Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:38
Molti brani biblici risultano costruiti in maniera che taluni numeri ricorrano in maniera insistente e significativa.
Il
valore e il senso di tali numeri è stato da sempre oggetto di ricerca e
di approfondimento da parte della Chiesa, che attraverso l'ispirazione
donata dall'Autore dei sacri Libri, ha saputo trovare illuminanti
spiegazioni dei brani più difficili.
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:47
Tratto dal libro LA DOTTRINA CRISTIANA di s.Agostino
La penetrazione dei numeri utile per l'approfondimento della Scrittura.
16. 25. L'ignoranza dei numeri impedisce di comprendere molte cose
poste nella Scrittura in forma traslata o figurativa. Ad esempio, una
mente che io chiamerei nobile non può non rimanere sorpresa dal perché
mai Mosè, Elia e lo stesso nostro Signore abbiano digiunato quaranta
giorni 35. Questo fatto comporta un groviglio di simbologie che non si
scioglie se non mediante la conoscenza e la meditazione del numero in
parola, il quale contiene il dieci preso quattro volte, quasi che si sia
voluta inserire nel tempo la conoscenza di tutte le cose. Difatti il
corso del giorno e dell'anno si svolgono sulla base del numero quattro:
il giorno secondo frazioni orarie costituenti il mattino, il
mezzogiorno, la sera e la notte; l'anno, secondo i mesi, della
primavera, dell'estate, dell'autunno e dell'inverno. Orbene, noi, che
pur viviamo nel tempo, ci dobbiamo astenere, o con altro termine "
digiunare ", dai piaceri temporali in vista dell'eternità nella quale
vogliamo avere la vita. Anzi, dallo stesso fluire del tempo ci si offre
l'ammaestramento del disprezzo delle cose temporali e della brama delle
cose eterne. Quanto poi al numero dieci, esso a sua volta ci inculca
simbolicamente la conoscenza del Creatore e della creatura; l'essere
trino infatti è proprio del Creatore, mentre il sette indica la
creatura, a motivo della vita e del suo corpo. Nella vita infatti ci
sono tre elementi, per i quali ci si dice anche di amare Dio con tutto
il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente 36. Quanto poi al
corpo, vi appaiono manifestissimi i quattro elementi da cui risulta. In
questo numero dieci presentato a noi nella prospettiva temporale, mentre
lo si moltiplica per quattro, ci si dà l'ordine di vivere con castità e
continenza, segregati dai piaceri temporali, che sarebbe poi il
digiunare per quaranta giorni. A questo ci richiama la legge,
rappresentata dalla persona di Mosè, a questo i Profeti rappresentati da
Elia; a questo lo stesso nostro Signore, che, quasi ricevesse la
testimonianza dalla Legge e dai Profeti, là sul monte risplendette in
mezzo a loro di fronte ai tre discepoli che lo guardavano stupiti 37.
Successivamente si ricerca come dal numero quaranta si formi il
cinquanta, numero altamente sacro nella nostra religione a motivo della
Pentecoste 38. Questo numero moltiplicato per tre - a motivo dei tre
periodi: prima della legge, sotto la legge e sotto la grazia, o a motivo
del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo - con l'aggiunta
eminentissima, cioè, della stessa Trinità si riferisce al mistero della
Chiesa quando sarà perfettamente purificata. Si arriverà cioè a quei
centocinquantatré pesci, presi dalle reti gettate a destra nella pesca
dopo la risurrezione del Signore 39. Così in moltissime altre forme
numeriche certe misteriose rappresentazioni sono poste nelle sacre
Scritture, forme che rimangono inesplorate ai lettori a causa
dell'ignoranza dei numeri.
Nozioni di musica e comprensione della Scrittura.
16. 26. Non pochi contenuti impedisce e nasconde l'ignoranza di
certe realtà in campo musicale. Un tale, ad esempio, partendo dalla
differenza fra salterio e cetra, scoprì in maniera non bizzarra alcuni
simbolismi annessi alle cose. Così è del salterio a dieci corde 40. Non
scriteriatamente si cerca tra gli esperti se abbia una qualche esigenza
musicale che richieda un così elevato numero di corde, o, se non ce
l'ha, il numero di per se stesso debba essere preso piuttosto con valore
mistico. Il quale valore potrebbe derivare dal rapporto col decalogo
della legge - il cui numero, se si vogliono fare ricerche, non si deve
riferire ad altri all'infuori del Creatore e della creatura - o dal
numero dieci di per se stesso, come sopra è stato esposto. E poi c'è il
numero della durata della costruzione del tempio, riferito dal Vangelo
41, cioè il numero di quarantasei anni. Mi pare che abbia un non so che
di musicale, e, riferito all'edificio del corpo del Signore, in vista
del quale si fa menzione del tempio, esso costringe certi eretici a
confessare che il Figlio di Dio non si rivestì di un corpo fittizio ma
veramente umano. Effettivamente troviamo in parecchi passi delle sante
Scritture che il numero e la musica sono collocati in posizioni di
privilegio.
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:53
Leggendo il Salmo 143 s.Agostino interpreta anche la parola:
«Suonerò per te sull'arpa a dieci corde».
L'arpa
a dieci corde è per lui la legge compendiata nei dieci comandamenti. Ma
di queste dieci corde, di questi dieci comandamenti, dobbiamo trovare
la giusta chiave. E solo se queste dieci corde dei dieci comandamenti -
così dice Sant’Agostino - sono fatte vibrare dalla carità del cuore,
risuonano bene. La carità è la pienezza della legge. Chi vive i
comandamenti come dimensioni dell’unica carità, canta realmente il
«canto nuovo». La carità che ci unisce ai sentimenti di Cristo è il vero
«canto nuovo» dell’«uomo nuovo», capace di creare anche un «mondo
nuovo». Questo Salmo ci invita a cantare «sull’arpa a dieci corde» con
un nuovo cuore, a cantare con i sentimenti di Cristo, a vivere i dieci
comandamenti nella dimensione dell’amore, a contribuire così alla pace e
all’armonia del mondo (cfr Esposizioni sui Salmi, 143,16
Credente.
venerdì 23 aprile 2010 09:58
« ... E sulla sua testa una corona di dodici stelle »
(Ap 12, 1)
La corona è simbolo di trionfo, di vittoria, come si può vedere nel NT in genere[1] e nell'Apocalisse in specie[2]. Ė coerente con le altre allusioni alla vittoria del Risorto nel libro dell'Apocalisse e in questo capitolo.
La cifra "dodici" rievoca i dodici apostoli dell'agnello (Ap 21,11)
Il simbolismo delle dodici stelle si trova solo una volta nella Bibbia :
nel passo di Gen 37,9, ove Giuseppe narra al padre e ai fratelli di
aver visto in sogno il sole, la luna e undici stelle che si prostravano
davanti a lui ; il sole e la luna (come ben intende Giacobbe) rappresentavano il padre e la madre di Giuseppe, mentre le stelle erano figura dei suoi fratelli.
Quale potrebbe essere il senso di tale richiamo, qui, delle dodici tribù d'Israele?
La corona di dodici stelle designerebbe nella donna l'antico Israele ?
"La donna può designare l'Israele dei profeti che partorisce il Messia."[3] Ma la donna designa pure "Maria e la Chiesa" [4].
Difatti, è rivestita di sole (Ap 12, 1) un sole che nel contesto
dell'Apocalisse, si riferisce al Cristo Risorto (Ap 1, 16).
Occorre dunque considerare nella Donna l'antico Israele chi ha creduto nel Cristo, la Chiesa giudeo cristiana, uscita dalle dodici tribù ?
Tale
interpretazione è ancora troppo limitata : la donna è rivestita di
sole, il sole del Risorto che è nel mezzo delle sette Chiese, le quali
non sono unicamente giudeo cristiane (Ap 1-2). I figli
della donna sono quelli che custodiscono i comandi [greco: entolè"]
(Ap 12, 17), un'espressione che si ritrova esattamente in Ap 14, 12
dove designa credenti di tutte le nazioni (Ap 14, 6), e non unicamente i
144.000 venuti dal popolo ebreo (Ap 14, 1).
Occorre intendere che la Chiesa e Maria saranno incoronate dalle dodici tribù, cioè amate da tutto Israele?
Questa
visione non può corrispondere al tempo presente dell'autore. Ma la
luna è sotto i piedi della donna: la visione trascende i secoli.
Perciò, come san Paolo desidera che tutto Israele sia salvato e non
dubita che tale processo sia in corso (Rm 11, 26) parimenti l'autore
dell'Apocalisse può intravedere il giorno dove tutto Israele
"incoronerà" la Chiesa o Maria.
La corona di dodici stelle designerebbe la Chiesa e Maria compiendo le profezie del radunamento delle dodici tribù, (profezie riprese dal Cristo con un senso universale, per riunire tutti gli uomini)?
Questa
interpretazione inquadra bene con l'insieme del libro dell'Apocalisse
che non si interessa unicamente al destino di Gerusalemme, ma al
destino del mondo intero. Nel corpus di Giovanni, questa
interpretazione inquadra bene anche con Maria che, al calvario,
accoglie i figli di Dio che Gesù raduna tramite la sua morte in croce (Gv 11,51-52) - i figli di Dio che non sono più soltanto gli esiliati d'Israele ma tutti gli uomini, come abbiamo detto già.
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:38
La
Bibbia
usa moltissimo i numeri, oltre che per la quantità che indicano, anche
in un senso simbolico. Questo uso simbolico dei numeri ci descrive
delle qualità importanti di
Dio oppure della realtà umana. In particolare i libri della Bibbia di tipo
apocalittico usano molto il simbolismo numerico.
Ecco un elenco dei principali numeri usati in senso simbolico:
- 1: sta sovente ad indicare l'unicità di Dio. In mezzo a tanti popoli politeisti, il popolo ebraico afferma con forza l'unicità di Dio: cfr. Deuteronomio 6, 4.
- 3: enfasi.
