Omelia del giorno 27 Giugno 2010
XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Ti seguirò dovunque tu vada
Sono giorni, questi, che per me sono 'memoria' della storia della mia vita al seguito di Gesù che, da ragazzo mi ha rivolto, come è nel Vangelo di oggi, la parola, per me allora misteriosa, poi divenuta vita donata: 'Tu sèguimi'.
Era il 28 giugno 1951 e venni ordinato sacerdote nella cattedrale di Novara con altri 30 giovani. Tanti! Era così serio il passo che facevo, da non riuscire neppure ad averne forse piena consapevolezza. Sapevo che la mia vita avrebbe assunto un significato di cui era difficile anche solo prevedere dove mi avrebbe portato o come si sarebbe svolta.
Ero impressionato da quanto stava accadendo in me con l'imposizione delle mani del vescovo sulla mia testa, mentre invocava lo Spirito Santo; dall'unzione delle mani, che allora venivano visibilmente legate da papà - che per la commozione non ebbe il coraggio di farlo e invitò mio fratello a sostituirlo - e dall'abbraccio del vescovo che mi aveva ordinato sacerdote. Momenti in cui risuonarono nella mia mente le parole che Gesù, da ragazzo, mi aveva rivolto: ' Tu, sèguimi'.
Lo avevo seguito presso i Padri Rosminiani, che avevano curato con discernimento spirituale la vocazione e, soprattutto, ci avevano dato una forma ione e preparazione seria... ma non potevo `sapere' che cosa avrebbe voluto dire, nella concretezza dell'esistenza, per me, 'essere prete secondo Dio'. Una sola cosa era richiesta: l'abbandono e la fiducia in Chi mi aveva scelto.
Ci pensò l'obbedienza a indicarmi il dove e il quando avrei dovuto seguire Gesù nella guida del Suo gregge: nel Belice, per 20 anni.
Ancora di più rimasi confuso quando il Santo Padre, Paolo VI, che mi aveva seguito con amore nel mio apostolato nel Belice terremotato, mi chiamò a essere vescovo della Chiesa e, ancora una volta, mi affidò una porzione del popolo di Dio, che è in Acerra.
Ambedue le chiamate non apparivano facili, ma quando si è chiamati da Dio e Lo si segue, contano poco le capacità: conta la piena disponibilità al servizio integrale di chi ci è affidato, senza mai risparmiarsi, mettendo in conto anche la possibilità di perdere la vita, come nel terremoto del 1968 o nell'impegno di lottare contro il male della criminalità organizzata, come accadde da vescovo.
Mi confortava - e posso confermarlo oggi con commozione - che non ero io a decidere di andare da qualche parte o a voler assumere incarichi, ma semplicemente 'seguivo' Chi mi precedeva, mi sosteneva ed operava di fatto, ossia Gesù.
Perché questo è il vero segreto di chi accetta di seguire Gesù, in qualunque circostanza o ministero: sa che non è solo e ha solo un impegno, cioè la fedeltà verso Chi l'ha chiamato e il desiderio e la volontà di offrire tutto l'amore di cui è capace a Dio e alle persone che gli sono affidate... il resto lo fa Lui!
Quando ripenso ai giorni della mia vita, a cominciare da quel 28 giugno 1951, non posso che ammirare quanto Gesù ha compiuto e dichiarare la mia povertà, grande povertà, con un'immensa gratitudine nel cuore.
Davvero Gesù quando chiama non ci lascia mai soli con il compito che ci ha affidato e solo Lui può di fatto realizzare; come ha detto Madre Teresa di Calcutta: 'sono una matita tra le mani di Dio con cui scrive la Sua storia'.
La strada è Lui ha tracciarla, a noi tocca solo seguire i Suoi passi: è quello che continuo a fare anche mediante internet, cercando di essere al vostro servizio.
Più che la mia fede o intelligenza so che è Lui a scrivere parole di vita in voi.
Io a Gesù ho solo da chiedere perdono se non sempre L'ho lasciato compiere tutto il bene, dando spazio alle mie debolezze, chiedendoGli la grazia di essere sempre più totalmente Suo.
Chiedo a voi tutti, carissimi, una preghiera di ringraziamento per questi miei anni di servizio al seguito di Gesù e che mi perdoni ciò che avrei potuto fare e non ho fatto o non faccio... anche se oggi mi è più difficile rispondere alle tante domande di essere tra voi, perché gli anni fanno sentire la fatica. Grazie di cuore e pregate per me, che sia fino alla fine uomo di Dio, dono che Lui fa all'umanità.
Il Vangelo di oggi racconta la storia di inviti fatti da Gesù a seguirLo, a cui vengono anteposte prima questioni private da risolvere e poi il rifiuto a 'lasciare tutto'.
