venerdì 27 agosto 2010




Omelia del giorno 29 Agosto 2010

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Chi si esalta sarà umiliato


C'è una grande verità che non si può contestare, ossia sulla faccia della terra non ci sarà mai una persona che veramente possa sentirsi 'il primo di tutti, il più grande', come era ed è solo Dio in Gesù Cristo. Noi uomini possiamo solo o pavoneggiarci delle nostre futilità o, ancora peggio, vizi, oppure, se abbiamo fede, possiamo ringraziare Dio, che ci aiuta, seppure in minima parte, ad imitare la Sua grandezza.
Gesù, nella sua vita tra di noi, avrebbe potuto gloriarsi quanto e come voleva, essendo Figlio di Dio, ma, come afferma S. Paolo: ‘umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte', in altre parole si annientò sulla croce.
Tutti gli uomini - a cominciare, dall'imperatore romano, che dai suoi sudditi era considerato e venerato `come un dio', e non lo era affatto... anzi! – agli occhi di Gesù erano e siamo solo creature.
Se qualcosa, di divinamente bello, c'era e c'è, ancora oggi in noi, è la GRAZIA di DIO, ossia quello sguardo d'amore che conta e davvero 'ci rende simili a Lui'.
Non certamente quella boria con cui tante volte ci circondiamo, ricorrendo ai mille trucchi della ricchezza, ossia dell'avere più degli altri, dell'apparire più degli altri, non riuscendo a comprendere che tutto ciò nulla ha a che fare con la grandezza e bellezza dell'uomo, fatto a immagine di Dio.
Se sotto l'abito esteriore non vi è la grandezza interiore, che ripeto ha origine solo dall'Amore e dalla Presenza di Dio in noi, il pericolo è che possiamo solo assumere l'immagine di una grottesca maschera. Scrive il Siracide, il libro della Sapienza di Dio:
"Figlio, nella tua attività sii modesto, sarai amato dall'uomo, gradito a Dio.
Quanto più sei grande, tanto più umiliati,
così troverai grazia davanti al Signore, perché dagli umili è glorificato.
Una mente saggia medita le parabole; un orecchio attento è quanto desidera il saggio. L'acqua spegne un fuoco acceso, l'elemosina espia i peccati"(Sir 3, 19-21).
Ma come è difficile essere, almeno agli occhi di Dio, 'niente', o meglio, immensamente grandi perché davanti al Suo amabile Cuore, che ama, lo accogliamo e ci lasciamo rivestire di luce.
O ancora, come è difficile amare quella santa povertà di spirito, che ci fa toccare con mano il nostro `niente' e, ancora più difficile amare quella povertà che ci fa ultimi agli occhi degli uomini, malati di falsa ed effimera grandezza, ma primi agli occhi di Dio e di chi sa leggere i segni della santità. Come è stupendo presentarsi davanti al Padre, come un bimbo che, se non sorretto dalle Sue braccia, rischia di cadere! Un simile atteggiamento attira la gioia, la generosità di Dìo che subito ci rende ricchi della sua benevolenza, come fece con S. Francesco d'Assisi, l'umile per eccellenza, e con tutte le anime a Lui care.
Eppure è la stessa natura dell'amore che esige questa povertà, questa umiltà, per essere poi 'cuore aperto', in cui, chi ama possa prendere dimora totalmente e riempirci senza trovare spazi occupati o condizioni di superbia, che sono vergognoso sfratto dell'amore.
Il nostro vero valore, la nostra grandezza viene da Chi ci ama.
Abbiamo mai assistito a quello che avviene quando la mamma ha cura del suo piccolo, così debole, che necessita di tutto e che non potrebbe vivere senza che la sua mamma lo aiuti a crescere, giorno per giorno, fino a dargli la possibilità di diventare sufficiente a se stesso?
È un vero capolavoro dell'amore, che sa come far crescere chi, per la sua natura debole, davvero occupa 'l'ultimo posto'.
Tanto che è davvero mancanza di sapienza, nella crescita di un figlio, educarlo a quella vanitosa grandezza, che diventerà, domani, la superbia ambiziosa di chi vorrà sempre occupare 'il primo posto'. Le nostre care mamme dovrebbero avere questa saggezza di una educazione alla vera grandezza interiore. Ma ci vuole un amore, che non è solo naturale e a volte pericoloso sentimento, ma nasce da una profonda spiritualità, diventando saggezza, come quella dell'artista che vuole scolpire una statua di valore. È arte difficile, ma meravigliosa, molto lontana da quell'odioso e dannoso atteggiamento che sviluppa nei piccoli la voglia di essere 'i primi', magari per compensare le nostre frustrazioni di adulti. Ascoltiamo Gesù: "Avvenne un sabato che Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. Osservando poi come gli invitati prendevano i primi posti, disse loro una parabola: 'Quando sei invitato a nozze, da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che lui invitato te e lui venga a dirti: `Cèdigli il posto!' . Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato, ti dica: 'Amico, passa più avanti'. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14, 7-14).