- 4: è un simbolo cosmico. Ad esempio nell'Apocalisse
sono presentati quattro personaggi che governano il mondo simili,
rispettivamente, ad un leone, ad un vitello, ad un uomo e ad un'aquila:
cfr. Ap 4, 6-8.
Nella
tradizione ebraica è ampia la sapienza sui quattro elementi di cui se ne riportano tanto la simbologia tanto le corrispondenze nella
Creazione. Oltre allo
Zohar, il testo più importante che ne tratta l'argomentazione secondo l'interpretazione mistica ebraica è il
Sefer Yetzirah, la cui sapienza risale ad
Avraham; se ne discute anche in altri testi di
Qabbalah ed è oggetto di studio tra i principali del percorso esoterico ebraico definito
Ma'asse Bereshit, lo Studio dell'Opera della Creazione.
Si ritiene che il mondo sia stato creato con la
Torah le cui parole sono formate da
Lettere che, permutate, sono il riferimento della
Sapienza divina da cui sorse la parola di
Dio
al fine di creare ogni cosa esistente. Derivando dal significato delle
lettere la loro corrispondenza con le creature e le create è così
possibile avvicinarsi alla sapienza della Qabbalah che permette di
cogliere il significato segreto ad esse proprio.
Lo Zoahr
afferma che i quattro elementi fuoco, acqua, aria e terra corrispondono
ai quattro metalli: oro, rame, argento e ferro; un'ulteriore
corrispondenza è quella del Nord, del Sud, dell'Est e dell'Ovest. Dopo
averne descritto i rapporti, lo Zohar continua l'esposizione ammettendo
che, come si contano così 12 elementi, si possono contare 12 pietre
preziose corrispondenti alle
dodici tribù d'Israele, cosa confermata poi dagli
Urim e Tummim.
Secondo il
primo libro dei Re,
Elia sul
monte Oreb
| « [...]
entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli
disse: «Che fai qui, Elia?». [...] Gli fu detto: «Esci e fermati sul
monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un
vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce
davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci
fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto
ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu
il mormorio di un vento leggero. » (1Re 19, 9.11-12) | | |
Per l'
esegesi biblica di
Carlo Maria Martini,
| « Al versetto [11 e] 12 abbiamo i quattro segni: vento, terremoto, fuoco, mormorio di un vento leggero.
Non si dice che il Signore fosse in quest'ultimo ma si nega che fosse
nei primi tre. È un passo ricchissimo di simboli che rimandano a tante
altre pagine bibliche, un passo oscuro perché non riusciamo bene a
capirlo: Jahvé era o non era nel mormorio di un vento leggero? E perché
altrove, nella Scrittura, Dio è nel fuoco mentre qui non lo è?[6] » |
| |
Sempre per Martini,
| « Anche nel Nuovo Testamento troviamo i primi tre segni del racconto di Elia: "rombo, come di vento che si abbatte gagliardo", "lingue come di fuoco",[7] "quando ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò, e tutti furono pieni di Spirito santo".[8] Il vento, il fuoco, il terremoto sono simboli ben noti in tutta la Scrittura; hanno significato la presenza del Signore sul Sinai, nel cammino del deserto, e sono stati ripresi dai Salmi. Non troviamo però il vento leggero.[9] » |
| |
Ciò
significa che, tanto per l'ebraismo quanto per il cristianesimo, è
dubbio che le manifestazioni relative almeno ai primi tre dei quarto
elementi costituiscano una
teofania, sia per l'Elia sull'Oreb che per la
Pentecoste.
Apocalisse di Giovanni [modifica]
I 4 cavalieri dell'
Apocalisse si riferirebbero ai 4 elementi naturali.
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:45
Che significato ha il 40 nella Bibbia?
40 sono i giorni che Noè passò nell'arca.
40 sono gli anni a cui si sposò Isacco.
40 sono li anni che ebbe Mosè quando fuggì nel deserto per aver ucciso un egiziano.
40 sono gli anni passati da Mosè in questo deserto.
40 sono gli anni che Mosè con tutti gli Israeliti passarono nel deserto una volta usciti dall'Egitto.
40 sono gli anni del regno di Saul.
40 sono gli anni del regno di Davide
40 sono gli anni del regno di Salomone
40 sono giorni che Elia passò nel deserto durante la carestia
40 sono i giorni che passò Gesù nel deserto.
Spesso è associato al deserto.
Il Numero “QUARANTA” nella Bibbia
L’inizio della Quaresima mi fa riflettere sul numero 40, un numero
che ovviamente rappresenta la purificazione così come ricorda il libro
della Genesi quando racconta che il diluvio è durato quaranta giorni e
quaranta notti. (7,12), oppure, come dice Matteo al capitolo 4,2, quando
racconta del digiuno di Gesù nel deserto per altrettanti giorni ed
altrettante notti.
Che dire poi dei ricordi di san Paolo, quando, scrivendo ai
cristiani di Corinto, racconta loro di avere ricevuto 40 frustate dai
giudei. (2Cor. 11,26)
Nella Bibbia il numero 40, ovviamente col suo preciso significato
religioso, ricorre molte volte: Abramo implora Dio di salvare Sodoma se
vi avesse trovato almeno 40 giusti (ma dovette scendere a meno di dieci
che non furono trovati); e per salvarsi da Esaù dovette offrirgli 40
vacche. In Egitto, Giuseppe impiegò 40 giorni per imbalsamare il corpo
del padre; e usciti dall’Egitto, Mosè rimase sul Sinai per 40 giorni e
40 notti; e quando fu costruito il tabernacolo occorsero 40 basi
d’argento. Peggio se la videro gli esploratori della terra di Canaan
all’arrivo verso la terra promessa: impiegarono 40 giorni, durante i
quali se la spassarono, ma ebbero in cambio 40 anni di punizioni. Il
giudice Abdon ebbe 40 figli, e il filisteo perseverò nell’insistenza per
40 giorni, come ricorda Samuele (1 Sam. 17,14).
Anche il grande profeta Elia rimase sul monte Oreb per 40 giorni e
40 notti e Giona predicò la penitenza agli abitanti di Ninive per 40
giorni e fu ascoltato.
Quaresima dunque davvero 40 giorni (e 40 notti) di vera interiore
penitenza, un digiuno non semplicemente corporale ma soprattutto
spirituale.
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:50
Simbolismo
IL NUMERO 72 NELLA BIBBIA: Rappresenta il numero della terra.
· Secondo R. Allendy è “la differenziazione, 2, nelle serie
cosmiche, 70, producente l’estrema molteplicità degli aspetti, peraltro
solidali tra loro 7 + 2 = 9”. Esprimerebbe anche la solidarietà nella
molteplicità – 8x9 – indicante l’armonia e la reciprocità nelle
relazioni universali delle cose.
· Settantadue è considerato come nefasto negli apocrifi
dell’A.T. che parlano delle 72 morti – Testamento di Abramo – e delle 72
malattie – Vita di Adamo ed Eva.
Bibbia
· I 72 discepoli inviati da Gesù (Lc 10,1)
· I 70 anziani al seguito di Mosè che ricevettero
l’effusione dello spirito, più i 2 assenti che erano rimasti al campo,
Eldad e Medad (Nb 11,25-26)
· Le 72 razze nate da Noè. Sono enumerate al capitolo 10
della Genesi. Ci sono quindici discendenti da Japhet, trenta da Cam,
ventisette da Sem. La lista è arbitraria poiché i discendenti da Peleg
non sono contemplati e che i padri sono contabilizzati
contemporaneamente ai loro figli.
· Le 72 lingue confuse alla Torre di Babele.
Generale
· Secondo la Regola dell’Ordine del Santo Salvatore, data
dal Cristo a Santa Brigida di Svezia che visse dal 1303 al 1373, il
numero dei membri del convento non doveva superare 72; dovevano esserci
al massimo sessanta sorelle e non di più, accompagnate da quattro
diaconi ed otto laici.
· In numerose rivelazioni mistiche si tratta spesso dei
dodici Apostoli e dei 72 Discepoli degli ultimi tempi, che insegneranno,
predicheranno e guariranno e questo, in tutte le parti del mondo su
tutti i continenti.
· L’attuale ripartizione dell’Apocalisse è di 22 capitoli,
adottati dal XIII° secolo. Ma non sempre fu così. La più antica
divisione conosciuta del testo è quella del commentatore greco Andrea di
Cesarea – VI° secolo – in 72 capitoli. Per quanto fatta con sufficiente
esattezza questa strutturazione potrebbe facilmente essere ridotta a
70, mettendo nello stesso capitolo i numeri 60, 61 e 62 che
costituiscono un tutto, il Regno millenario. Andrea aveva voluto inoltre
raggruppare questi 72 capitoli tre a tre, in modo da ottenere 24
sezioni, corrispondenti ai 24 Anziani. Queste 24 sezioni erano del tutto
arbitrarie e dividevano i testi a sproposito. Menzioniamo per inciso
che il Codex Amiantinus ed il Codex Fuldensis dividono il libro
dell’Apocalisse in 25 capitoli e che alcuni manoscritti latini ne
trovano da 22 a 48.
· I 72 Anziani della sinagoga, secondo lo Zohar.
· Secondo le visioni di Anna Caterina Emmerich, dopo la sua
tentazione nel deserto, Gesù è servito da 12 angeli superiori e 72
angeli di rango minore.
·
Coordinatrice
venerdì 23 aprile 2010 14:51
Il numero 1000 nella Bibbia
[FILIPPA CASTRONOVO]
Che importanza hanno nella Bibbia le abbondanti valenze numeriche? Quale significato? Quali interpretazioni?
Nella Bibbia troviamo un uso abbondante dei numeri con significato
aritmetico o simbolico. Importanti sono ad esempio il numero 1, 3, 4,
7,12, 40, 1000 che hanno valore simbolico. Il numero mille ricorre un
centinaio di volte e ha dato adito alle più diverse interpretazioni.
Interroghiamo la Bibbia.