Un 'tutto' che può capitare anche a chi non è chiamato a vocazioni speciali, come la mia, ma la cui vita è comunque già una risposta a quel disegno o vocazione personale - come può essere il matrimonio - che tutti riceviamo.
Cosi scrive Luca:
"Mentre stavano completandosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo, egli si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti i suoi messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per Lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto a Gerusalemme. Quando videro ciò i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: 'Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?: Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio.
Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: 'Signore, ti seguirò dovunque vada. Gesù gli rispose: 'Le volpi hanno le loro tane egli uccelli del cielo il loro nido, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".
Evidentemente il Maestro aveva colto nella domanda - e visto nel cuore - una quasi certezza di fare fortuna, ma chissà quale, seguendo Gesù. Ed è lo stesso per chi, anche oggi, vuole essere ministro nella Chiesa, e quindi chiamato, ma a volte mette in primo piano 'un tornaconto' personale, che non ha proprio senso in chi dona la vita a Gesù per servire i fratelli.
L'unico 'tornaconto' di un sacerdote è di saper 'farsi servo' come il Suo Maestro.
Inconcepibile anche solo pensare che essere prete possa essere un modo per 'fare fortuna' nel servizio. La grande lode che la gente riserva ai sacerdoti è proprio di donare sempre, senza pensare a se stessi. Diceva il beato Rosmini: 'La povertà è il muro di sostegno della Chiesa'. Del resto se essere ministro ha la sua bellezza è quella di farsi sempre dono ai fratelli ignorando se stesso. La gente si lascia affascinare da un sacerdote o vescovo che sappia donare tutto senza chiedere nulla. Diceva il Santo Curato d'Ars, patrono di tutti i sacerdoti:
`I vostri beni altro non sono che un deposito che il buon Dio ha messo nelle vostre mani; dopo il vostro necessario, il resto è dovuto ai poveri'.
Continua il Vangelo di Luca, evidenziando quello che è un poco l'atteggiamento di tanti alla Sua chiamata:
"Ad un altro disse: `Sèguimi. E costui rispose: 'Signore concedimi prima di andare a seppellire mio padre. Gesù replicò: 'Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Tu va' e annunzia il Regno di Dio!
Un altro disse: 'Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congeda da quelli di casa'.
Ma Gesù gli rispose: 'Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio". (Le. 9, 51-62)
Può sembrare duro il linguaggio di Gesù davanti a chi chiede 'piccole proroghe' prima di seguirLo. Ma quando si è davvero stati scelti e chiamati occorre la prontezza nel seguirLo... tentennare è cercare scuse per dire di no. E la vocazione non ammette mai dei 'ne esige un sì, meditato, ma pronto. Se ci pensiamo bene è proprio la natura dell'amore che chiede un sì incondizionato e non accetta dubbi o altro, che sono dei nì inaccettabili. E la vocazione è una risposta d'amore all'Amore. Scriveva Paolo VI:
"Vocazione: è un problema di giovani che sappiano affrancarsi dal mondo, dal conformismo, per offrirsi a Cristo con l'ineguagliabile forza della loro intatta freschezza spirituale e diventare ministri e dispensatori dei misteri di Cristo, veri pastori di anime, sull'esempio di nostro Signore Gesù Cristo, Maestro, Sacerdote e Pastore.
Vocazione è una chiamata. È una libertà messa alla prova, forse alla più difficile, ma certo la più bella. È una voce che ha un duplice linguaggio: uno interiore, silenzioso, nel profondo del cuore, ma distinto, e, se autentico, inconfondibile, quello del Signore che parla per via dello Spirito Santo; l'altro esteriore, rassicurante, sempre buono e materno, quello del Pastore.
È una voce che dice: vieni! e che passa, come un vento profetico, sopra le teste degli uomini, anche in questa generazione, la quale piena del frastuono della vita moderna, si direbbe sorda, ma non è così. La voce, oggi, dalle labbri di Cristo, si fa Nostra: è la voce della Chiesa che chiama. Grida nel deserto? Oh, no.
Fu il Signore stesso ad insegnarci a sperare anche in ordine a questo misterioso problema: 'Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nel Suo campo' Mt. 9,28" (aprile 1969)
Con Madre Teresa di Calcutta preghiamo:
"Ti ringraziamo, Dio, per il dono di Cristo tuo Figlio e nostro Redentore.
Lo Spirito Santo discenda sul Tuo popolo
e faccia sentire il Tuo dolce invito.
Signore del raccolto, concedi alla Tua famiglia,
in ogni parte del mondo, il dono di molte vocazioni, affinché ai bisognosi
sia dato di conoscere la Buona Novella della Redenzione.
E così possa il Tuo Amore crescere tra noi e diffondersi in tutto il creato."
Antonio Riboldi – Vescovo –