Ma il mondo non la pensa così. Al mondo piace 'amarsi', fermarsi su se stesso, eternamente con lo sguardo allo specchio. E cerca di darsi una gloria, vestendosi di tutto ciò che può colpire lo sguardo degli altri, convincendo i 'suoi seguaci', che 'sono i primi'.
Chi non ha mai assistito al compassionevole spettacolo degli uomini che sgomitano per occupare 'i primi posti' nella graduatoria della notorietà, della politica, dello spettacolo, del potere. Lo chiamano `amore' al prestigio: 'Non sai chi sono!... fino al punto di creare angoli di mondo riservati oppure categorie distinte, che hanno un nome – e la dice lunga – `vip': personaggi 'molto importanti'!!
Tutto finirebbe nel ridicolo di una commedia senza storia e senza volto, se tanti non cercassero di modellare la propria vita e l'educazione dei figli propri su questo 'gloriarsi', che non ha origine dalla discrezione dell'amore, anzi non lo contiene l'amore, ma troppe volte è solo superbia.
Così ne parlava Paolo VI: "Sono messi allo scoperto due malanni capitali della psicologia umana, colpevoli a volte delle rovine più estese e più gravi dell'umanità: l'egoismo e l'orgoglio.
L'uomo allora si fa primo, egli si fa unico. La sua arte di vivere consiste nel pensare a se stesso e di conseguenza di sottomettere gli altri. Tutti i grandi disordini politici e sociali hanno nell'egoismo e nell'orgoglio il loro bacino di cultura, dove tanti istinti umani e tante capacità d'azione trovano il loro profondo alimento, ma anche dove l'amore non c'è più.
L'amore vi ha perduto la sua migliore e cristiana caratteristica, l'universalità, e perciò la sua vera autenticità di scoprire, conoscere, servire le sofferenze degli altri, con cuore magnanimo, come Gesù che con la sua parola e il esempio ci insegnò.
Questa parentela fra l'umiltà e l'amore, fra l'umiltà e la fortezza d'animo, fra l'umiltà e, quando si è chiamati a servire in qualsiasi modo, l'esercizio dell'autorità, indispensabile alla giustizia e al bene comune, e infine fra l'umiltà e la preghiera, deve essere oggetto di grande riflessione". (febbraio '75) Gesù, il Re della Gloria, qui tra noi, si vestì, nella sua divina missione datagli dal Padre per la nostra salvezza, si vestì di povertà e umiltà, come Sua Madre, Maria SS.ma, fino a divenire, sempre ed anche ora, 'Servo di tutti'.
Tanto povero ed umile da 'farsi' – per restare con noi 'fino alla fine dei tempi' – 'pezzo di pane', che si lascia mangiare nell'Eucarestia, proprio come un bambino che si lascia accarezzare e suscita tenerezza.
Ed è sotto questo aspetto che la Parola, che Gesù rivolse ai farisei e rivolge a noi, è davvero grande lezione di vita interiore, di efficacia nell'amore, che siamo chiamati ad esercitare.
Scriveva il caro don Tonino Bello:
"Dobbiamo essere una Chiesa accogliente. Una Chiesa che non discrimina. Una Chiesa che ha il cuore tenero, di carne e non di pietra. Una Chiesa non arcigna. Una Chiesa che non delude.
Qualche volta noi siamo portati a dire: 'Quello li non va mai in chiesa'. 'Quello non merita'. 'Chi lo conosce?'. No, non dovete agire così. A ogni minimo cenno di apertura, di attenzione, dovete essere così liberali- introdurre subito nella vostra comunità tutti coloro che vi passano accanto. Non giudicate mai nessuno: come comunità non fate mai discriminazioni.
Non compilate gli elenchi dei buoni e dei cattivi. Il vostro cuore si allarghi sempre di più. E non chiudete mai l'uscio alle- spalle- di chi se ne va Il Signore vi dia la gioia di essere- una comunità libera che sa farsi carico dei grandi problemi dell'umanità".

Antonio Riboldi – Vescovo –

Nessun commento:

Posta un commento