Il salmista considerando l'eternità di Dio così si esprime: "Ai
tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come
una veglia nella notte". Il numero mille esprime il tempo di Dio, la sua
eternità.
Il re Davide ricorda che l'Alleanza conclusa con Dio è una "parola
data per mille generazioni" (1Cr 16,25). Il numero 1000 indica il
popolo nella sua completezza e la sua durata illimitata, per la fedeltà
di Dio, all'Alleanza. "Sansone uccise mille filistei con la mascella
dell'asino" (Gdc 15,16): il numero mille esprime forza e capacità
eccezionali.
"Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni sono
come un giorno solo" (2Pt 3,8): il tempo di Dio non corrisponde al
nostro tempo; ha una sua propria pienezza e qualità che trascende la
nostra umana comprensione.
La citazione più difficile da interpretare è Ap 20,2-6. In questo
testo la duplice ricorrenza di mille "regnarono con Cristo per mille
anni" e "regneranno con lui per mille anni" è stata compresa in senso
reale cronologico - storico ed in senso simbolico. Nel primo caso -
interpretazione letterale - si tratta del movimento millenarista secondo
cui l'Angelo incatena Satana per mille anni. Cristo e i suoi santi
avrebbero un regno terreno per tutto questo tempo. Dopo questo periodo
verrà inaugurato il regno di Dio definitivamente, con la risurrezione,
il giudizio universale e la fine del mondo. Quest'interpretazione è,
però, frutto di una lettura fantasiosa dell'Apocalisse, e rivela sia una
scarsa capacità d'interpretare il linguaggio simbolico di questo libro,
sia un'incapacità di leggere la Bibbia nel suo insieme.
L'interpretazione simbolica comprende i mille anni come il tempo
della Chiesa, che si pone tra la prima venuta di Gesù e la fine nel
mondo. Durante questo tempo il credente, già fin d'ora, partecipa della
vittoria di Cristo. Il messaggio esprime la certezza che l'azione
negativa di Satana è limitata (in questo senso mille anni!) ed è
certamente destinata all'insuccesso. Il numero 1000 è, quindi, una cifra
di speranza e indica la presenza efficace di Dio e di Cristo nella
nostra storia.
Da sapere che
# L'ultimo libro della Bibbia, l'Apocalisse, nella chiesa
orientale è entrato nel canone solo nel settimo secolo proprio a causa
del "millenarismo" inteso in senso realistico e non simbolico.
Coordinatrice
sabato 10 settembre 2011 15:41
I 46 anni in cui fu edificato il tempio di Gerusalemme
Dall'omelia 10 a commento del Vangelo di Giovanni di s.Agostino
10. Allora
i Giudei intervennero e gli dissero: Che segno ci mostri per agire
così? Il Signore rispose: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo
farò risorgere. I Giudei dissero: Questo tempio fu costruito in quarantasei anni e tu lo farai risorgere in tre giorni (Gv 2, 18-20)? Essi
erano carne, e ragionavano secondo la sapienza della carne; mentre
Gesù parlava un linguaggio spirituale. Come potevano capire di quale
tempio intendeva parlare? Ma noi non dobbiamo cercare molto; ce lo ha
rivelato per mezzo dell'evangelista, ci ha detto di quale tempio
intendeva parlare. Distruggete - disse - questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Questo tempio - risposero - fu costruito in quarantasei anni e tu lo farai risorgere in tre giorni? Egli però - nota l'evangelista - parlava del tempio del suo corpo. Ora
sappiamo che il Signore risuscitò tre giorni dopo che fu messo a
morte. Questo adesso è noto a tutti noi; e se rimane oscuro ai Giudei è
perché stanno fuori, mentre per noi è chiaro, perché sappiamo in chi
abbiamo creduto. Noi stiamo per celebrare solennemente l'anniversario
della distruzione e della risurrezione di quel tempio, e vi esortiamo a
prepararvi adesso, quelli di voi che siete catecumeni, a ricevere la
grazia: è tempo ormai, è tempo di concepire ciò che allora dovrà
nascere. Dunque è cosa che sappiamo.
11.
Ma forse qualcuno di voi vorrà sapere se c'è qualche particolare
significato nel fatto che quel tempio fu costruito in quarantasei anni.
Molto ci sarebbe da dire a tal proposito: limitiamoci a ciò che può
essere brevemente spiegato e facilmente compreso. Se non sbaglio,
fratelli, proprio ieri dicevamo che Adamo era un solo uomo, ma che,
nello stesso tempo, è tutto il genere umano. Dicevamo proprio così, se
ben ricordate. Adamo fu, per così dire, frantumato, ed ora, dopo essere
stato disperso, viene raccolto e come fuso in uno mediante la società e
la concordia spirituale. Ora geme, quest'unico povero che è Adamo, ma è
rinnovato in Cristo, il quale è venuto senza peccato per distruggere
nella sua carne il peccato di Adamo, e per reintegrare in sé, novello
Adamo, l'immagine di Dio. Da Adamo proviene la carne di Cristo, da
Adamo il tempio che i Giudei distrussero e che il Signore fece
risorgere il terzo giorno. Infatti, egli risuscitò la sua carne; ciò
dimostra che era Dio, uguale al Padre. Fratelli miei, l'Apostolo parla
di colui che lo risuscitò da morte. Di chi parla? Del Padre: Si fece obbediente - dice - fino alla morte, e alla morte di croce; per questo Iddio lo risuscitò dai morti, e gli diede un nome che è sopra ogni nome (Fil 2, 8-9). Il Signore fu risuscitato ed esaltato. Chi lo risuscitò? Il Padre, al quale nei Salmi egli dice: Rialzami, ed io li ripagherò (Sal 40, 11). Fu
dunque il Padre che lo risuscitò? Non si risuscitò da solo? Ma c'è
qualcosa che il Padre fa senza il Verbo? qualcosa che fa senza il suo
Unigenito? Anche Cristo era Dio. Ascoltatelo: distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Ha
forse detto: Distruggete il tempio e il Padre in tre giorni lo farà
risorgere? Come è vero che quando il Padre risuscita anche il Figlio
risuscita, così è vero che quando il Figlio risuscita anche il Padre
risuscita; infatti, il Figlio ha dichiarato: Io e il Padre siamo una sola cosa (Gv 10, 30).
12.
Che significa il numero quarantasei? Vi ho già spiegato ieri che Adamo
è presente in tutto il mondo, come ce lo indicano le iniziali di
quattro parole greche. Scrivendo, infatti, in colonna queste quattro
parole, che sono i nomi delle quattro parti del mondo: oriente,
occidente, settentrione e mezzogiorno, cioè l'universo intero [per cui
il Signore dice che quando verrà a giudicare il mondo, raccoglierà i
suoi eletti dai quattro venti: cf. Mc 13, 27)], se scriviamo in greco
questi quattro nomi: , che significa oriente; , occidente; , settentrione; ,
mezzogiorno; dalle loro iniziali otteniamo il nome "Adam", Adamo. Vi
troviamo anche il numero quarantasei? Sì, perché la carne di Cristo
viene da Adamo. I greci scrivono i numeri servendosi delle lettere
dell'alfabeto, Alla nostra lettera "a" corrisponde nella loro lingua
"alfa", che vuol dire uno. Così alla "b" corrisponde "beta", che vuol
dire due; "gamma" vuol dire tre, "delta", quattro: a ogni lettera,
insomma, fanno corrispondere un numero. La lettera "m", che essi
chiamano "my", significa quaranta, che essi dicono "".
Considerate ora, le cifre relative alle lettere del nome "Adam", e
troverete il tempio costruito in quarantasei anni. In "Adam", infatti,
c'è alfa che è uno, c'è delta che è quattro, e fanno cinque; c'è un'altra volta alfa che è uno, e fanno sei; c'è infine my che
è quaranta, ed eccoci a quarantasei. Questa interpretazione fu già
data da altri prima di noi e a noi superiori, che scoprirono il numero
quarantasei nelle iniziali di Adamo. E siccome nostro Signore Gesù
Cristo prese il corpo da Adamo, ma senza ereditarne il peccato, per
questo prese da lui il tempio del corpo, ma non l'iniquità che dal
tempio doveva essere scacciata. I Giudei crocifissero proprio quella
carne che egli ereditò da Adamo (poiché Maria discende da Adamo, e la
carne del Signore deriva da Maria), ed egli avrebbe risuscitato proprio
quella carne che quelli stavano per uccidere sulla croce. I Giudei
distrussero il tempio che era stato costruito in quarantasei anni, e
Cristo in tre giorni lo risuscitò.
Coordinatrice
sabato 10 settembre 2011 15:52
Dall'omelia 122 di s.Agostino a commento del Vangelo di Giovanni
Significato del numero 153.
8.
Volendo esprimere la legge mediante un numero, qual è questo numero se
non dieci? Sappiamo con certezza che il Decalogo, cioè i dieci
comandamenti furono per la prima volta scritti col dito di Dio su due
tavole di pietra (cf. Dt 9, 10). Ma la legge, senza l'aiuto della
grazia, ci rende prevaricatori, e rimane lettera morta. E' per questo
che l'Apostolo dice: La lettera uccide, lo Spirito vivifica (2
Cor 3, 6). Si unisca dunque lo spirito alla lettera, affinché la
lettera non uccida coloro che non sono vivificati dallo spirito; ma
siccome per poter adempiere i comandamenti della legge, le nostre forze
non bastano, è necessario l'aiuto del Salvatore. Quando alla legge si
unisce la grazia, cioè quando alla lettera si unisce lo spirito, al
dieci si aggiunge il numero sette. Il numero sette, come attestano i
venerabili documenti della sacra Scrittura, è il simbolo dello Spirito
Santo. Infatti, la santità o santificazione è attribuita propriamente
allo Spirito Santo; per cui, anche se il Padre è spirito e il Figlio è
spirito (in quanto Dio è spirito: cf. Io 4, 24) ed anche se il Padre è
santo e il Figlio è santo, tuttavia lo Spirito di ambedue si chiama con
suo proprio nome Spirito Santo. E dov'è che per la prima volta nella
legge si parla di santificazione, se non a proposito del settimo giorno?
