Giordano' dico oggi - può darsi che ottenga che questa criminalità oggi finisca, ma se l'uomo rimane quello che è, inginocchiato davanti al dio denaro e al dio potere, presto o tardi ne sorgeranno altri'.

Mi si fece vicina una ragazza, che chiese di poter camminare accanto a me_ Mi accorsi presto che era una tossicodipendente, ma il suo volto ispirava tanta tenerezza.

`Perché lo fai?' chiesi un poco ingenuamente, alludendo alla droga.

`Perché lo faccio? – mi rispose – perché è bello. Cosa mi avete insegnato voi preti di diversamente bello? Chi è mai Cristo, che voi dite essere la verità e la gioia? Se veramente è quello che voi dite che sia, perché non si fa vedere?'.

Uscivano domande ed imprecazioni a getto continuo, che erano urla di disperazione.

Faceva veramente compassione quel volto sfregiato dalla confusione e dal dolore. Non aveva vergogna di buttarmi in faccia il suo animo, che forse aveva sognato una vita bella e si era trovato, senza che lei ne sapesse spiegare il perché, in una palude, che non offriva uscite.

Urlava tanto da attirare l'attenzione dei vicini. Io non osavo neppure interrompere e mi lasciavo sommergere da tutta quella rabbia. 'Cosa posso fare?' furono le sue ultime parole - la stessa domanda rivolta al Battista.

Chinammo il capo tutti e due, come in cerca di risposte. Nel silenzio mi passavano davanti agli occhi tantissimi come lei, fino a confondermi.

Più tardi presi un foglio e scrissi questa preghiera:

`Signore, questa sera, non ho più voce, se non per dirti parole vuote: insegnami a pregare.

Signore, non so più trovare in questo mondo, pieno di voci che tradiscono, la voce che giunge a Te: insegnami a pregare. Signore, ora ti sto gridando che la mia vita e di tanti è cosi vuota di senso, che non vogliamo neppure credere che il vero senso della vita sei Tu: insegnami a pregare.

Signore, ci rimproveriamo che ormai siamo incapaci di amare ed intento non ci ricordiamo che ogni amore viene da Te: insegnami a pregare.

Signore, questa sera, vorrei farTi vedere a questa mia sorella, che è sfatta da una vita sbagliata e il mio volto è diventato un pezzo di ghiaccio per il dolore che vivo con lei: insegnami a pregare. Signore, sono confuso al punto che mi pare di vivere balbettando, non sapendo neppure più cosa dire: insegnami a pregare.

Signore, vorrei regalare a questa mia sorella e a tantissimi come lei, un sorriso che dica 'Dio ti ama teneramente come la pupilla dei Suoi occhi' ed invece ho gli occhi pieni di lacrime.' Le feci avere la preghiera. Quella ragazza, si chiamava Nadia, mi rispose:

`Le avevo chiesto di tenermi compagnia, perché mi sentivo insicura. Lei ha accettato di cuore ed io l'ho sommersa con la mia rabbia e con la voglia di uscire da questo tunnel. Le ho fatto tanto male?'. Incontrandola le diedi la risposta: 'Non importa, quello che conta è che tu ora abbia intravista la speranza'. Oggi Nadia è diversa, tutt'altra cosa. Per Nadia, quel giorno, è stato Natale.

Antonio Riboldi – Vescovo –

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