Dio infatti non santificò il primo giorno in cui creò la luce, né il
secondo in cui creò il firmamento, né il terzo in cui separò il mare
dalla terra e la terra produsse alberi e piante, né il quarto in cui
furono create le stelle, né il quinto in cui Dio fece gli animali che si
muovono nelle acque e che volano nell'aria, e neppure il sesto in cui
creò gli animali che popolano la terra e l'uomo stesso; santificò,
invece, il settimo giorno, in cui egli riposò dalle sue opere (cf. Gn 2,
3). Giustamente, quindi, il numero sette è il simbolo dello Spirito
Santo. Anche il profeta Isaia dice: Riposerà in lui lo Spirito di Dio; passando poi ad esaltarne l'attività e i suoi sette doni, dice: Spirito
di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà dello spirito del timore
di Dio (Is 11, 2-3). E nell'Apocalisse non si parla forse dei
sette spiriti di Dio (cf. Ap 3, 1), pur essendo unico e identico lo
Spirito che distribuisce i suoi doni a ciascuno come vuole (cf 1 Cor
12, 11)? Ma l'idea dei sette doni dell'unico Spirito è venuta dallo
stesso Spirito, che ha assistito lo scrittore sacro perché dicesse che
sette sono gli spiriti. Ora, se al numero dieci, proprio della legge,
aggiungiamo il numero sette, proprio dello Spirito Santo, abbiamo
diciassette. Se si scompone questo numero in tutti i numeri che lo
formano, e si sommano tutti questi numeri, si ha come risultato
centocinquantatré: se infatti a uno aggiungi due ottieni tre, se
aggiungi ancora tre e poi quattro ottieni dieci, se poi aggiungi tutti i
numeri che seguono fino al diciassette otterrai il risultato
sopraddetto; cioè se al dieci, che hai ottenuto sommando tutti i numeri
dall'uno al quattro, aggiungi il cinque, ottieni quindici; aggiungi
ancora sei e ottieni ventuno; aggiungi il sette e avrai ventotto; se al
ventotto aggiungi l'otto, il nove e il dieci, avrai cinquantacinque;
aggiungi ancora undici, dodici e tredici, e sei a novantuno; aggiungi
ancora quattordici, quindici e sedici, e avrai centotrentasei; e se a
questo numero aggiungi quello che resta, cioè quello che abbiamo
trovato all'inizio, il diciassette, avrai finalmente il numero dei
pesci che erano nella rete. Non si vuol dunque indicare, col
centocinquantatré, che tale è il numero dei santi che risorgeranno per
la vita eterna, ma le migliaia di santi partecipi della grazia dello
Spirito Santo. Questa grazia si accorda con la legge di Dio come con un
avversario, affinché la lettera non uccida ciò che lo Spirito
vivifica, e in tal modo, con l'aiuto dello Spirito, si possa compiere
ciò che per mezzo della lettera viene comandato, e sia perdonato quanto
non si riesce a compiere. Quanti partecipano di questa grazia sono
indicati da questo numero, cioè vengono rappresentati in figura. Questo
numero è, per di più, formato da tre volte il numero cinquanta con
l'aggiunta di tre, che significa il mistero della Trinità; il cinquanta
poi è formato da sette per sette più uno, dato che sette volte sette
fa quarantanove. Vi si aggiunge uno per indicare che è uno solo lo
Spirito che si manifesta attraverso l'operazione settenaria; e sappiamo
che lo Spirito Santo fu mandato sui discepoli, che lo aspettavano
secondo la promessa che loro era stata fatta, cinquanta giorni dopo la
risurrezione del Signore (cf. At 2, 2-4; 1, 4).
Coordinatrice
giovedì 26 gennaio 2012 08:45
Nell'intera Scrittura non cercate altro precetto e che nessuno venga ad ordinarvi altro fuorchè la carità.
Nei passi oscuri della Scrittura si cela la carità, nei passi chiari la carità diventa palese.
Se mai ti fosse palese, non potrebbe nutrirti; se mai fosse nascosta non t'invoglierebbe a scrutare.
di S. Agostino, dal libro IV del "De Trinitate":
::::::::::::::::::::::::::::::::::
4.
7. Questo rapporto del semplice al doppio ha la sua origine nel numero
tre. Uno più due fanno tre e la somma dei numeri di cui ho parlato dà
come totale sei: infatti uno più due, più tre, fanno sei. Il numero sei
si chiama perfetto perché si compone delle sue parti. Comprende in sé
le tre frazioni seguenti: la sesta parte, la terza parte, la metà, né
vi si può trovare un’altra frazione di valore determinato. Dunque la
sesta parte di sei equivale a uno, la terza a due, la metà a tre. Ora
uno più due, più tre, danno come totale sei. Tale perfezione è
sottolineata dalla Sacra Scrittura, soprattutto per il fatto che Dio in sei giorni ha compiuto la sua opera 64, e nel sesto giorno fu fatto l’uomo ad immagine di Dio 65. Inoltre nella sesta età del genere umano il Figlio di Dio venne 66 nel mondo e si fece Figlio dell’uomo per restaurarci ad immagine di Dio 67.
Noi ci troviamo ora in questa età, sia che si attribuiscano mille anni
ad ogni età, sia che ci si basi sui periodi veramente storici ed
insigni ricordati dalla Sacra Scrittura. La prima età va da Adamo a Noè
e la seconda fino ad Abramo. Poi, secondo la cronologia
dell’evangelista Matteo, da Abramo a Davide, da Davide fino alla deportazione in Babilonia 68,
e da questo avvenimento al parto della Vergine. Queste ultime tre età
unite alle due precedenti fanno cinque. Perciò la nascita di Cristo ha
inaugurato la sesta, quella in cui ci troviamo attualmente, e che
durerà fino alla fine sconosciuta dei tempi. Troviamo il numero sei con
il suo simbolismo storico, anche se con distribuzione tripartita
contiamo un periodo prima della Legge, un secondo sotto la Legge, un terzo sotto la grazia 69.
In quest’ultimo periodo riceviamo il sacramento della rigenerazione,
cosicché alla fine dei tempi, rinnovati totalmente dalla risurrezione
della stessa carne, saremo guariti da ogni malattia non solo dell’anima
ma anche del corpo 70.
Per questo si può vedere una figura della Chiesa in quella donna
guarita e raddrizzata dal Signore e che prima era stata curvata
dall’infermità sotto le catene di Satana 71. Di questi nemici occulti si lamenta la voce del Salmista: Hanno curvato la mia anima 72. Ora, erano diciotto anni che questa donna era ammalata e perciò tre volte sei anni 73.
D’altra parte il numero dei mesi di diciotto anni è eguale al cubo di
sei, cioè a sei moltiplicato per sei, moltiplicato ancora per sei.
Proprio prima di questo episodio il Vangelo parla di quell’albero di
fico la cui misera sterilità datava da tre anni. Il vignaiolo pregò di
lasciarlo ancora per quell’anno: se avesse dato frutto, bene,
altrimenti sarebbe stato tagliato 74.
Ora da una parte con i tre anni si ritrova la precedente distribuzione
tripartita, e dall’altra parte il numero di mesi di tre anni è uguale
al quadrato di sei, cioè sei per sei.
....
Per
quanto riguarda le ragioni per cui questi numeri sono ricordati nella
Sacra Scrittura, forse qualcuno ne scoprirà di preferibili alle mie, o
altrettanto probabili o anche più probabili di queste. In
ogni caso nessuno sarà così sciocco e di cattivo gusto da sostenere
che la loro presenza nella Sacra Scrittura è priva di importanza e che
la loro frequenza non è caratterizzata da intenzioni mistiche. Le
ragioni che da parte mia ho offerto le ho ricavate dall’autorità della
Chiesa, che ci hanno tramandato gli antichi, dalla testimonianza della
Scrittura, dalle leggi dei numeri e delle proporzioni. Ora contro
la ragione non andrà mai il buon senso, contro le Scritture il senso
cristiano, contro la Chiesa il senso della pace.
L'osservazione quindi dei dati numerici, presenti nella Scrittura veniva fatta sin dal sorgere della Chiesa.
Mentre
alcuni pretendono di aver scoperto chissà quali nuovi e mai conosciuti
misteri nascosti. Rivendicano una esclusiva che non hanno, anzi che a
volte forse usano per andare fuori strada. Mi riferisco a talune sette
esoteriste e neognostiche
Si
tratta solo di andare a rileggere gli scritti dei padri che
costituiscono una parte importante dell'immenso deposito conservato
dalla Chiesa.
Coordinatrice
venerdì 24 agosto 2012 15:10
PRIMA MOLTIPLICAZIONE
Mar 6,32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
34
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come
pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;
36 congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare».
37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.
40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
41
Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò
la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li
distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.
42 Tutti mangiarono e si sfamarono,
43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
45
Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra
riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.
46 Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare. | SECONDA MOLTIPLICAZIONE
Mar 8,1 In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro:
2 «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.
3 Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano».
4 Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?».
5 E domandò loro: «Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette».
6
Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette
pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li
distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.
7 Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.
8 Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.
9 Erano circa quattromila. E li congedò.
10 Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.
...
13 E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda.
14 Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo.
15 Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!».
16 E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane».
17
Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non
avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?
18 Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate,
19 quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici».
20 «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette».
21 E disse loro: «Non capite ancora?». |
Ad
un esame superficiale sembrerebbe che in questi due racconti viene
fatto un miracolo uguale all'altro ,che è quello di moltiplicare dei
pani. Ma le incalzanti domande rivolte da Cristo ai suoi discepoli
riguardanti il numero dei pezzi implicati nelle due diverse vicende e
riportate da Marco nei versi 19 e 20, ci obbligano a cercare di capire. E
cioè a sforzarci di scoprire cosa il Signore volesse suscitare nei
discepoli con quelle domande incentrate su dei numeri.
Coordinatrice
venerdì 24 agosto 2012 15:19
Dall'omelia 24 di s.Agostino a commento del Vangelo di Giovanni
4. Andrea dice: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma cos'è mai questo per tanta gente? Dopo
che Filippo, interpellato, aveva risposto che non sarebbero bastati
duecento denari di pane, per rifocillare una così grande folla, si è
scoperto che c'era un ragazzo con cinque pani d'orzo e due pesci. Disse
Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero,
dunque, gli uomini, in numero di quasi cinquemila. Gesù allora prese i
pani e, rese grazie, ordinò che i pani fossero spezzati e messi
davanti alla gente seduta. Non erano più cinque pani, ma quanti ne aveva
aggiunti il Signore che li aveva moltiplicati. E altrettanto fece coi pesci, finché ne vollero. Non soltanto quella folla fu saziata, ma avanzarono dei frammenti, che ordinò fossero raccolti perché non andassero perduti. E con i frammenti riempirono dodici ceste (Gv 6, 8-13).
[I cinque pani e i cinque libri di Mosè.]
5. Diremo
brevemente, perché dobbiamo correre. I cinque pani significano i cinque
libri di Mosè. Giustamente essi non sono di frumento, ma di orzo,
perché appartengono al Vecchio Testamento. Ora, voi sapete che l'orzo è
fatto in modo che con fatica si arriva al midollo, poiché il midollo è
ricoperto da un involucro di paglia così tenace e aderente che si fa
fatica a toglierlo. Così è la lettera del Vecchio Testamento: è avvolta
nell'involucro di significati materiali. Però se si arriva al midollo,
nutre e sazia. Un ragazzo portava cinque pani e due pesci. Vogliamo
domandarci chi era questo ragazzo? Probabilmente era il popolo
d'Israele, il quale portava i pani come un bambino, senza mangiarli. Le
cose che portava, chiuse erano un peso, e solo se scoperte nutrivano. I
due pesci, poi, mi sembra vogliano significare quei due sublimi
personaggi del Vecchio Testamento, che venivano unti per santificare e
reggere il popolo: cioè il sacerdote e il re. Finché avvolto nel
mistero, venne colui che era stato simboleggiato da quei due personaggi;
venne finalmente colui che era adombrato nel midollo dell'orzo e che si
nascondeva sotto la paglia di questo. Egli venne per riunire e
realizzare nella sua persona le due figure, quella del sacerdote e
quella del re: del sacerdote in quanto egli offrì se stesso come vittima
per noi a Dio, del re in quanto egli stesso ci regge. E così ci vengono
svelati i misteri che erano tenuti nascosti. Siano rese grazie a colui,
che in se stesso realizzò le promesse del Vecchio Testamento. Ordinò
che si spezzassero i pani; mentre questi venivano spezzati, si
moltiplicarono. Niente di più vero. Quanti libri infatti vengono fuori
da quei cinque libri di Mosè quando, come se si spezzassero, vengono
esposti e spiegati! L'involucro dell'orzo era simbolo dell'ignoranza che
avvolgeva il primo popolo. Di quel popolo è detto: Quando leggono Mosè, un velo ricopre il loro cuore (2 Cor 3, 15). Il
velo ancora non era stato tolto, perché ancora non era venuto Cristo: e
ancora non era stato squarciato il velo del tempio, come lo fu al
momento della crocifissione. Poiché dunque il popolo sotto la legge era
nell'ignoranza, il Signore volle mostrare l'ignoranza del suo discepolo,
mettendolo alla prova.
[Il midollo dell'orzo.]
6. Niente
è privo di significato, in ogni cosa c'è un riferimento; basta, però,
saperlo cogliere. Così il numero delle persone che furono saziate,
simboleggiava il popolo che viveva sotto il dominio della legge. Erano
cinquemila, proprio perché simboleggiavano coloro che stavano sotto la
legge, che si articola nei cinque libri di Mosè. Per la stessa ragione
gli infermi che giacevano sotto quei cinque portici, non riuscivano a
guarire. Ebbene, colui che guarì il paralitico (Gv 5, 2-9) è il medesimo
che qui nutre la folla con cinque pani. Il fatto che essi fossero
distesi sull'erba (Gv 6, 10), dice che possedevano una sapienza carnale e
in essa riposavano. Infatti tutta la carne è erba (cf. Is 40, 6). Che
significano poi i frammenti, se non ciò che il popolo non poté
mangiare? Ci sono segreti profondi che la massa non può comprendere. Che
resta da fare, allora, se non affidare questi segreti a coloro che sono
capaci d'insegnarli agli altri, come erano gli Apostoli? Ecco perché
furono riempite dodici ceste. Questo fatto è mirabile per la sua
grandezza, utile per il suo carattere spirituale. Quelli che erano
presenti si entusiasmarono, e noi, al sentirne parlare, rimaniamo
freddi. E' stato compiuto affinché quelli lo vedessero, ed è stato
scritto affinché noi lo ascoltassimo. Ciò che essi poterono vedere con
gli occhi, noi possiamo vederlo con la fede. Noi contempliamo
spiritualmente ciò che non abbiamo potuto vedere con gli occhi. Noi ci
troviamo in vantaggio rispetto a loro, perché per noi è stato detto: Beati quelli che non vedono e credono (Gv
20, 29). Aggiungo che forse a noi è concesso di capire ciò che quella
folla non riuscì a capire. Ci siamo così veramente saziati, in quanto
siamo riusciti ad arrivare al midollo dell'orzo.
Credente.
lunedì 3 settembre 2012 21:50
Nella prima
moltiplicazione notiamo che era da un giorno che la folla di 5000
persone stava ascoltando Gesù e il giorno stava ormai declinando. Nella
seconda moltiplicazione erano già trascorsi tre giorni e la folla era
costituita da 4000 persone venute anche da lontano. I pani erano sette e
non cinque come nella prima moltiplicazione.
Possiamo
vedere in quelle 4000 persone le moltitudini (simboleggiato dal numero
1000) che avrebbero "mangiato" i pani di Cristo, venendo a Lui dai 4
angoli della terra. 4 x 1000 = 4000.
A
questo punto è opportuno ricordare il caso di Giuseppe, ministro del
faraone d'Egitto che per disposizione della provvidenza, che prefigurava
Cristo stesso, dovette provvedere a sfamare i tanti popoli di tutta la
terra allora conosciuta. La dispensazione del frumento avvenne per SETTE
ANNI.
Nel caso
della seconda moltiplicazione da parte di Cristo, i pani non sono di
orzo come nella prima, ma di frumento, (un alimento che ha un
rivestimento più delicato dell'orzo) e sono proprio SETTE.
Possiamo
vedervi SETTE TEMPI, che sono quelli di tutta la storia umana, in cui
Cristo in modi diversi provvede a sfamare sia materialmente che
spiritualmente i popoli di tutta la terra.
Non
dobbiamo comunque dimenticare anche i 7 doni dello Spirito Santo che
Cristo avrebbe mandato o i 7 sacramenti che avrebbero corroborato i suoi
seguaci, e che potrebbero essere significati in quei sette pani.
Anche le sporte di pane avanzato, in questa seconda moltiplicazione sono SETTE.
Che senso potrebbe avere?
Nell'apocalisse
troviamo menzionate SETTE CHIESE che possono significare le diverse
specie di fedeli presenti in tutto il mondo ma anche i seguaci di Cristo
dei SETTE TEMPI, le quali avrebbero saputo custodire quanto le
moltitudini dei vari popoli non avrebbero saputo accogliere e
metabolizzare dei "pani" dati dal Signore.
Poi il Vangelo di Marco continua:
14
Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano
con sé sulla barca che un pane solo. 15 Allora egli li ammoniva dicendo:
«Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di
Erode!».
16 E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane».
17 Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane?
Sembra
esserci una contraddizione sul fatto che l'evangelista riferisca che
sulla barca i discepoli avevano UN PANE SOLO, e poi che i discepoli
dicano: NON ABBIAMO PANE.
Si
potrebbe a prima vista pensare che essi non dessero importanza a
quell'UNICO PANE che avevano con se e che per loro era come se non ci
fosse proprio nulla. Possiamo pensare però che l'evangelista riferisca
che quell'unico Pane fosse in realtà Cristo stesso, e i discepoli che
non vedevano in Lui ancora il Pane che stava realmente nutrendo le folle
ritengono di non avere nessun pane con loro.
Cristo,
quindi, suscitando le risposte precise sulla quantità di pani, di
sporte avanzate, di numero di persone presenti ai due miracoli, non si
preoccupa solo di insegnare che bisognava guardarsi dalla dottrina
farisaica, ma soprattutto di far comprendere che Egli, come prefigurato
da Mosè, è il dispensatore della vera Manna nel DESERTO, e come
prefigurato da Giuseppe, è il vero Amministratore dell'alimento che può
nutrire tutti i tempi passati e futuri.
Credente.
lunedì 3 settembre 2012 23:47
Cerchiamo di comprendere, per quanto ci è
possibile, nella narrazione della seconda moltiplicazione narrata in
modo incalzante da Marco, il significato dei TRE GIORNI che la folla
stava seguendo Gesù fino all'estremo ed a digiuno.
Dice Marco:
Mar 8,2 «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.>>
Questa
circostanza potrebbe avere una sua valenza considerando anche altre
ricorrenze in cui troviamo implicato questo numero di TRE come ad
esempio:
Mat 12,40 Come infatti Giona
rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio
dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Mat 13,33 Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Mat
26,61 Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha
dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».
Giov 2,1 Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.
Lu 2,46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.
Lu 13,7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
Lu 13,21 È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata».
Lu 24,21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
TRE sono i tempi di attesa concessi al fico perchè portasse il suo frutto.
Tre sono le staia di farina in cui c'è il lievito per far fermentare la pasta
Tre
sono i giorni della scomparsa di Gesù dalla scena, quando aveva dodici
anni e poi dopo la sua crocifissione, quando riappare risorto.
In
questi versetti il TRE appare come un numero di intervallo tra la sua
scomparsa (fatto di digiuno e di solitudine) e la sua manifestazione e
che potrebbe alludere ai tempi che intercorrono tra la venuta terrena di
Gesù e il suo ritorno glorioso.
TRE
potrebbero essere i tempi di attesa messianica prima che il Signore si
manifesti nella sua gloria e termini il tempo della fame del gregge che
viene sfamato dal suo Pastore.
Se un giorno stesse a
significare mille anni, la manifestazione gloriosa di Cristo potrebbe
avvenire all'alba del terzo millennio, come all'alba del terzo giorno
dopo la sua morte Egli risuscitò da morte, secondo le profezie che Egli
stesso fece a suo riguardo e che potrebbero prefigurare anche i "giorni"
della sua scomparsa dopo l'ascenzione, in cui la Chiesa e il mondo
attendono il suo ritorno per essere rifocillati e saziati dalla sua
definitiva Presenza.
Credente.
sabato 15 settembre 2012 13:55
Credente.
sabato 15 settembre 2012 15:00
Credente.
mercoledì 22 gennaio 2014 18:01
Il numero SETTE nella Bibbia
dal libro di Karl Sabiers “
Nuove Straordinarie Scoperte” – Ediz. ERA.
Il numero
sette (
7) compare in modo sorprendente in tutti libri della Bibbia.
Per chi crede potrebbe essere una naturale "
conferma", per chi non crede solo una banale "
curiosità",
ma tutti saranno senz'altro sorpresi dalle tante e straordinarie
coincidenze che si nascondono nei sacri testi, sia in quelli del Vecchio
Testamento che in quelli del Nuovo Testamento.
Il numero sette è decisamente importante nella Bibbia, un libro che senz'altro possiamo definire "
ispirato", scritto in ben
1.600 anni di storia dell'Umanità (dalla Genesi all'Apocalisse di San Giovanni).
Il numero sette è straordinariamente presente nei testi nonostante
tutti questi secoli, esso è il simbolo di Dio e della Sua perfezione e
completezza.
Fin dal racconto della
creazione con cui si apre il Sacro Libro, si nota come il settimo giorno
di riposo, carico della benedizione divina, sia dato come un sigillo
alla creazione stessa.
In Egitto vi furono, al tempo di Giuseppe, sette anni di abbondanza, seguiti da sette anni di carestia.Quando
Gerico fu conquistata dagli Israeliti, dopo l’esodo, il popolo e sette
sacerdoti, che portavano sette trombe, marciarono intorno alla città per
sette giorni consecutivi; il settimo giorno marciarono intorno alla città per sette volte. Ogni sette anni la terra in Palestina non doveva essere coltivata (il settimo anno era chiamato appunto “
anno sabatico” perché la terra veniva fatta riposare) e, dopo sette cicli di sette anni, il cinquantesimo anno era un giubileo.
Naaman,
generale del re di Siria, che andò a consultare il profeta Eliseo a
causa del fatto che era malato di lebbra, fu da questi mandato a
bagnarsi nel fiume Giordano per sette volte. Salomone impiegò sette anni
a costruire il tempio all’Eterno e, alla sua inaugurazione, indisse una
festa che durò sette giorni.
Nell’ultimo
libro della Bibbia, l’Apocalisse, tutto si svolge attorno a questo
numero: sette chiese, sette candelabri, sette suggelli, sette trombe,
sette coppe, sette stelle, sette spiriti... Il numero stesso
dell’Anticristo, 666, ricorda al lettore, per contrasto, l’importanza
della firma divina: dove essa è assente vi è il massimo
dell’imperfezione (il 6 ricorda i giorni della creazione senza la benedizione di Dioavvenuta nel settimo giorno).
E’
dunque universalmente riconosciuto che il numero sette ricorre nella
Bibbia in modo del tutto particolare e più frequentemente di ogni altro
numero.
SETTENARI NEL VANGELO di GIOVANNI:
Nella
prima parte del Vangelo di Giovanni sono descritti sette giorni di una
prima settimana dell'inizio dell'attività di Cristo nel mondo che fa da
parallelo ai sette giorni della creazione.
Ecco quali atti sono enumerati:
1) Gesù si lascia battezzare nell'acqua (1,19-28)
2) Gesù riceve dal Battista il riconoscimento di essere l'Agnello di Dio (1,29-34)
3) Gesù chiama Andrea ed è seguito da due discepoli di Giovanni (1,35-39)
4) Gesù chiama Simone e gli da l'appellativo di Pietro (Kefa) (1,40-42)
5) Gesù chiama Filippo a seguirlo. (1,43-46)
6) Gesù incontra e chiama Natanaele (1,47-51)
7) Al settimo giorno narrato, Gesù
partecipa alle nozze di Cana e muta in vino le sei idrie di acqua
riempite dai servi per trasformarlo in vino eccellente per la festa
nuziale che conclude questo settenario. (potrebbe alludere ai sei giorni
del lavoro umano nel mondo, coronato dalla benedizione di Dio nella
festa del cielo nel giorno senza tramonto)
7 MIRACOLI NARRATI DA GIOVANNI
«
I
7 miracoli di Gesù, scelti e riportati da San Giovanni nel suo Vangelo,
rappresentano le 7 tappe di un cammino iniziatico dell’uomo verso Dio;
un insegnamento di Cristo, ricevuto direttamente da San Giovanni, “il
discepolo che Gesù amava”».
Ed è così, seguendo ciascuna tappa simbolicamente
rappresentata da ciascuno dei miracoli, che Philippe Plet struttura la
sua opera. E il lettore capirà ben presto che ciascun miracolo (da Cana
fino alla risurrezione di Lazzaro, passando per la guarigione del
paralitico o il cammino sulle acque...) è un nuovo appello all’anima da
parte di Dio. L’autore ci spiega così che il credente (primo ciclo,
costituito dai primi 3 miracoli) è chiamato ad essere un discepolo del
Signore (secondo ciclo, costituito dai tre miracoli seguenti), per
diventare infine l’amico di Dio (è il terzo ciclo, costituito dal
settimo ed ultimo miracolo: la resurrezione di Lazzaro, l’amico di
Gesù).
Il Vangelo di Giovanni assegna un grande ruolo ai simboli: la luce,
le tenebre, l’acqua, il pane, la vigna... È questa constatazione ad aver
portato l’autore a ritenere che il pensiero simbolico dell’evangelista
poteva condurre ancora più lontano: fino a strutturare in un percorso di
fede l’insieme dei racconti dei primi dodici capitoli.
I sette segreti di San Giovanni sono una progressione molto pedagogica
del credente nella sua ascensione verso la vetta suprema: essere l’amico
di Dio.
Una nuova prospettiva
Il tema fondamentale dei quattro vangeli è quello della fede in Gesù
Cristo. Però Giovanni è attento alle differenti età della fede,
sottolineando le differenze tra i primi anni e gli ultimi; anche se si
tratta pur sempre della stessa fede.
Sette miracoli strutturano dunque simbolicamente le sette parti
distinte da Giovanni: l’acqua cambiata in vino alle nozze di Cana (Gv
2,1-12), la guarigione del figlio del funzionario del re (Gv 4,46-54);
la guarigione del paralitico della piscina (Gv 5,1-18); la
moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-15), il cammino sulle acque (Gv
6,16-21); la guarigioni del cieco nato (Gv 9,1-38) ed infine la
risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-44). In apparenza, niente sembrerebbe
collegare questi miracoli in modo particolare, e ciononostante la loro
realtà simbolica ne fa, di fatto, un insieme coerente.
Primo segno: l’alleanza iniziale.
Gesù chiama l’anima alla sequela, comunicando una soave ebbrezza al cuore del credente.
La fede ha sempre un punto di partenza. Anche per coloro che furono
battezzati subito appena nati, arriva un età in cui la fede diventa un
atto libero e significativo. Le nozze di Cana rappresentano
simbolicamente questa prima chiamata, dove l’uomo diventa un credente.
Egli prende coscienza che Dio esiste veramente, che è il «vivente» e che
desidera manifestarsi alle anime. La dolcezza del vino nuovo di Cana è
un’evocazione della dolcezza di questa prima esperienza di Dio.
Secondo segno: l’apprendistato dell’umiltà.
Gesù insegna all’anima a ricevere i doni gratuiti di Dio senza esigerli.
Il credente deve procedere verso le prime attuazioni della sua fede.
Deve imparare a entrare in relazione con Dio secondo la maniera che
conviene a Dio. Inquieto per la vita del suo bambino malato, l’ufficiale
fa pressione su Gesù per accompagnarlo da lui, prima ancora di sapere
come il Signore intenda intervenire. Tale è la lezione che Gesù dà
all’ufficiale del re. Egli non deve considerare Dio a suo servizio; deve
al contrario lasciarsi condurre da Dio in totale confidenza.
Terso segno: la guarigione della volontà.
Gesù guarisce l’anima paralizzata dalla sua troppa dipendenza dal mondo. La fede riposa ormai sull’autorità (la forza) di Dio.
Il paralitico della piscina giaceva in questo stato da più di 38
anni. Ha fatto quello che era a lui possibile, secondo le sue forze, per
dimorare nella fede. Ma gli manca la forza che viene da Dio, che non ha
saputo accogliere. Ha infine mancato di confidenza, si è lasciato
troppo influenzare dalle realtà terrene del quotidiano. Pertanto, la sua
speranza non è morta. È il momento che sceglie Gesù per rivelarsi a lui
e dargli così quella forza che gli mancava per poter vivere la sua
fede. Si tratta della guarigione della volontà.
Questo terzo segno rappresenta dunque la maturità della fede.
Quarto segno: il nutrimento dall’altro.
Gesù introduce l’anima nella vita contemplativa.
La moltiplicazione dei pani è un segno di tipo «eucaristico». Questo
miracolo rappresenta l’accesso ad una comprensione nuova di Dio: Dio
come sorgente di vita. Come Cana, questo segno è una chiamata; ma si
tratta ora di fare un salto nella fede, che coinvolge il credente in
modo determinante. Gesù gli chiede di diventare un «discepolo», cioè di
consacrare la sua vita a Dio. L’anima riceve l’invito, senza giungere
ancora a rispondervi positivamente, come è normale.
Quinto segno: uscire dall’Egitto.
Gesù mostra la necessità di liberarsi dalle acque del mondo e dalle sue preoccupazioni.
Gesù che cammina sulle acque dona ai suoi discepoli l’esempio del
modo di comportarsi d’ora in poi con il mondo presente. Il pane di vita
offerto nel segno precedente dona ora la capacità di camminare sul mare
mosso delle contraddizioni umane, dei conflitti e dei limiti
invalicabili. Dio conosciuto come sorgente della vita porta a compimento
l’anima e le comunica una libertà nuova. Pertanto, i discepoli sono
spaventati da questa prospettiva. Al segno seguente permetterà al
credente di diventare un vero discepolo di Gesù.
Sesto segno : vedere ciò che è stato nascosto.
Gesù guarisce l’anima dalla cecità spirituale che le impediva di riconoscere la lotta della luce con le tenebre.
La guarigione del cieco nato raffigura la guarigione degli occhi
dell’anima. Gli occhi del credente si aprono sul mistero della lotta tra
la luce e le tenebre. Esiste davvero nel mondo un vera «potenza del
rifiuto» della verità! La sua ricerca della verità trascina il cieco
nato a prender progressivamente le difese di Gesù. I farisei finiscono
per considerarlo un discepolo di Gesù, e l’escludono dalla sinagoga. Il
cieco nato cammina ormai con i suoi occhi: è divenuto un vero discepolo
del Signore.
Settimo segno: risuscitare a vita nuova.
Il credente accede ad un amore che gli permette di superare i propri limiti creaturali. È la nascita in Dio nella fede.
La risurrezione di Lazzaro rappresenta l’ultima tappa dell’itinerario
della fede: la morte a se stessi in vista di una vita nuova in Dio.
Lazzaro, l’amico di Gesù, è l’immagine del discepolo che accede
all’intimità del Signore. Diviene un amico di Dio! Questa tappa della
fede è dominata dal tema dell’imminenza della Passione di Cristo. La
Spiritualità della Passione si radica dentro l’anima del credente,
ammesso a partecipare anche lui alla redenzione del mondo. I farisei e i
sommi sacerdoti decidono di uccidere anche Lazzaro. Il destino del
credente diviene allora quello stesso di Gesù!
Nel Vangelo di Giovanni si trovano menzionati
sette “Io Sono” seguiti da un predicato:
1° “il pane della vita” (6:35, 41, 48, 51);
2° “la luce del mondo” (8:12; 9:5);
3° “la porta” (10:7, 9);
4° “il buon pastore” (10:11,14);
5° “la risurrezione e la vita” (11:25);
6° “la via, la verità e la vita” (14:6);
7° “la vite” (15:1, 5).
e sette asserti: “Io Sono” privi di predicato:
4:26; 6:20; 8:24, 28, 58; 13:19; 18:5, 8. L’ultimo è una ripetizione.
LA GRANDE SETTIMANA DI PASQUA
Nei capitoli dal 12 al 19 vengono descritti i sei giorni finali dell'attività terrena di Gesù che si snodano in quest'ordine:
viaggio verso Betania,
cena in casa di Lazzaro
l'unzione
ingresso osannante a Gerusalemme
la lavanda dei piedi dei discepoli
l'angoscia dell'orto degli ulivi
la passione e morte
Resurrezione
di Gesù al settimo giorno della settimana finale che fa da parallelo
al settimo giorno della prima settimana con la festa nuziale di Cana e
al settimo segno miracoloso della resurrezione di Lazzaro.
Credente.
mercoledì 22 gennaio 2014 18:18
SETTENARI NEI VANGELI SINOTTICI
LE SETTE DOMANDE DEL«PADRE NOSTRO»
DAL CATECHISMO
2803 Dopo averci messo alla
presenza di Dio nostro Padre per adorarlo, amarlo, benedirlo, lo Spirito
filiale fa salire dai nostri cuori sette domande, sette benedizioni. Le
prime tre, più teologali, ci attirano verso la gloria del Padre, le
ultime quattro, come altrettante vie verso di lui, offrono alla sua
grazia la nostra miseria. « L'abisso chiama l'abisso » (Sal 42,8).
2804 Il primo gruppo di domande ci porta verso di lui, a lui: il tuo nome, il tuo regno, la tua volontà!
È proprio dell'amore pensare innanzi tutto a colui che si ama. In
ognuna di queste tre petizioni noi non « ci » nominiamo, ma siamo presi
dal « desiderio ardente », dall'« angoscia » stessa del Figlio diletto
per la gloria del Padre suo.55 « Sia santificato [...]. Venga
[...]. Sia fatta... »: queste tre suppliche sono già esaudite nel
sacrificio di Cristo Salvatore, ma sono ora rivolte, nella speranza,
verso il compimento finale, in quanto Dio non è ancora tutto in tutti.56
2805 Il secondo gruppo di domande si
snoda con il movimento di certe epiclesi eucaristiche: è offerta delle
nostre attese e attira lo sguardo del Padre delle misericordie. Sale da
noi e ci riguarda, adesso, in questo mondo: « Dacci [...]; rimetti a noi [...]; non ci indurre [...]; liberaci ».
La quarta e la quinta domanda riguardano la nostra vita in quanto tale,
sia per sostenerla con il nutrimento, sia per guarirla dal peccato; le
ultime due riguardano il nostro combattimento per la vittoria della
vita, lo stesso combattimento della preghiera.
2806 Attraverso le prime tre domande
veniamo rafforzati nella fede, colmati di speranza e infiammati di
carità. Creature e ancora peccatori, dobbiamo supplicare per noi, quel «
noi » a misura del mondo e della storia, che offriamo all'amore senza
misura del nostro Dio. Infatti è per mezzo del nome del suo Cristo e
mediante il regno del suo Santo Spirito che il Padre nostro realizza il
suo disegno di salvezza per noi e per il mondo intero.
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Credente.
venerdì 5 dicembre 2014 17:34
Le sei anfore, contenenti da due a tre metrete e che i servi riempirono d'acqua:
Gv 2,6 C'erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato
per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre
misure.
dal commento di s.Agostino al Vangelo di Giovanni (omelia 9)
[Sei epoche.]
10. Rifacendoci alle origini dell'umanità, troviamo Adamo ed Eva
progenitori, non solo dei Giudei, ma di tutte le genti. E tutto ciò che
in Adamo era figura di Cristo, aveva altresì riferimento a tutte le
genti, che in Cristo soltanto ottengono la salvezza. Ora, che cosa posso
dire di meglio a proposito dell'acqua della prima anfora, di quanto ha
detto l'Apostolo circa Adamo ed Eva? Nessuno mi dirà che ho capito male,
dal momento che riferisco non il mio, ma il pensiero dell'Apostolo.
Quale grande mistero, in riferimento a Cristo, contiene dunque
quell'unità che l'Apostolo sottolinea, quando dice: Saranno due in una
carne; grande è questo mistero! E affinché nessuno riferisse questo
grande mistero a tutti quelli che hanno moglie, l'Apostolo precisa: Io
dico questo in riferimento al Cristo e alla Chiesa (Ef 5, 31-32). In che
cosa consiste questo grande mistero: i due saranno una carne? Il libro
del Genesi, parlando di Adamo ed Eva, esce in questa affermazione:
L'uomo perciò lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie e i
due saranno una sola carne (Gn 2, 24). Ora, se Cristo si unì alla
Chiesa sì da essere i due una sola carne, in che senso si può dire che
egli lasciò il Padre e la madre? Lasciò il Padre, perché pur essendo
nella forma di Dio, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio; ma
annientò se stesso, prendendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7). Cioè,
lasciò il Padre, non perché lo abbia abbandonato e si sia allontanato
da lui, ma perché si manifestò agli uomini non in quella forma in cui
egli è uguale al Padre. In che senso lasciò la madre? Lasciando la
sinagoga dei Giudei dalla quale nacque secondo la carne, unendosi alla
Chiesa che ha raccolto da tutte le genti. La prima anfora, dunque,
conteneva la profezia riguardante il Cristo; ma finché queste cose di
cui parlo non furono predicate in mezzo alle genti, essa era acqua, non
ancora mutata in vino. Ma siccome il Signore ci ha illuminati per mezzo
del suo Apostolo, e ci ha indicato che cosa dobbiamo cercare attraverso
le due affermazioni fuse in una: I due saranno una sola carne; e questo
mistero è grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa, possiamo ormai
cercare Cristo dovunque, e bere vino da ogni anfora. Adamo dorme perché
sia formata Eva; Cristo muore perché sia formata la Chiesa. Dal fianco
di Adamo che dorme è formata Eva (Gn 2, 21); dal fianco di Cristo morto
in croce, colpito dalla lancia (cf. Gv 19, 34), sgorgano i sacramenti
con cui viene formata la Chiesa. Chi non vede adombrata in quel fatto la
realtà futura dato che l'Apostolo afferma che Adamo era figura di colui
che doveva venire (Rm 5, 14)? Tutto era misteriosamente prefigurato.
Non poteva, infatti, Dio trarre la costola e formare la donna da un uomo
desto? Era necessario che Adamo dormisse, forse per non sentir dolore
quando gli veniva tolta la costola? Chi può dormire tanto profondamente
da non sentire che gli vien tolto un osso? Oppure l'uomo non doveva
sentir dolore perché era Dio a togliergli l'osso? Colui che ha potuto
togliere la costola ad uno che dormiva senza fargli male, poteva farlo
anche ad uno sveglio. Ma piuttosto, era la prima anfora che veniva
riempita: la profezia di quel tempo si riferiva a questo tempo futuro.
11. Cristo era raffigurato anche in Noè, così come nell'arca era
raffigurato l'universo intero (cf. Gn 7, 7-9). Per quale motivo
nell'arca furono racchiuse tutte le specie di animali, se non perché
rappresentasse tutte le genti? Non era impossibile a Dio creare di nuovo
tutte le specie di animali. Quando esse non esistevano ancora, disse:
Produca la terra... (Gn 1, 24), e la terra produsse. Come li aveva
fatti, così poteva rifarli: con la parola li aveva fatti, e con la
parola poteva rifarli. Ma voleva mettere in risalto un mistero, e
riempire la seconda anfora dell'economia profetica: per mezzo di un
legno sarebbe stato salvato ciò che era figura dell'universo, perché su
un legno doveva essere confitta la vita dell'universo.
12. Con la terza anfora fu detto (come ho già ricordato) ad
Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti (Gn 22,
18). E' facile vedere chi era figurato in quel figlio unico, che sulle
sue spalle portava la legna del sacrificio al quale era condotto per
esservi egli stesso immolato. Il Signore infatti, come dice il Vangelo
si caricò della sua croce (cf. Gv 19, 17). Basta questo per la terza
anfora.
13. E' necessario dire che la profezia di David si riferiva a
tutte le genti? Lo abbiamo appena sentito nel salmo, ed è difficile
trovarne uno che non proclami questa verità: Lèvati, o Dio, e giudica la
terra perché avrai la tua eredità in mezzo a tutte le genti (Sal 81,
8). Ecco perché i Donatisti sono stati esclusi dal festino di nozze,
come quel tale che non aveva la veste nuziale: fu invitato e andò, ma fu
escluso dal numero dei commensali perché non indossava la veste in
onore dello sposo. Chi infatti cerca la propria gloria, invece che
quella di Cristo, non possiede la veste nuziale; non vuole fondere la
sua voce con quella di colui che era amico dello sposo, che suona così:
E' lui quello che battezza (Gv 1, 33). Giustamente a chi era privo della
veste nuziale fu rinfacciato ciò che non era: Amico, perché sei entrato
qua? (Mt 22, 12). Quello rimase muto; e anche costoro. A che serve lo
strepito della bocca, se il cuore tace? Sanno di non avere dentro di
loro nulla da dire. Sono muti di dentro, strepitano di fuori. Volenti o
no, anch'essi nelle loro riunioni sentono il salmo che dice: Lèvati, o
Dio, giudica la terra; perché erediterai tutte le genti. E siccome non
sono in comunione con tutte le genti, sono costretti a riconoscersi
diseredati.
14. Ciò che vi stavo dicendo, fratelli (voglio indicarvi un altro
senso nascosto nel particolare delle anfore, che contenevano da due a
tre metrete), ciò che vi stavo dicendo, che la profezia si estende a
tutte le genti, lo abbiamo già dimostrato a proposito di Adamo che era
figura di colui che doveva venire (Rm 5, 14). Ora, si sa che da Adamo
hanno avuto origine tutte le genti e che le quattro lettere del suo nome
indicano, in greco, i quattro punti cardinali. In greco le iniziali dei
quattro punti cardinali: oriente, occidente, aquilone, mezzogiorno,
come in più luoghi ricorda la Sacra Scrittura, corrispondono alle
lettere che compongono il nome "Adam". In greco, di fatti, i quattro
punti cardinali vengono chiamati: , , , . Mettendo questi quattro
vocaboli in colonna e riunendo le loro iniziali, si ha il nome "Adam".
Questo fu raffigurato anche nell'arca di Noè, nella quale erano stati
raccolti tutti gli animali, simbolo di tutte le genti; in Abramo, al
quale più esplicitamente fu detto: Nella tua discendenza saranno
benedette tutte le genti; in Davide, in uno dei cui salmi (per non
citarne che uno) abbiamo ora cantato: Sorgi, o Dio, giudica la terra;
perché avrai in eredità tutte le genti. A quale Dio si può dire: Sorgi!,
se non a colui che s'era addormentato? Sorgi, o Dio, giudica la terra.
Come a dire: Dormivi, e sei stato giudicato dalla terra; sorgi a
giudicare la terra. E qual è la estensione di questa profezia? Perché tu
avrai in eredità tutte le genti.
15. Nella quinta età, - corrispondente alla quinta anfora, -
Daniele vede una pietra che, staccatasi dalla montagna senza intervento
della mano dell'uomo, riduce in frantumi tutti i regni della terra; e
cresce, quella pietra, fino a diventare una grande montagna che occupa
tutta la terra (cf. Dn 2, 34-35). Cosa c'è di più chiaro di questa
profezia, o fratelli miei? La pietra che si stacca dalla montagna, è la
pietra che, scartata dai costruttori, è diventata pietra d'angolo (cf.
Sal 117, 22). Da quale montagna si è staccata, se non dal popolo dei
Giudei, dai quali nostro Signore Gesù Cristo è nato secondo la carne? E
si è distaccata senza intervento d'uomo, perché Cristo è nato da una
Vergine, senza amplesso coniugale. La montagna dalla quale si è
staccato, non occupava tutta la terra: infatti, il regno dei Giudei non
si estendeva a tutte le genti. Il regno di Cristo, invece, vediamo che
occupa tutta la terra.
16. Alla sesta età appartiene Giovanni Battista, il più grande tra
i nati di donna, di cui fu detto che era più che profeta (Mt 11, 9). In
che modo egli mostrò che Cristo è stato inviato a tutte le genti? Fu
quando i Giudei si presentarono a lui per farsi battezzare, ed egli
disse, affinché non s'insuperbissero per il nome di Abramo: Razza di
vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire dall'ira che sta per venire?
Fate, dunque, un frutto degno di penitenza (Mt 3, 7-8); cioè, siate
umili. Parlava infatti a dei superbi. E di che cosa erano superbi? Non
dei frutti prodotti per aver imitato il padre Abramo, bensì della
discendenza da lui secondo la carne. Ma cosa dice loro Giovanni? Non
crediate di poter dire: Noi abbiamo per padre Abramo; perché Dio da
queste pietre può far sorgere figli ad Abramo (Mt 3, 9). Chiama "pietre"
tutte le genti, non perché avessero la solidità che aveva la "pietra"
scartata dai costruttori, ma a motivo della stupidità e durezza
derivanti dalla loro stoltezza; infatti erano diventati simili a ciò che
adoravano: adoravano simulacri, come loro insensati. Perché insensati?
Perché un salmo dice: Siano come loro quelli che li fabbricano, e tutti
quelli che in essi confidano (Sal 113, 8). A quelli invece che si son
messi ad adorare Dio, cosa dice il Signore? Siate figli del Padre vostro
che è nei cieli, il quale fa levare il suo sole sui buoni e sui
cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5, 45). Pertanto,
se l'uomo diventa simile a ciò che adora, che significato hanno le
parole: Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo?
Domandiamocelo e vedremo che è avvenuto proprio questo. Noi infatti
proveniamo dalle nazioni pagane; ma da esse non saremmo usciti, se Dio
non avesse dalle pietre fatto sorgere figli ad Abramo. Siamo diventati
figli di Abramo imitandone la fede, e non per essere nati da lui secondo
la carne. E mentre i Giudei avendo degenerato, furono diseredati, noi
invece, avendo imitato Abramo nella fede, siamo stati adottati. Quindi, o
fratelli, la profezia della sesta anfora si riferiva anch'essa a tutte
le genti; e perciò il particolare delle anfore che contenevano da due o
tre metrete, si riferisce a tutte le genti.
17. Come si dimostra che queste due o tre metrete si riferiscono a
tutte le genti? Intenzionalmente, credo, l'evangelista riferisce il
particolare delle "due o tre metrete" per indicarci un significato
misterioso. Quali sono queste due metrete? La circoncisione e
l'incirconcisione. La Scrittura menziona questi due gruppi etnici; e
quando dice circoncisione e incirconcisione (Col 3, 11), non lascia
fuori nessuna parte del genere umano; in queste due classificazioni son
comprese tutte le genti: ecco le due metrete. Di queste due pareti
provenienti da direzione opposta, Cristo si è fatto pietra angolare (cf.
Ef 2, 14-20) per unirle e pacificarle in se stesso. Vediamo ora in che
modo anche le tre metrete si riferiscono a tutte le genti. Tre erano i
figli di Noè, per mezzo dei quali si riprodusse il genere umano (cf. Gn
5, 31). Ecco perché il Signore dice: Il regno dei cieli è come il
lievito, che una donna ha preso e ha nascosto in tre misure di farina,
perché tutto fermentasse (Lc 13, 21). Chi è questa donna, se non la
carne del Signore? Che cosa è il lievito, se non il Vangelo? Che cosa
sono le tre misure, se non la totalità delle genti, rappresentata dai
tre figli di Noè? Quindi, le sei anfore che contenevano ciascuna due o
tre metrete, sono le sei epoche della storia, contenenti la profezia che
si riferisce a tutte le genti, classificate in due gruppi etnici, i
Giudei e i Greci, come è solito fare l'Apostolo (Rm 2, 9; 1 Cor 1, 24);
oppure in tre, per via dei figli di Noè. La profezia, dunque, ha una
portata universale. Appunto perché si estende a tutte le genti, la
profezia è chiamata "metreta", misura, nel senso che le dà l'Apostolo
quando scrive ai Corinzi: Abbiamo ottenuto la misura che consiste
nell'esser giunti fino a voi (2 Cor 10, 13). Così si esprime mentre egli
è intento ad evangelizzare le genti: secondo la misura che consiste
nell'esser giunti fino a voi.
Ringrazio per aver postato le mie ricerche sul significato dei numeri nella Bibbia, anche in questo vs.blog. Credente.
RispondiEliminaSiamo noi che ringraziamo te Mario per l'ottimo lavoro.
RispondiEliminaSiamo noi che ringraziamo te Mario per l'ottimo lavoro.
RispondiEliminaGrazie di cuore
RispondiEliminaGrazie per questo lavoro fatto con scrupolosa dedizione, molto istruttivo
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